Iran, torna sulla scena politica l'ayatollah Rafsanjani non che ci sia da rallegrarsi, non è diverso dai suoi avversari. Cronaca di Tatiana Boutourline
Testata: Il Foglio Data: 05 ottobre 2012 Pagina: 4 Autore: Tatiana Boutourline Titolo: «E’ il ritorno dello squalo-tycoon Rafsanjani l’enigma politico di Teheran»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 05/10/2012, a pag. 4, l'articolo di Tatiana Boutourline dal titolo "E’ il ritorno dello squalo-tycoon Rafsanjani l’enigma politico di Teheran".
Tatiana Boutourline, Ayatollah Rafsanjani
Milano. Un figlio della nomenclatura che finisce nei guai a Teheran è sempre una notizia: è quel che è appena successo ai due figli di Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, Mehdi e Faezeh, e gli iraniani si gustano lo scandalo con un misto di incredulità e senso di rivalsa. Una faida si sta consumando nelle segrete stanze e nessuna umiliazione sarà risparmiata a chi soccombe. Stavolta, però, i protagonisti del clamore sono due Rafsanjani, i figli di una delle personalità più controverse della Repubblica islamica e lo scandalo ha assunto le dimensioni di un enigma politico. Il destino del clan Rafsanjani, il dossier nucleare e la successione alla Guida suprema, Ali Khamenei, sembrano tutte carte di una stessa mano. Una partita in cui il “kuseh”, lo squalo Ali Akbar Hashemi Rafsanjani in tutte le sue incarnazioni – ex presidente e mullah tycoon, apostolo feroce della rivoluzione ed eminenza grigia (il “Talleyrand della politica iraniana” per la stampa internazionale), kingmaker, corrotto e corruttore, bestia nera dei dissidenti, cavallo di Troia dei riformatori, patriarca e padre affranto – torna a giocare da prim’attore. Pare incredibile dopo tre anni in cui è stata certificata infinite volte la sua morte politica, ma c’è chi pensa che l’ultimo capitolo della saga dei “Millionaire Mullahs” (copertina di Forbes del 2003) più che una conferma di disfatta sia l’inizio di una rivincita. Mehdi e Faezeh Rafsanjani sono le vittime di un regolamento di conti o le pedine di una sofisticata macchinazione? Una punizione esemplare di Khamenei contro il suo kingmaker o l’obolo offerto da Rafsanjani a Khamenei per rientrare nella stanza dei bottoni? Quando il 24 settembre, via Dubai, Mehdi Hashemi è tornato a Teheran dall’Inghilterra dopo tre anni di quello che i sostenitori del padre chiamano esilio e i nemici fuga, c’erano frotte di giornalisti ad attenderlo e molti hanno gridato “cera bargashti?”, perché sei tornato? La sorella era stata arrestata due giorni prima, ma siccome Mehdi ha una reputazione tutt’altro che immacolata, nessuno ha creduto che a spingerlo tra le braccia dei suoi accusatori fosse il desiderio di salvare Faezeh. Dopo un passato da businessman poco limpido (nel 2007 è stato enumerato tra i beneficiari di una tangente da 60 milioni di dollari pagata dall’allora amministratore delegato di Total per ottenere via libera in Iran), Mehdi si è reinventato come manager della campagna elettorale del padre. A differenza di Faezeh, ex parlamentare ed editrice, pasionaria ribelle che porta gli stivali con il tacco e dice che l’hijab non “dovrebbe necessariamente essere portato”, Mehdi ambisce alla stelletta di stratega. In un’intervista a Usa Today del 2005 assicura che, se eletto, suo padre renderà la carica del leader supremo quasi simbolica, una figura paragonabile a quella della regina d’Inghilterra. Ma peggiore ancora agli occhi dei suoi nemici è il fatto che alcuni anni dopo abbia fondato il “Comitato per la salvaguardia del voto”, i cui osservatori diffusero nel 2009 i dati utilizzati da Mir Hossein Moussavi e Mehdi Karroubi per contestare la regolarità del voto. “Mehdi ha armato la mano di Moussavi”, scrisse Kayhan. Poche settimane dopo il quarantenne Mehdi lasciava i tumulti di Teheran agli ardori di Faezeh per conseguire un dottorato con tesi sulla Costituzione iraniana al Wolfson College di Oxford, quello di Isaiah Berlin. Ma più del profilo degli eredi del “kuseh” – tutti amano schernirli, da Amir Farshad Ebrahimi, ex membro della milizia Ansar-e-Hezbollah, secondo cui Faezeh pagava la milizia per farsi bistrattare in pubblico ed elevare il suo status di icona dell’Onda verde, ai giornalisti che fuori da Evin scherzano sul tipo di champagne che staranno bevendo i rampolli – ad amplificare dubbi e sospetti è un ricorrente tam tam unito ad alcune apparizioni pubbliche di Rafsanjani padre. Non più leader della preghiera del venerdì di Teheran, non più capo del Consiglio degli esperti, Rafsanjani si è spinto fino a dire che ciò di cui ha bisogno l’Iran “sono elezioni libere e trasparenti”, quasi a insinuare che finora non lo sono state. Le apparizioni pubbliche sono state rare, ancor di più quelle in compagnia di Khamenei e tutti hanno strabuzzato gli occhi quando l’agosto scorso, al vertice dei paesi non allineati, il kuseh è stato fotografato proprio tra il leader supremo e l’ospite d’onore, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Perché presentare una personalità politicamente defunta come la seconda figura più importante dell’establishment agli occhi di dignitari stranieri? Secondo alcuni Khamenei voleva soltanto dare l’immagine di un regime unito, ma i sospetti sono cresciuti quando alcune pubblicazioni hanno iniziato a caldeggiare l’impensabile ritorno del kuseh. “L’atteggiamento della leadership iraniana cambierebbe con Rafsanjani – ha scritto su Mardomsalari Hamid Reza Shokoohi –, entrambe le parti potrebbero gestire la questione nucleare con maggiore spirito di cooperazione”. Altrettanto entusiasta il giornale Arman che ha pubblicato in prima pagina una foto dell’ex uomo nero sancendo: “Anche i suoi detrattori sanno che la chiave per risolvere i problemi del paese è nelle mani di Rafsanjani”. Mentre il presidente, Mahmoud Ahmadinejad, è ormai liquidato dagli ex sponsor come un matto, c’è chi dipinge con una glossa nostalgica l’era Rafsanjani. Khabar on line, un sito legato al presidente del Parlamento, Ali Larijani, ha condotto un sondaggio sulla personalità più adatta a succedere ad Ahmadinejad. Rafsanjani è stata la risposta. Mentre l’ayatollah Khamenei viene bersagliato da inviti alla moderazione sulla questione atomica da parte di ex consiglieri e ayatollah di Qom, mentre filtra la notizia di un presunto contrasto sullo stallo in Siria tra Khamenei e il suo prediletto, il finora intoccabile principe delle spie Qassem Suleimani, Rafsanjani viene ripreso dal sito Baztab mentre saluta Mehdi che si consegna ai suoi carcerieri, recita sereno la preghiera rituale riservata ai pellegrini e nulla lascia pensare che la lunga cavalcata del kuseh sia davvero finita.
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