L'odio di Abu Mazen contro Israele all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
commento di Danielle Sussmann
(Segue il riassunto dell’intervento di Abu Mazen)
Abu Mazen
Abbas non è salito sul podio delle Nazioni Unite – nell’applauso generale che ha spesso interrotto il suo discorso – per tornare alle negoziazioni. Ha usato il suo discorso per condannare Israele e le politiche israeliane, un discorso che è risuonato come una procedura legale rivolta alla International Criminal Court piuttosto che un indirizzo diplomatico o una posizione da negoziato.
E questo non è accaduto per caso.
Abbas si è lanciato in una virulenta retorica contro Israele, accusandolo di ogni nefandezza: dall’occupazione militare violenta alla colonizzazione razzista, all’epurazione etnica, all’apartheid, accusandolo di incitare “conflitti religiosi”, calpestare i diritti dei palestinesi, la loro libertà fino a respingere il loro desiderio di indipendenza con un loro stato. Aggiungendo che Israele se ne infischia della legge e “gli è permesso di evadere” denunce e punizioni. Per descrivere le politiche “illegali” di Israele, Abbas si è servito di testi e discorsi basati sul diritto internazionale.
In forte contrasto, Abbas ha dipinto i palestinesi come un popolo paziente, osservante della legge, “un popolo che si rende conto - mentre continua a chiedere il suo diritto alla libertà e adotta una cultura di pace aderente ai principi e regole della legge internazionale e delle risoluzioni della legittimità internazionale - dei continui meriti riconosciuti senza alcuna logica ad Israele, il cui governo persegue una politica di guerra, di occupazione e di colonizzazione.”
La comunità internazionale deve “obbligare il governo di Israele a rispettare le Convenzioni di Ginevra” ha insistito.
Nello scorso aprile, la ICC, guidata allora dal procuratore Luis Moreno Ocampo, stabilì che l’Autorità Palestinese non ricadeva nella sua giurisdizione non essendo riconosciuta alla stregua di uno stato in grado di far parte dello Statuto di Roma fondatore della corte. Tuttavia, stando al nuovo procuratore, Fatou Bensouda nata in Gambia, il respingimento dell’ICC non era permanente. La decisione di aprile pertanto è stata quella di lasciare una “porta aperta” nel caso si risolvesse la questione relativa allo stato (palestinese) “naturalmente, in accordo con l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – ed in questo caso l’ICC potrebbe rivedere la questione” ha detto venerdì la Bensouda al ricevimento del Consiglio delle Relazioni Estere a Washington.
Questo significa che l’ICC non avrebbe bisogno di attendere una nuova richiesta palestinese per indagare su Israele. La domanda originale dell’Autorità Palestinese presentata nel 2009 per far parte dello Statuto di Roma è sufficiente a dare all’ICC piena giurisdizione per investigare nel conflitto israelo-palestinese a sua discrezione. “La Palestina (sic! ndr) ha fatto una dichiarazione nell’ambito dello Statuto di Roma riconoscendo la giurisdizione della corte. Come sapete, questa è una delle strade che ci consentono la giurisdizione per investigare e perseguire” ha detto la Bensouda.
Questo apre una strada difficile per Israele, considerati i tanti nemici che ha. Va tenuto anche conto che né gli Stati Uniti, né Israele hanno riconosciuto l’ICC. Ma questo non impedirebbe – e qui sta il gioco perfido arabo e/o dei paesi islamici – di compiere arresti contro qualsiasi israeliano di passaggio in Europa – e nei paesi che hanno ratificato lo Statuto di Roma o alleati dei paesi islamici (penso al NAM= Paesi Non Allineati) - se ritenuto colpevole.
Quanto peseranno i media con la loro disinformazione, e quelli che manipolano da sempre le notizie su Israele e sul conflitto arabo-israeliano??! Domanda retorica. Di seguito il sommario dell’intervento di Abbas all’Assemblea Generale dell’ONU. Da notare nella conclusione, una non velata minaccia.
Sommario della dichiarazione di Mahmoud Abbas ( Abu Mazen), Presidente dell’Autorità Palestinese, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
27 Settembre 2012 :
Mahmoud Abbas, Presidente del Comitato Esecutivo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, ha detto che gli attacchi delle “milizie terroristiche” dei coloni israeliani è diventata una realtà quotidiana, con almeno 535 attacchi perpetrati dall’inizio del 2012. I palestinesi affrontano incessanti ondate di attacchi contro le loro moschee, chiese, case e scuole. L’aumento degli attacchi non dovrebbe sorprendere nessuno; sono scatenati da una politica che ha dato priorità agli insediamenti e ad un clima impregnato di una “cultura di incitamento” esistente nel curriculum israeliano e nelle dichiarazioni estremiste.
Ha detto che dall’ultima sessione dell’Asemblea, Israele ha continuato la sua campagna di insediamenti a Gerusalemme e nei suoi dintorni in modo da alterare il carattere storico della città. Vi è stata una campagna di “pulizia etnica” contro i palestinesi demolendo le case, revocando i diritti di residenza, negando i servizi basilari, chiudendo istituzioni ed impoverendo la gente con un “assedio” di muri e checkpoints. Gli insediamenti sono continuati nel West Bank, mentre gli attacchi persistevano contro la Striscia di Gaza. Ha detto che è urgente obbligare Israele a rispettare le Convenzioni di Ginevra, togliere il blocco di Gaza ed investigare sulla detenzione dei prigionieri e detenuti palestinesi nelle carceri israeliane.
Ha detto che Israele continua ad imporre dure restrizioni sui movimenti, impedendo all’Autorità Nazionale Palestinese di realizzare progetti di infrastrutture ed offrire servizi ai suoi cittadini. La sua politica dominante mina l’abilità dell’Autorità a portare avanti le sue funzioni e a rispettare i suoi obblighi. Tali azioni hanno avuto luogo a causa di un discorso politico israeliano con posizioni estremiste, incitanti ad un conflitto religioso. “Noi respingiamo fermamente questo,” ha detto, lamentando che un simile discorso può solo appetire coloro che strumentalizzano le religioni monoteiste come giustificazione ideologica al terrorismo.
Ha detto che per superare lo stallo, i palestinesi hanno intrattenuto colloqui esploratori con Israele all’inizio dell’anno, su iniziativa giordana, e hanno fatto sforzi per creare le condizioni favorevoli per riprendere i negoziati. Ma le azioni di Israele nel suo paese e la posizione sulle questioni relative ad uno stato permanente lo hanno convinto a concludere che Israele abbia respinto la soluzione dei due Stati. Uno Stato della Palestina coesistente al fianco di Israele rappresenta lo “storico compromesso” della Dichiarazione dei Principi di Oslo adottato 19 anni fa sotto gli auspici delle Nazioni Unite, in funzione del quale i palestinesi hanno accettato di fondare il loro Stato solo sul 22 per cento del territorio della Palestina storica. Le misure israeliane sono mosse a svuotare del loro significato gli Accordi di Oslo, rendendo la loro applicazione estremamente difficile se non impossibile.
In aggiunta, ha detto che Israele ha rifiutato di discutere seriamente la questione dei rifugiati palestinesi e ha continuato l’occupazione dei bacini d’acqua palestinesi, delle terre agricole, aria, cieli e confini. Ha rifiutato di permettere ai palestinesi di godere dei loro diritti e respinto l’indipendenza dello Stato della Palestina. “Parlo per conto di un popolo arrabbiato”, ha detto, definendo l’evasione di Israele a render conto dei suoi atti gli consenta una licenza a continuare la sua politica di appropriazione e pulizia etnica.
Malgrado la complessità della realtà e tutta la frustrazione, “c’è ancora una possibilità – forse l’ultima – per salvare la soluzione dei due Stati e salvare la pace,” ha detto, nel rendere urgente un nuovo approccio basato sull’assunto che un “insediamento colonizzatore” razzista debba essere condannato, punito e boicottato. E’ necessaria altrettanto la riaffermazione all’aderenza dei termini di riferimento garantiti dalle Nazioni Unite. Non è necessaria una maratona di colloqui, piuttosto la sincera intenzione al raggiungimento della pace. L’approccio deve includere la realizzazione di uno Stato palestinese indipendente, con Gerusalemme Est sua capitale, su tutto il territorio occupato da Israele dal 1967, così come una soluzione d’accordo sulla questione dei rifugiati palestinesi, in linea con la risoluzione 194 (III), così come determinato dall’Iniziativa di Pace Araba.
Ha detto che la comunità internazionale deve ora assumersi le sue responsabilità. Ha chiesto al Consiglio di Sicurezza di adottare una risoluzione sulle fondazioni per una soluzione del conflitto palestino-israeliano, che sarà base e fondamento di un “riferimento vincolante” se si vuole far sopravvivere la soluzione dei due Stati. L’indipendenza e la libertà di uno Stato della Palestina è un sacro diritto che deve essere realizzato. L’Autorità Nazionale Palestinese ha affermato la sua abilità nel creare un modello avanzato di stato moderno, così come hanno riconosciuto il Ad Hoc Liaison Committee e la Banca Mondiale, tra altri. Un anno fa, aveva sottoposto richiesta all’attenzione del Consiglio di Sicurezza per ottenere che lo Stato della Palestina raggiungesse il suo posto di diritto nelle Nazioni Unite, sforzi che sono abortiti malgrado il sostegno della maggioranza dei paesi. Un anno dopo, la “Palestina” sta esercitando il suo ruolo nel United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization (UNESCO) con alta professionalità.
Ha detto che il suo governo continuerà i suoi sforzi al fine di ottenere per la Palestina il pieno riconoscimento di membro delle Nazioni Unite, e ha iniziato le consultazioni con le organizzazioni regionali degli Stati Membri al fine di ottenere che l’Assemblea Generale adotti, durante questa sessione, una risoluzione che consideri lo Stato della Palestina come Stato Non-Membro delle Nazioni Unite. Oggi, il 77 per cento dei palestinesi sono più giovani di 35 anni e non permetteranno che accada una nuova Nakba. Tutti i palestinesi vogliono continuare a sopravvivere nella loro amata terra, di cui ogni pezzo porta l’evidenza delle loro radici. “Non c’è una patria per noi che la Palestina” ha detto. I palestinesi continueranno nella loro pacifica resistenza, in linea con le leggi internazionali umanitarie, contro l’occupazione per la salvezza della libertà, dell’indipendenza e della pace. “Fate che la pace vinca prima che sia troppo tardi,” ha concluso.