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Ma io sto con Israele Cari amici, mi scuserete se utilizzo questa cartolina per illustrarvi un fatto personale: da oggi in poi non troverete la mia solita rubrica “Davar acher” (diversa opinione) né qui, ne su Facebook o su Twitter dove usavo diffonderla, e soprattutto non su “Moked”, la newsletter quotidiana dell'Ucei per cui la scrivevo. In seguito a una serie di obliqui e insinuanti attacchi personali di un altro collaboratore della stessa testata, che non nomino trovandolo privo di qualunque interesse, nonostante le mie proteste mi sono trovato insufficientemente e tardivamente difeso dalla direzione, e ho deciso di non poter più continuare la mia collaborazione, finché costui fosse stato padrone di attaccarmi personalmente in maniera obliqua e gesuitica. Non ho niente in contrario al dibattito e alla contrapposizione delle idee, naturalmente, anzi lo pratico con forte partecipazione, come i miei lettori sanno, ma questo caso è diverso e ne ho tratto le mie conseguenze. Il problema però non è questa persona, e neppure la direzione della testata, cui devo comunque riconoscere di aver cercato di difendermi da tentativi di censura, che sono stati avanzati più volte dalla parte egemone del gruppo dirigente dell' Ucei (Unione delle Comunità Ebraiche irtaliane), ottenendo comunque il risultato di ridurre progressivamente gli spazi in cui potevo esprimere idee di opposizione.
Gli ebrei italiani sono in genere molto attaccati a Israele e sentono fortemente la responsabilità di difenderlo. La comunità italiana di gran lunga più numerosa, che comprende da sola più di metà dell'ebraismo italiano, quella di Roma, da molti anni conferma la propria fiducia a una lista che si chiama “Per Israele” e a un dirigente come Riccardo Pacifici, che è il più lucido e determinato nel difendere l'identità ebraica e il rapporto con Israele. Anche la seconda comunità ebraica italiana, quella di Milano, ha di recente dato la maggioranza a una lista e a un presidente che difende le stesse idee per cui anch'io mi batto. Ma grazie a complessi meccanismi elettorali e gestionali, resi ancora più barocchi da una recente riforma, l'Ucei continua a essere egemonizzata da un gruppo politico arretrato, autoreferenziale, nostalgico della vecchia equivalenza fra ebraismo e sinistra politica, che filtra il rapporto dell'ebraismo italiano con Israele attraverso un pacifismo vecchio stile.
E anche buona parte del gruppo intellettuale che si è assegnato il ruolo di coscienza critica dell'ebraismo italiano, e che di fatto ha dato corpo al gruppo dei collaboratori delle testate dell'Ucei, è in maggiore o minor misura ideologizzato secondo categorie politiche italiane, sembra per esempio assai più sensibile ai problemi dell'immigrazione in Italia che a quelli dell'identità ebraica e della sicurezza di Israele, rimpiange i vecchi tempi in cui la soddisfazione delle richieste dei “palestinesi” sembrava la bussola della politica israeliana, anche a scapito della sicurezza, non appare quasi consapevole della criticità del momento attuale né dei danni procurati a Israele e a tutto l'occidente dall'attuale amministrazione americana, né dei rischi delle rivolte arabe, appoggiate “a prescindere”. |
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