Che lo scontro sia fra civiltà lo dimostra ancora una volta il metodo usato dall'estremismo islamico - ma dovremmo scrivere islam e basta - nel lanciare una taglia contro l'autore di quel film - che nessuno ha visto, ma che tutti si affannano a condannare - al quale viene in continuazione imputata la sollevazione delle proteste nel mondo musulmano. Ci credono anche i media occidentali, cadendo nel tranello - in buona o cattiva fede - di ritenerlo l'unico responsabile dei disordini che stanno mietendo molte vittime.
Sono rare le posizioni diverse, oggi ne riprendiamo due, di Andrè Glucksmann e Alain Finkielkraut in altra pagina di IC.
Dal CORRIERE della SERA di oggi, 23/09/2012, a pag. 21, la cronaca della taglia:

ISLAMABAD — Come Rushdie. Una taglia sulla testa di Nakoula Basseley, il produttore che ha offeso il Profeta. Un ministro del governo pachistano ha offerto una ricompensa di centomila dollari da destinare a colui che «ucciderà» il promotore del film «L'innocenza dei musulmani», prodotto negli Stati Uniti, causa di una reazione violenta in molti Paesi islamici. «Annuncio che darò un premio di centomila dollari a colui che ucciderà quel blasfemo che ha abusato del santo Profeta», ha detto Ghulam Ahmed, il ministro per le Ferrovie, suggerendo ai membri dei movimenti talebani e dell'organizzazione di Al Qaeda di improvvisare un'alleanza allo scopo di punire l'«infedele»: «Invito anche i fratelli talebani e di Al Qaeda a unirsi a questo nobile gesto», ha detto il ministro aggiungendo che, se ne avesse l'opportunità, ucciderebbe «quell'uomo» con le sue stesse mani e «poi possono anche impiccarmi». Proprio di recente, e di nuovo in seguito alla diffusione su YouTube del film considerato blasfemo per l'Islam, la taglia sulla testa di Salman Rushdie, autore angloindiano del romanzo Versetti satanici, «condannato» per primo da Khomeini, è stata aumentata (per volere dell'ayatollah Hassan Saneii) di 500 mila dollari, arrivando alla considerevole cifra di 3,3 milioni. In ogni caso, le parole del ministro non contribuiranno a far scendere la tensione in Pakistan, all'indomani di violente manifestazioni antiamericane in tutto il Paese, che sono costate la vita a 21 persone. Migliaia di attivisti islamici sono scesi in piazza anche ieri. Nella capitale Islamabad, in più di 5 mila sono sfilati verso il Parlamento, situato non lontano dalla zona diplomatica che ospita anche l'ambasciata degli Stati Uniti al grido di «Amiamo il nostro Profeta» o «Punite chi ha umiliato il nostro Profeta». A Lahore, la grande città dell'Est, circa 500 militanti di un movimento islamista radicale hanno manifestato davanti al consolato Usa, scandendo «Gli Stati Uniti meritano una cosa sola: la jihad».
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