Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 24/09/2012, a pag. 41, l'articolo di Pierluigi Battista dal titolo "Gli strani nostalgici delle dittature altrui".


Pierluigi Battista
Le riflessioni di Pierluigi Battista sono sempre interessanti.
Nel pezzo che segue, però, arrivato alla fine del ragionamento, il lettore si chiede come una parte minoritaria, quasi del tutto insignificante, dell'elettorato, possa influire sugli atti di governi che, comunque, sono in mano all'islam religioso che segue le regole della shari'a.
Ecco il pezzo:
Qualcuno è talmente orripilato dagli esiti non proprio entusiasmanti della «primavera araba» da esclamare con un sospiro nostalgico: «Si stava meglio quando si stava peggio». Bene, auspichi pure il ritorno dei vecchi tiranni migliori di quelli attuali. Ma, per un minimo di giustizia, proponga un cambio. Stavolta tocca ai laudatori dei tempi antichi, ben protetti in Occidente, saturi delle libertà dell'Occidente, riscaldati dalla democrazia dell'Occidente, assaggiare le meraviglie dei regimi rimpianti. Mica sempre le parti non possono rovesciarsi, e lasciare nel privilegio dello status quo sempre i soliti fortunati. Un semplice scambio: a un egiziano o a un libico il posto del laudatore imbozzolato nei comodi occidentali, a quest'ultimo invece un po' di sana galera alla Mubarak, o un bel trattamento nelle mani degli sgherri della polizia politica di Gheddafi, a scelta. Che ne dite? Un po' per uno non va bene?
Ai tempi della Guerra Fredda usava spesso rivolgersi ai comunisti dell'Occidente liberal-democratico con un invito effettivamente molto rozzo: se ti piace tanto, vacci tu in Unione Sovietica. Nella sua grossolanità inammissibile per i depositari sussiegosi del buon gusto corretto, quell'invito conteneva tuttavia un granello di verità: assaggiatelo voi un regime disumano e infinitamente oppressivo che volete esportare anche nelle nostre democrazie libere e capitalistiche. A chi dice di pensare ai tempi del muro di Berlino come a una tranquilla oasi di ordine, si può proporre lo stesso scambio: a te, nostalgico, lunghi soggiorni nelle mani della Stasi, all'ungherese e al romeno la garanzia del suffragio universale e della libertà d'espressione, per una cinquantina d'anni almeno. Lo stesso vale per chi rimpiange i sani, vecchi e affidabili dittatori d'un tempo che, signora mia prima di questa «primavera» carica di guai e turbolenze, garantivano stabilità nel mondo arabo e tenevano a bada i soggetti pericolosi. Ai nostalgici delle dittature (rigorosamente altrui, beninteso) non viene mai in mente che quando gli islamisti in Tunisia propongono una legge costituzionale che sancisca l'inferiorità delle donne, le ragazze di Tunisi scendono in piazza coraggiose e senza veli. O che in Libia oltre la metà degli elettori non ha optato per il fondamentalismo islamista. O che al Cairo quasi la metà degli egiziani ha votato il candidato laico per non darla vinta a Morsi dei Fratelli Musulmani. No, vanno per blocchi: a noi la democrazia, agli arabi il bastone e la galera perenne. Bisognerebbe dare una mano alle donne di Tunisi, forse e a chi in Egitto, in Libia, anche in Siria vorrebbe la democrazia e non scegliere tra vecchi dittatori e nuovi despoti del fondamentalismo religioso. Invece ci si abbandona al lamento della stabilità perduta. Sulla pelle degli altri, come al solito. Parlavano di «valore universale della democrazia». Universale sì, ma solo se ci conviene.
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