Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 09/10/2012, a pag. 17, l'articolo di Naor Gilon, Ruth Jacoby e Jànos Balla dal titolo "L'esempio di Wallenberg per le giovani generazioni".

Raoul Wallenberg



Naor Gilon, Ruth Jacoby, Jànos Balla
Quest'anno ricorre il 100° anniversario della nascita del diplomatico svedese Raoul Wallenberg, un uomo straordinario, che rifiutò di restare indifferente quando si trovò di fronte al male e che salvò decine di migliaia di vite umane dalla Shoah. Wallenberg giunse a Budapest nell'estate del 1944, per prestare servizio presso la Legazione svedese. Budapest era occupata dai nazisti, e Adolf Eichmann, per soddisfare Hitler nella ricerca del Lebensraum (lo spazio vitale, ndr), con il supporto della polizia e della gendarmeria locali e, soprattutto, del partito delle Croci Frecciate, deportava 12.000 ebrei al giorno dalle loro città. 600.000 ebrei erano già stati deportati da ogni parte dell'Ungheria, in maggioranza direttamente nei campi della morte di Auschwitz-Birkenau. Nell'ambito di una missione organizzata dalla Svezia e dagli Stati Uniti, Wallenberg decise di agire. Assieme ad altre persone coraggiose, tra cui molti ungheresi, Wallenberg iniziò a rilasciare dei «Passaporti di protezione» svedesi agli ebrei ungheresi che non erano ancora stati deportati. Grazie alla sua determinazione, alla sua sfida e al suo coraggio, furono salvate decine di migliaia di vite umane. Wallenberg avrebbe potuto condurre una vita agiata e lussuosa. Nato da un'importante famiglia aristocratica di banchieri svedesi, egli avrebbe certamente avuto successo nella vita. Ma essere un eroe non fu semplicemente parte del suo destino; quella di salvare la vita di migliaia di estranei fu una scelta deliberata e consapevole. All'interno dello Yad Vashem di Gerusalemme, sede e museo dell'Autorità per il Ricordo dei Martiri e degli Eroi della Shoah stabilito nel 1953 con atto del Parlamento israeliano, c'è un albero piantato in nome di Raoul Wallenberg, lungo il Viale dei Giusti fra le Nazioni, a perpetuare, assieme ad altri 2.000 alberi e 18.000 nomi incisi sul muro, il ricordo di quei non ebrei che rischiarono la propria vita per salvare degli ebrei dalla Shoah. Ad oggi sono oltre 24.000, i Giusti, da ogni parte del mondo, riconosciuti ufficialmente dallo Yad Vashem. Queste persone hanno sparso un raggio di luce nel momento più buio della storia dell'umanità, e fra loro ci sono molti svedesi, ungheresi e italiani. Fra i Giusti più noti c'è anche Giorgio Perlasca, l'italiano che si finse diplomatico, anch'egli a Budapest durante la Seconda Guerra Mondiale, aiutando e salvando molti ebrei ungheresi dalla Shoah. Wallenberg sarebbe potuto rimanere al sicuro nella neutrale Svezia, ma rifiutò di restare indifferente quando si trovò di fronte alla situazione degli ebrei a Budapest. «Per me non c'è altra scelta», spiegò Wallenberg, decidendo che non sarebbe ritornato a Stoccolma senza prima essersi assicurato di aver fatto tutto quanto in suo potere per salvare il maggior numero possibile di ebrei. Wallenberg, tuttavia, non si limitò a rilasciare dei certificati di protezione; egli istituì anche le cosiddette «Case svedesi», per nascondervi gli ebrei. 15.000 ebrei trovarono un rifugio, protetti soltanto da una bandiera e dalla dichiarazione di Wallenberg che quegli edifici fossero territorio svedese. Wallenberg non fece mai ritorno in Svezia. Fu fermato e prelevato, il 17 gennaio 1945, dall'armata sovietica che aveva occupato l'Ungheria, e fu portato nella famigerata prigione della Lubjanka, a Mosca. Nessuno sa con certezza che cosa accadde in seguito, e il Governo svedese attende ancora una spiegazione. Raoul Wallenberg lottò contro il male assoluto del Nazismo, e trovò la morte per mano di un'altra dittatura del suo tempo. Nel 1944-45, quando l'Europa era avvolta e rinchiusa da un velo d'oscurità, da una spirale di assassinii di massa e tentativi di sterminio, le gesta di Wallenberg brillarono luminose come un isolato barlume di speranza. Per questo la sua eredità vive nella memoria di tutti noi, nei libri e nei programmi televisivi sulla sua vita, nelle vie e nelle scuole a lui intitolate, e nelle generazioni di ebrei che sono vivi oggi grazie al suo operato. Wallenberg è stato insignito della cittadinanza onoraria degli Stati Uniti d'America, su mozione del membro del Congresso di origine ungherese Tom Lantos, la cui vita era stata salvata da Wallenberg, ed è anche stato nominato cittadino onorario di Israele e Canada. L'insegnamento che si può trarre dall'eredità di Wallenberg è che una persona può fare la differenza. Commemorando la figura e l'eredità di persone come Wallenberg, ci impegniamo a lottare contro l'antisemitismo, l'intolleranza e la xenofobia, ancora profondamente radicati in Europa. Questa lotta per la tolleranza, l'apertura e l'umanità deve essere condotta ogni giorno, e da ciascuno di noi. Wallenberg è un modello per tutti, poiché il pericolo maggiore è quando le persone perbene restano in silenzio e non agiscono contro il male che viene commesso. Siamo convinti che Wallenberg udì questo silenzio e sapeva che non c'erano parole che potessero spezzarlo. Pertanto, scelse l'unica soluzione morale corretta: l'azione.
Naor Gilon, Ambasciatore d'Israele
Ruth Jacoby, Ambasciatore di Svezia
János Balla, Ambasciatore d'Ungheria
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