Sul FOGLIO di oggi, 20/09/2012, a pag.3, un editoriale dal titolo "In memoria del segreti stato", ovvero come la magistratura italiana - la Corte d'Appello di Milano - pone di fatto l'Italia contro gli Usa. Non è il terrorismo islamico che minaccia il nostro paese, ma i 23 uomini della Cia responsabili dell'azione contro il terrorista Abu Omar. Per la Corte quest'ultimo ha diritto alla libertà, mentre gli uomini del servizio di sicurezza Usa andrebbero portati a giudizio.
Altro che Eurabia, la linea rossa è stata oltrepassata fuori misura.
A Pio Pompa e Niccolò Pollari tutta la solidarietà della redazione di IC.
Ecco l'editoriale:
Abu Omar Pio Pompa Niccolò Pollari
Prepariamoci a un nuovo assalto, con le armi sempre delicate da maneggiare della superiorità dell’azione giudiziaria su qualsivoglia responsabilità politica, al segreto di stato. E’ questo il senso, al di là delle tecnicalità, della sentenza con cui ieri la Quinta sezione penale della Cassazione, dopo una camera di consiglio che le cronache ci dicono di ben sette ore, ha stabilito che venga riaperto il processo contro gli ex vertici del Sismi Nicolò Pollari e Marco Mancini e i tre capicentro Giuseppe Ciorra, Raffaele Di Troia e Luciano Gregorio per il sequestro dell’ex imam di Milano Abu Omar, avvenuto nel 2003, nella stagione più difficile della battaglia internazionale al terrorismo qaidista. Una sentenza del 2009 aveva deliberato il non luogo a procedere per Pollari e Mancini proprio in base alla sussistenza del segreto di stato, dopo che la Corte costituzionale – risolvendo due conflitti di attribuzione sollevati da due differenti governi, Prodi e Berlusconi – aveva deciso che le prove contro i due vertici dell’intelligence dovessero rimanere coperte, dunque non utilizzabili. Decidere ora per la riapertura del processo significa ritornare al punto di partenza logico, e doversi chiedere nuovamente se la Corte d’Appello di Milano ha o meno il diritto di violare quel segreto di Stato che, in una situazione internazionale estremamente complessa (e quella mediorientale di questi giorni non è da meno: converrebbe rifletterci), è uno strumento ovviamente delicato da maneggiare, ma legittimo e a volte anche indispensabile. Non va inoltre dimenticato che in quel processo, e la Quinta sezione ha confermato questa parte del dispositivo della sentenza, furono condannati anche 23 uomini della Cia ritenuti responsabili dell’azione contro Abu Omar. L’Italia finora non ne ha mai chiesto l’estradizione, ma ora il problema si porrà (“It went badly. It went very badly”, ha commentato l’avvocato Alessia Sorgato, che li rappresentava). La conferma infine della condanna spropositata a due anni e otto mesi di carcere per un uomo mite e sostanzialmente estraneo a quell’azione come l’ex responsabile dell’Archivio del Sismi Pio Pompa getta sul tutto una luce che vorremmo solo grottesca, ma è indegna.
Per inviare al Foglio la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante