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Sul giornale della mia parrocchia 10/10/2012

Ho pubblicato sul giornale "in cammino " Parrocchia SS. Trinità, comune di Spresiano (TV), questo articolo, lo invio alla vostra attenzione.

Cordialmente
Avv. Paolo Tagliapietra

Lo pubblichiamo volentieri:

 "Sette candele consumate dall'odio"

Come alcuni lettori avranno intuito, le sette candele di cui si parla nel titolo altro non sono che quelle che si trovano sulla menorah, il candelabro ebraico che, sin dall'antichità, rappresenta il popolo e la religione ebraica. La menorah è un simbolo fondamentale dell'ebraismo, pari alla stella di David che tutti conosciamo, e la si può trovare esposta in tutti quei luoghi ove si celebrino ricorrenze religiose, siano essi sinagoghe o case private. Certo, leggendo il titolo e realizzando che si parla di ebrei, come primo impulso ci si potrebbe aspettare di leggere l'ennesimo articolo che, analizzando la complessa e tragica situazione del Vicino Oriente, arrivi a prendere una posizione politica sull'esistenza e le politiche dello stato d'Israele: ma non è così, dato che un giornalino parrocchiale si guarda bene dall'occuparsi di “politica”, sia essa interna o internazionale, e si concentra invece sulla comunità parrocchiale e sui temi religiosi in generale. “E allora – direte voi -, cosa c'entra la menorah?” C'entra eccome, dato che, riallacciandoci al tema dell'intolleranza religiosa già trattato su queste pagine, l'odio che sta consumando quelle candele ha un nome ben preciso – sì, l'antisemitismo, l'odio “razziale” verso il popolo ebraico. E' un tema che per alcuni può risultare scomodo, e tra questi c'è anche la comunità cristiana, dato l'antigiudaismo teologico che per molti secoli ha caratterizzato i rapporti con gli ebrei e che, però, è stato da lungo tempo cancellato, arrivando anzi alla definizione di “ebrei fratelli maggiori”, pronunciata da Giovanni Paolo II durante la visita alla sinagoga di Roma e poi ripresa e teologicamente rafforzata da Benedetto XVI. Il problema vero è che, in molte parti d'Europa - anche dove, tradizionalmente, il trattamento riservato agli ebrei era sempre stato improntato a tolleranza -, l'antisemitismo sta assumendo i caratteri di una marea montante, priva di paura e vergogna e, anzi, connotata da arroganza e violenza, fisica e verbale. Se, infatti, dal secondo dopoguerra e fino agli anni '90 l'antisemitismo europeo era “tipico” di determinate teorie politiche, giustamente condannate dalla storia e dai tribunali, l'antisemitismo europeo più recente ha invece carattere marcatamente religioso, trovando la massima espansione in quei paesi caratterizzati da flussi migratori provenienti da zone del mondo a forte presenza musulmana, come il Maghreb, l'Africa subsahariana e il Medio Oriente. Tra aggressioni verbali (“Gli ebrei sono scimmie e maiali”), intimidazioni fisiche che portano addirittura al cambio di abitudini personali e/o al mimetismo sociale (molti ebrei, per non farsi riconoscere come tali e quindi aggredire, rinunciano ad indossare pubblicamente la kippah, il tipico copricapo a forma di calottina) fino ad arrivare addirittura all'omicidio (in Francia ha fatto scalpore, alcuni anni addietro, il caso di Ilan Halimi, ragazzo ebreo morto dopo tre settimane di torture, inflittegli dopo essere stato rapito da una banda di criminali capitanata da un fondamentalista islamico di origine ivoriana – per approfondimenti si veda il libro “24 giorni: La verità sulla morte di Ilan Halimi”, scritto dalla madre Ruth Halimi e da Emilie Frèche), la verità è che molti ebrei stanno abbandonando l'Europa, percepita come ostile. Settant'anni dopo la Shoah, le menorah si spengono, consumate dall'odio. Cosa fare, dunque, come cittadini e come cristiani? Innanzitutto interrogarci, domandarci se anche noi siamo contaminati dal germe del pregiudizio; in secondo luogo, non permettere che l'odio razziale passi sotto silenzio per indifferenza o paura e, al contrario, non mancare mai di combatterlo, si esprima esso come antisemitismo o, al contrario, come pregiudizio antiislamico. E ricordiamoci sempre che la luce della menorah ha illuminato anche il volto di Gesù, nel Tempio di Gerusalemme.


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