Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/09/2012, a pag. 17, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo "La protesta accende la Tunisia. Imam salafita sfugge all'arresto".

Abu Iyad in keffia
La sfida dei salafiti, i «puri dell'Islam» protagonisti di gran parte delle recenti violenze anti Usa, prosegue. E non risparmia i governi locali d'ispirazione islamica come si è visto ancora ieri a Tunisi. Seif Allah Ibn Hussein alias Abu Iyad, capo dei «Partigiani della sharia» fautori della guerra santa, ha predicato nella centrale moschea di Al Fatah tuonando contro il partito al potere Ennahda, d'ispirazione religiosa. Ricercato dalla polizia da venerdì perché ispiratore degli attacchi costati quattro morti, Abu Iyad ieri è stato protetto da una folla di seguaci, compresi donne e bambini. Le forze di sicurezza, almeno un migliaio di uomini, si sono tenute a distanza, se per lassismo o timore di incidenti è difficile dire. Quando hanno tentato di arrestarlo lo sceicco era svanito: portato in salvo dai sostenitori, al grido di «Obama, Obama, siamo tutti i nuovi Osama».
Violenze con migliaia di persone ci sono state ancora in Pakistan, con due manifestanti uccisi dai proiettili della polizia negli scontri durissimi avvenuti nella città di Warai nel Nord Ovest e nella megalopoli Karachi a Sud. Anche in Indonesia massima allerta nella capitale Giakarta: davanti all'ambasciata americana le forze antisommossa hanno affrontato centinaia di appartenenti ai gruppi radicali vestiti di bianco e il bilancio finale ha visto alcuni feriti. Nel centro di Kabul, sulla Jalalabad road vicino alle basi della Nato e degli Stati Uniti, ieri mattina le forze di sicurezza hanno sparato contro i nuovi assembramenti ma non ci sono state vittime. Altre proteste sono avvenute un po' ovunque, dallo Yemen alla Cisgiordania.
La scintilla che aveva scatenato le sollevazioni, il video grottesco su Maometto prodotto negli Stati Uniti da alcuni cristiani egiziani, è sempre presente negli slogan, ma più sullo sfondo. La rabbia è estesa e destinata a durare, sostengono in molti, diretta contro chiunque sia o venga considerato nemico dell'Islam. «Non è un movimento passeggero ma l'inizio di una mobilitazione seria che deve attraversare l'intera nazione islamica in difesa del Profeta», ha proclamato ieri Sheikh Hassan Nasrallah, leader dell'Hezbollah sciita libanese. Nel sud di Beirut, davanti a decine di migliaia di fedeli adoranti e sorpresi per la rarissima apparizione pubblica del leader, Nasrallah ha chiesto a tutti i governi e popoli musulmani di «fare pressione sulla comunità internazionale per proibire ogni insulto criminale contro le grandi religioni». La piazza intanto urlava «America grande satana, Israele nemica dei musulmani».
I governi occidentali, a fianco dell'America, tentano di contenere l'ondata di furia. Come già è successo in vari Stati musulmani molti stanno considerando di vietare sul loro territorio il video incriminato, che YouTube non vuole censurare per la politica di apertura promossa da Google che controlla il servizio. Anche la cancelliera Angela Merkel ha anticipato che questo potrebbe succedere in Germania, mentre un gruppo dell'estrema destra tedesca ha annunciato la prossima proiezione dell'intero filmato. Una situazione delicata, che vede nello stesso tempo appelli alla calma e divieti di nuove proteste anti-Usa, come ha annunciato Parigi. Gli Usa intanto aumentano ancor più le misure a difesa delle ambasciate, pronti a chiuderle in caso di emergenza. Succederà già oggi a Bangkok dove è prevista un'altra protesta.
Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante