Gelo inglese nei confronti di Mitt Romney e Paul Ryan
di Annalisa Robinson
Annalisa Robinson, Mitt Romney con Paul Ryan
Premetto che di Mitt Romney so meno che di Obama, del quale mi pare di conoscere vita, morte e miracoli, avendo letto fior di colonne sulla sua storia personale, i suoi genitori, le sue biografie, l'orto di sua moglie, eccetera. Premetto che Obama non mi piace; penso stia facendo malissimo, e sono pure convinta che racconti un sacco di frottole su se stesso. Tanto per cercare di essere onesta con chi legge, visto che simpatie e antipatie, fondate o infondate, sono inevitabili quando si discute di elezioni, e la stampa di ogni Paese lo dimostra.
Qui Romney non gode di grande simpatia, soprattutto per un commento che fece durante una visita pre-olimpica a Londra, in cui esprimeva dubbi riguardo alle misure di sicurezza. Con buone ragioni: infatti l'impresa alla quale era stata appaltata la sicurezza aveva ammesso di non avere personale sufficiente, per cui gli organizzatori erano stati costretti a rivolgersi all'esercito (quindi i poveri soldati di servizio in Afghanistan avevano dovuto sacrificare i loro turni di riposo in patria per tappare i buchi della sicurezza alle Olimpiadi); e i funzionari del dipartimento immigrazione e frontiere avevano minacciato uno sciopero, con conseguenze che è facile immaginare. Inoltre, a poche settimane dall'inizio dei Giochi, i lavori di allestimento a Londra est erano lungi dall'essere completati. Comunque agli inglesi, per i quali le Olimpiadi erano una importantissima questione di prestigio nazionale in tempi di crisi, queste osservazioni non erano piaciute per niente. Si segnalava per virulenza il sindaco di Londra, Boris Johnson. La sua replica a Romney era stata ripresa e fatta propria da tutti i giornali, compresi quelli che normalmente lo attaccano: "C'è un tizio che si chiama Mitt Romney che vuol sapere se siamo pronti,” aveva urlato rivolgendosi a una folla di 60.000 persone, tra boati di disapprovazione e pernacchie. “Siamo pronti? Sì, lo siamo!”, aveva concluso, quasi riecheggiando il “yes we can” obamiano. Lo stesso David Cameron aveva mostrato il proprio risentimento osservando che, mentre le Olimpiadi 2012 si sarebbero svolte in una grande città, con le difficoltà che questo comporta, era “ovviamente molto più facile organizzare i giochi olimpici nel deserto”, alludendo alle Olimpiadi invernali del 2002 a Salt Lake City, Utah, per le quali l'impegno di Romney era stato determinante.
Un altro commento poco apprezzato aveva riguardato il servizio sanitario nazionale, che per molti inglesi è motivo di orgoglio (gratuito, egalitario, concepito nell'atmosfera costruttiva dell'immediato dopoguerra). Romney aveva affermato che quando il figlio (allora 19enne) risiedeva nel Regno Unito come “missionario” mormone aveva dovuto aspettare sei settimane per una colonoscopia – e che se avesse avuto un problema davvero serio, tipo un cancro, la lunga attesa avrebbe potuto anche essere fatale. Su questo aveva ragione da vendere (anch'io ho delle esperienze negative della sanità inglese, al limite della querela), ma nonostante le enormi pecche, il servizio sanitario inglese è un tabù anche per i politici.
Insomma, il viaggio a Londra non ha fatto molto per Mitt. Non poteva mancare il confronto con il successo della visita degli Obama nel 2011. Quasi tutta la stampa ne sottolinea i “punti deboli” in termini elettorali: agiatezza economica, scarso appeal personale, trascorsi manageriali che ne farebbbero un capitalista, famiglia apparentemente perfetta, mancanza di una “narrativa” che faccia presa sul pubblico come quella di Obama (e nel caso di Obama, secondo me, il termine “fiction” sarebbe meglio), mancanza di idee chiare e trascinanti, il fatto che anche nel momento di maggior crisi per gli USA e di minor popolarità per Obama non sia in grado di proporsi come una valida alternativa.
Ma ci sono sfumature a livello di stampa? Sì, le solite. La stampa inglese è molto prevedibile – quando si compra un certo giornale si sa più o meno quale interpretazione verrà data di un certo evento. In generale, non si esalta Obama (semmai la moglie), ma Romney viene visto come il candidato scelto per esclusione, in quanto meno impresentabile degli altri. Si tende a evidenziare i problemi sia della piattaforma che della campagna elettorale di Romney, e i sondaggi negativi. Si riconosce che, in termini di economia, le proposte di Romney-Ryan sono probabilmente migliori di quelle di Obama; si ammette che la classe media voterà prevalentemente repubblicano; ma il presidente in carica stravince in termini di sanità e di sicurezza nazionale (leggi uccisione di Osama, alla faccia del disastro in Medio Oriente).
Le critiche maggiori vengono dal Daily Mail, dal Guardian, e da Andrew Sullivan del Sunday Times.
Il Daily Mail è portavoce dell'Inghilterra conservatrice delle classi medio-basse (odio le etichettature “classiste”, ma cosa devo farci - è pure vero), il tipo di giornale che non parla mai delle case o delle auto delle persone di cui si occupa senza precisarne il prezzo. Offre una sventagliata di articoli su Mitt, soprattutto online. Il fatto che, nonostante disoccupazione e mancata crescita, Romney non riesca a superare nei sondaggi Obama nemmeno negli Stati piu' in crisi viene attribuito a mancanza di idee e di carisma personale: viene descritto come un “buffone che fa continue gaffes”, e fa persino piangere i neonati. Ci sono attacchi personali, soprattutto da parte dell' obamiana Beth Stebner, per la quale Romney è uno sporco capitalista che tiene i soldi all'estero, paga poche tasse, e non ha molto successo nemmeno con il suo elettorato naturale. A differenza di Obama, non gli importa molto dell'ambiente, ed è pure protezionista (recenti mosse di Obama in quel senso non vengono registrate). Non ha neppure il coraggio di partecipare al programma TV “The View”, del quale gli Obama (insieme o separatamente) sono frequenti ospiti, perchè non ha il coraggio di fronteggiare quattro presentatrici “dalla lingua tagliente”. La signora Romney è una multimilionaria (e pure nonna!) che pretende di fare la spesa nel supermercato a basso costo CostCo. Ryan appare soprattutto come un cacciatore entusiasta che compra fucili da caccia e tute mimetiche per la figlia di 10 anni. Se non altro il columnist Toby Harnden riporta gli sgarbi di Obama a Netanyahu, descritto come“un vecchio amico ed ex collega” di Romney alla controversa Bain, “una figura cardine nelle elezioni Usa, nelle quali il voto ebraico in Stati come la Florida potrebbe essere determinante”.
Il Guardian è per definizione il giornale dei progressisti istruiti e abbienti, che amano sottolineare la loro superiorità morale e (multi-)culturale. La campagna di Romney e Ryan (con tanto di foto a capo chino) viene descritta come “priva di entusiasmo”, “fallimentare”, e dannosa per lo stesso partito, che rischia di perdere il controllo del Senato (dato per comodamente assicurato fino a poco tempo fa). I due citano Hayek senza comprenderne il vero messaggio; l'elogio dell'imprenditorialità è vuoto, perchè, secondo l'illuminato Dean Baker, “Se rendiamo piu' facile diventare imprenditori, dobbiamo aspettarci anche molti piu' fallimenti” (morale: vivere di aiuti statali e' meglio). Inoltre Ryan ha mentito sul tempo impiegato anni fa per una maratona, riducendolo di un'ora abbondante; cosa che ovviamente lo rende un mentitore su tutto il resto. Il laico e ateo Guardian arriva perfino a pubblicare un articolo impregnato di melassa retorica su un gruppo di suore (“Nuns on the bus”) secondo le quali gli Usa di Romney e Ryan sono “radicati nell'individualismo, nell'egoismo e nella paura”, e il budget proposto da Ryan è non solo “spaventoso” ma pure anti-cattolico (cosa che di solito, per il Guardian, è un pregio). Ciliegina sulla torta, un articolone di George Monbiot in versione Travaglio che se la prende con Romney in quanto rappresentante della classe parassita dei “saccheggiatori”: “speculatori, baroni del settore immobiliare, duchi, monopolisti dell'informatica, usurai, banchieri, sceicchi del petrolio, padroni delle miniere, oligarchi, dirigenti strapagati”. Solo leggere questa lista fa andare il lettore in apnea.
Anche l'Independent, che vanta il pluripremiato intervistatore di Bin Laden Robert Fisk come corrispondente per il Medio Oriente, ma che con il cambio di formato è diventato piú leggero in fatto di contenuti, viaggia sulle stesse rotaie del Guardian. Esempio di titolo: “Mitt il parassita”. Ancora spazio alla ricchezza di Romney, con il quale i poveri e i deboli sarebbero abbandonati a se stessi, e alla sua religione bizzarra se non pericolosa; e molti articoli anti-repubblicani. Commiserazione per Ryan, contaminato dal “puzzo” di Romney. Oh: e quasi la metà di chi dona a Netanyahu dona anche a Romney o al partito repubblicano (notizia ripresa da Haaretz).
Il Times è piuttosto freddo, descrivendo la campagna elettorale di Romney come incolore e disfunzionale, tormentata dalle esternazioni inopportune di vari politici del suo partito, e si deplora che Ryan abbia dovuto adeguare il suo stile “vigoroso” a quello del blando Mitt. Chi invece va all'attacco all'arma bianca è l'ex-bushiano Andrew Sullivan sul Sunday Times, per il quale Romney si è arreso all'estrema destra, non ha moralità, vede metà degli elettori come parassiti dei quali non intende curarsi, ha guadagnato una fortuna distruggendo e ricostruendo aziende in crisi; ed è bugiardo al punto che non si sa nemmeno chi sia o perchè si sia candidato. Il suo programma? Solo tagli alle tasse dei ricchi e all'assistenza dei poveri, e guerra all'Iran. Peggio di così .....
Il Telegraph è tradizionalmente su posizioni conservatrici e piace alle classi medio-alte. Ha un ottimo corrispondente da Washington, l'equilibrato Alex Spillius, che redige anche una newsletter sulla campagna USA che spedita via e-mail ai lettori interessati. Gli articoli sono molto meno “personali”, tuttavia gli opinionisti del Telegraph sembrano proprio dare per scontato che Obama venga riconfermato e che il dopo-Romney porti a una specie di bagno di sangue dentro il partito repubblicano. Sembra esserci una certa simpatia per Ryan, che viene in un certo senso visto come uno spreco di talento nella campagna opaca di Romney. E qui e là si intravede un filo di ironia nei confronti della inossidabile retorica obamiana.
I tabloid (The Sun, Daily Mirror) hanno tradizionalmente articoli brevi, inframmezzati da foto di procaci décolletés femminili. Il Sun (di Murdoch) è destrorso, e ha una certa influenza in occasione delle elezioni politiche nel Regno Unito. Il Mirror è sinistrorso. Entrambi sono populisti e forcaioli. Io li leggo sempre molto volentieri, con lo spirito con cui leggevo Linus o Tiramolla. La loro forza sta nei titoli, molto spesso basati su giochi di parole, tipo “Mitt the Twit” (“Mitt l'imbecille”) o “Plane stupid Mitt Romney” (con gioco di parole: “plain” =semplicemente, “plane” =aereo); seguono articoli sulle gaffes di Romney, apparentemente convinto che i finestrini degli aerei si possano aprire, ecc. L'articolo più serio è dell'ex parlamentare conservatrice Louise Mensch, in uno stile ovviamente semplificato al massimo per i lettori del Sun. Titolo: “Il gol mancato di Romney nella porta aperta di Obama”. Attribuisce a Romney “la personalità di un bancario di medio livello”, che il “carismatico” Obama surclassa “con la facilità con cui un carro armato distrugge un camion giocattolo”, ma si duole della prospettiva di altri quattro anni di Obama.
Che a molti sembra essere il miglior incentivo per votare Mitt.