Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/10/2012, a pag. 26, l'articolo di Maria Luisa Agnese dal titolo "In Arabia Saudita anche Ikea cancella le donne".
Donne discriminate in Arabia Saudita, il Paese più misogino del pianeta.
Invece di combattere la discriminazione delle donne, Ikea si è adeguata, ha adattato il catalogo al pubblico maschilista saudita togliendo le donne dalle pagine. Solo dopo le numerose proteste Ikea ha promesso di fare marcia indietro.
Ecco una delle pagine incriminate :

Nel catalogo per l'Arabia Saudita la donna è sparita dalla scena.
Ha ragione Maria Luisa Agnese quando si chiede se l'interesse per i diritti umani e l'uguaglianza vada a corrente alternata all'Ikea. Per l'Occidente la pubblicità con la coppia omosessuale che si tiene per mano e la scritta 'Siamo aperti a tutte le famiglie', per l'Arabia Saudita le donne eliminate dai manifesti. Per ora sono arrivate le scuse di Ikea, ora aspettiamo di vedere il prossimo catalogo.
Ecco il pezzo:
La scenetta è quasi da Mulino Bianco, una famigliola che di prima mattina si muove in un bagnetto superattrezzato, con mamma e figlio grande che si lavano i denti e il papà che asciuga il piccolino.
Immagine innocente se non edificante da catalogo Ikea che però non è piaciuta al mercato dell'Arabia Saudita che ha preteso che la mammina in pigiama fosse cancellata dalla fotografia, e solo così ha dato via libera al catalogo locale. Le donne là non devono lavorare, viaggiare o studiare senza il permesso dei padri o dei mariti, e di guidare l'automobile non se ne parla: meglio dunque addirittura non farle vedere proprio per non accendere spiriti e idee di destabilizzante indipendenza.
Eliminata dunque con la gommina del Photoshop la mamma troppo occidentale, sbianchettata come si diceva un tempo a proposito delle fotografie staliniane, dove si voleva riscrivere la storia nel modo più gradito al potere di turno. Qui più che di riscrivere la storia, si spera proprio di riuscire a tenerla fuori dai confini, impedendo che il vento del cambiamento arrivi anche attraverso un innocente quadretto di famiglia.
Pecunia non olet, ma colpisce che l'Ikea, colosso del gusto medio occidentale in fatto di arredamento, abbia aderito alle richieste saudite (per quanto profondendosi in scuse ufficiali e promettendo di cambiare la sua politica aziendale verso i nuovi mercati), accettando di modificare il suo catalogo da 200 milioni di copie nel mondo, stampato in 62 versioni perlopiù identiche, salvo piccole modifiche estetiche e di colore, a seconda dei gusti dei vari Paesi.
Tanto più che proprio l'azienda svedese con le sue pubblicità degli ultimi tempi si era messa su una linea almeno apparentemente provocatorio-progressista, un po' alla Benetton. «Siamo aperti a tutte le famiglie» recitava un manifesto in cui si vedevano due uomini di spalle che si tenevano per mano mentre con l'altra reggevano il classico borsone di plastica gialla con manici in tela bluette: ed era la campagna Ikea con cui a marzo 2011 l'azienda lanciava il nuovo negozio di Catania.
Carlo Giovanardi aveva definito l'operazione «offensiva e contro la Costituzione», e se giustamente in quel caso l'Ikea aveva badato poco alle rimostranze del sottosegretario, ribadendo di essere contro «ogni discriminazione di razza, genere, religione, età o orientamento sessuale», come mai adesso si piega alla politica dei due pesi e due misure, facendo marcia indietro appena l'Arabia Saudita fa muro con i suoi pregiudizi? Perché procede a corrente alternata? Rigida a buon mercato con i Paesi tolleranti dell'Occidente, fulmineamente prona di fronte agli urticanti oscurantismi che provengono dall'Altro Mondo?
È di dieci giorni fa un altro incidente di percorso, questa volta nella Russia di Putin, dove l'Ikea ha ritirato dal suo sito Web la foto di quattro ragazzi in passamontagna seduti sul sofà, perché l'immagine che poteva essere considerata un messaggio di sostegno alle tre ragazze imprigionate del gruppo punk Pussy Riot.
Speriamo che adesso non venga il turno della Cina, e che i ritocchi ai cataloghi non diventino sempre meno estetici.
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