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La Stampa Rassegna Stampa
23.09.2012 Ma in quale mondo vive il principe Hassan ?
Lo intervista Alain Elkann

Testata: La Stampa
Data: 23 settembre 2012
Pagina: 20
Autore: Alain Elkann
Titolo: «Tavolo di pace per Iran e Israele»

Sulla STAMPA di oggi, 23/09/2012, a pag. 20, con un titolo dal taglio molto vaticano " Tavolo di pace per Iran e Israele ", Alain Elkann intervista il fratello del re di Giordania, principe Hassan, le cui risposte brillano soprattutto per essere lontane anni luce da quello che succede in Medio Oriente. Principe sì, però che ignorante ! Sull'Iran, sui Fratelli Musulmani, sulla Turchia, non ne imbrocca una.
Ecco l'intervista:

Alain Elkann                      Hassan di Giordania

Principe Hassan di Giordania, lei è appena tornato da un importante convegno internazionale a Teheran: da che cosa nasce il suo rammarico?

«L’Iran è un Paese che ha tutto, dall’agricoltura al petrolio. Purtroppo, però, sembra che non tutte le cose riescano ad andare al loro posto. In Medio Oriente ci sono quattro realtà politiche e due poteri economici forti, la Turchia e Israele, poi una voce solitaria, l’Iran, che incarna la voce degli sciiti. E dall’altra parte ci sono i sunniti, che sono la maggioranza nei Paesi arabi».

Chi sono i Fratelli Musulmani?

«In origine si sono costituiti come partito conservatore, non teologico. I Fratelli volevano lavorare all’interno del sistema ed essere eletti e fin dall’epoca di Nasser si sono fatti perseguitare e uccidere. Credo che l’unico Paese dove non sono mai stati perseguitati sia la Giordania».

E la Turchia?

«La Turchia vuole essere un Paese laico, secolarizzato».

Non le sembra che i Fratelli Musulmani siano sempre più importanti?

«Durante la guerra tra Urss e mujaheddin e poi nello scontro tra Usa e al Qaeda hanno svolto un ruolo positivo, in quanto unico partito populistico islamico che fa parte del sistema parlamentare. In Marocco i Fratelli cercano di stimolare la politica ad essere più sensibile ai problemi del mondo che la circonda».

Come giudica le azioni terroristiche contro le ambasciate americane di questi ultimi giorni?

«Da un punto di vista storico l’escalation di odio dovrebbe essere condannata da ogni parte. Io sono stato una delle prime voci a condannare l’11 settembre e la morte dell’ambasciatore Stevens, uomo rispettato da molti anche nel mondo arabo. Ma il ciclo di odio è cominciato molto tempo fa e l’industria dell’odio ha portato a una spesa per le armi di 12 trilioni di dollari: mi domando come sarebbero ora le cose se avessimo speso più soldi per l’educazione. Sono convinto che la chiave della pace è nell’educazione e nel rispetto della dignità umana».

Come vede la situazione tra Israele e Iran?

«Mi domando quanto tempo debba durare questa agonia sul sapere o non sapere ciò che succederà. Vorrei un tavolo della pace come ci fu a Helsinki e che discuta di tre punti. Il primo è la sicurezza per quanto riguarda le armi chimiche, nucleari, biologiche. Poi bisognerebbe punire le attività criminali, il contrabbando di armi e droga e naturalmente il terrorismo. Il terzo punto è che occorrerebbe dare più importanza, per esempio con l’educazione, alla sicurezza degli individui».

Cosa pensa della primavera araba?

«È cominciata con dei giovani innocenti, poi il potere è stato tolto loro da chi controlla il potere stesso, l’esercito e i Fratelli Musulmani».

Crede che la situazione fosse migliore in precedenza?

«Prima era una situazione di monopolio. Oggi il leader dell’Egitto ha vinto le elezioni ed è riconosciuto dai più. Da Nasser a Mubarak ci sono sempre state figure di riconosciuti capi militari».

Come vede il rapporto tra Netanyahu e l’Iran?

«Di recente ho suggerito l’importanza del fatto che non vengano violati i patti sul non uso delle armi chimiche. Ma in 43 anni nessuno degli “addetti ai lavori” è stato capace di controllare il proprio ego».

Cosa succederà, secondo lei?

«Siamo a un bivio: a meno che gli Usa non guardino con maggiore attenzione al Medio Oriente, temo che possa scoppiare una guerra regionale».

Perché il mondo arabo non ha abbastanza influenza per mettere fine alla tensione tra Iran e Israele?

«Perchè non ci sono regole condivise in quella parte del mondo e perchè ci sono investimenti fortissimi da parte del mondo arabo in Occidente: e l’Occidente non rifiuta certo questi forti investimenti».

Lei come vive i fatti siriani?

«Per molto tempo la Siria è stato un esempio di Stato laico, ma oggi ci si domanda cosa succederà. Ciò che mi amareggia di più, guardando il Medio Oriente, è che abbiamo tutto, ma non sappiamo parlare tra noi. Questa è la tragedia. Oggi non c’è nessuna garanzia di stabilità regionale».

Qual è il ruolo del suo Paese, la Giordania, in questa crisi?

«Sua maestà il re mi ha pregato di parlare con l’ex segretario generale dell’Onu, Kofi Annan: ciò che è molto importante per la Giordania è il riconoscimento di uno Stato palestinese, allo scopo di un aggiustamento della regione. Io spero che in tempi brevi la Giordania possa diventare una monarchia costituzionale».

Gli israeliani faranno la pace con i palestinesi?

«Penso di sì: noi tutti vogliamo uno Stato palestinese: l’unica vera soluzione sarebbe una sorta di Benelux regionale».

E i terroristi?

«Purtroppo tutti possono comprare le armi che vogliono. Bisognerebbe istituire un tavolo con Israele per stabilizzare la Siria: ma come si può discutere senza che l’Iran partecipi?».

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