La notte dell’oblio Lia Levi
e/o Euro 17
Una famiglia come tante, in quegli anni. Un destino meno buio di tanti altri, anche se mette i brividi. Eppure per Elsa, Giacomo e le loro due figlie bambine, Dora e Milena, non c’è altro modo che restare vivi: abbandonare Roma occupata dai nazisti e rifugiarsi in campagna, ma soprattutto dentro una falsa identità, in una casa che non è la loro. Don Gioacchino era una vecchia e gentile conoscenza, ospiterà la famiglia e manterrà il segreto della loro identità di ebrei.
Alla fine della guerra, però, il padre di famiglia manca all’appello: non è tornato da uno dei suoi indispensabili viaggi in città, a tenere d’occhio il negozio e racimolare di che vivere. Nel suo ultimo romanzo, La notte dell’oblio, Lia Levi racconta l’angoscia di quei tempi e descrive con intensità l’attesa di quell’uomo, padre e marito, che non tornerà mail più. Ma il romanzo si consuma per lo più nel tempo che viene dopo per le tre donne, nella vita delle due ragazze che prende strade diverse, a volte tortuose e incomprensibili.
Il racconto, la successione di eventi e sentimenti dimostra come quel periodo e quel vissuto dettino costantemente legge nelle vite di tutte e tre, in particolare modo delle due figlie, i cui destini andranno incontro al passato là dove meno se lo aspettano. E’ il peso della storia, ma soprattutto il peso dell’oblio, di quello che non è stato detto per non soffrire più. Ed era già tanto, il dolore.
Lia Levi ha scritto qui un romanzo molto al femminile, ed è un approccio interessante a quella storia, se non nuovo certo carico di molte cose ancora da raccontare. La figura paterna appare sullo sfondo, prima di scomparire. Don Giocchino è una comparsa, necessaria e amabile ma passeggera. Ci sono, certo, i compagni di Milena e Dora. Ma tutto è visto e raccontato attraverso le voci e i silenzi delle tre donne, i loro sguardi che si incrociano, le speranze che covano nel profondo, le prospettive di vita e le delusioni che non mancano. Fino allo svelamento finale, che non è certo il caso di svelare qui.
Ma che più di ogni altra cosa fa sentire smarrite le protagoniste, perse in una storia troppo grande per loro, così come accade a chiunque si trovi a fare da vittima, invece che spettatore della propria storia: “Noi siamo degli infinitesimi granelli che, chissà perché, la Storia ha voluto riacchiappare per la seconda volta”, dice Dora sul limitare della conclusione.
Ed è proprio questa immagine che più si addice a questo racconto dolente ma a tratti incalzante, intimo eppure calcato nella realtà di un passato che ancora abita fra noi.
Elena Loewenthal
Tuttolibri La Stampa