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La Stampa Rassegna Stampa
13.09.2012 Elezioni in Olanda, esito negativo per Geert Wilders
come aveva previsto Manfred Gerstenfeld su IC. Cronaca di Alberto Mattioli

Testata: La Stampa
Data: 13 settembre 2012
Pagina: 9
Autore: Alberto Mattioli
Titolo: «Nelle urne vincono i due partiti filo Ue»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 13/09/2012, a pag. 9, l'articolo di Alberto Mattioli dal titolo "Nelle urne vincono i due partiti filo Ue".


Geert Wilders, Manfred Gerstenfeld

Come aveva previsto Manfred Gerstenfeld (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=360&id=46000), il risultato elettorale in Olanda è stato negativo per Geert Wilders il quale, invece di concentrarsi sull'opposizione all'invasione islamista in Europa, si è gettato in polemiche sterili e inutili come la macellazione rituale ebraica e contro l'Europa. Una politica suicida, un grave errore di valutazione che, probabilmente, lo cancellerà dalla scena politica olandese.
Ecco il pezzo:

Alle elezioni olandesi l’unico vincitore certo è l’Europa. Secondo i primi dati parziali (reali), i grandi rivali vanno benissimo tutti e due. Alla Tweede Kamer, la Camera dei deputati, il premier uscente Mark Rutte, liberale di centro-destra, avrà 44 seggi. E 40 ne avrà il rampante sfidante Diederik Samsom, laburista di centro-sinistra: più 14 per l’uno e più 10 per l’altro. Ed entrambi sono a favore dell’Unione europea, anche se dissentono sul modo di restarci. Invece sono sconfitte le ali estreme euroscettiche: crolla la destra anzitutto di Geert Wilders, da 24 a 11 seggi, ed è ferma a 15 la sinistra ex marxista di Emile Roemer. In via di estinzione i democristiani: da 21 a 13.

Morale: chissà se sarà davvero necessaria, come tutti prevedevano alla vigilia, la grande coalizione «viola» fra il blu liberale e il rosso laburista, che sarebbe in ogni caso complicata. Rutte e Samsom sono molto diversi: il primo sembra il genero ideale da commedia con Doris Day; il secondo è un ex spericolato attivista di Greenpeace, bravissimo in tivù. «L’unica cosa su cui sono d’accordo è l’euro - spiega l’opinionista di «de Volkskrant» Raoul Du Pré, che se Luigi XIV non avesse revocato l’editto di Nantes adesso scriverebbe di Hollande e non di Olanda -. Per il resto, sono come Merkel e Hollande: per Rutte il rigore viene prima della crescita, per Samsom la crescita prima del rigore. Rutte vuole chiudere il rubinetto alla Grecia, Samsom è disposto a tenerlo aperto. E infine su lavoro, pensioni e welfare uno è un liberale classico e l’altro un altrettanto classico socialdemocratico».

Le consultazioni saranno, al solito, estenuanti. Una recente e pare malfatta riforma costituzionale ha sottratto alla Corona la nomina del premier per affidarla a un «mediatore» eletto dalla Camera. Almeno la Regina Beatrice non dovrà sorbirsi le infinite consultazioni con partiti e partitini e le intemperanze di Wilders.

L’eccentrico Geert ha spostato il tiro dell’ultradestra dall’immigrazione all’euro. Vuole tornare al fiorino e non sganciarne più uno per quelli che chiama i «garlic countries», i Paesi dell’aglio. Però è lui, il pericolo pubblico numero uno dell’euro, il vero sconfitto. Due anni fa era una minaccia; adesso è solo un disturbo. Ma almeno ha fatto un po’ di spettacolo: all’ultimo dibattito tivù, martedì sera, ha accusato Rutte di avere «la lungimiranza di uno struzzo, la spina dorsale di una cozza e la credibilità di Pinocchio». Gli olandesi, che non hanno mai sentito La Russa, sono rimasti colpiti. Quanto al rosso antico Roemer, detto «teddy bear» oppure «Fozzie», come l’orso del «Muppet Show» (in effetti è uguale) fino a due settimane dal voto volava nei sondaggi. Poi è atterrato.

Adesso bisogna pensare a governare. La situazione economica forse non è grave, ma seria certamente sì. Sono in ribasso anche i Paesi Bassi. Se la tripla A regge, nessuno parla più di «Gidsland», Paese-modello. Quest’anno, il Pil dovrebbe contrarsi dello 0,5% e il deficit è al 3,6%. La disoccupazione, al 6%: meno che in Europa, ma più di quanto gli olandesi siano abituati a sopportare.

Il leggendario Stato sociale vacilla. A Rotterdam i senza lavoro sono il 12% e la città, che pure è governata dai socialisti, ha deciso di «non finanziare più l’ozio» (testuale: nei momenti di crisi riciccia il vecchio calvinismo). Così, se vuoi il sussidio devi seguire un programma di aggiornamento che prevede otto ore di lavoro gratuito alla settimana. Chi non si presenta la prima volta, perde il 30% dell’indennità; chi non si presenta mai, la perde tutta. Pare che funzioni.

Però nessuno crede che la risposta alla crisi sia la politica. La proporzionale perfetta genera ingovernabilità: sono le quinte elezioni politiche in dieci anni e corre perfino il Partito degli animali, con una mucca nel simbolo. Fino all’ultimo, gli indecisi sono stati moltissimi. Infatti era cliccatissimo il sito (www.stemwijzer.nl) dove il computer ti fa 30 domande su tutto, da se si devono chiudere le moschee a che cosa pensi dei limiti di velocità, e poi ti dice per chi devi votare.

Ad Amsterdam, le elezioni ci sono ma non si vedono. Il Comune ha vietato i manifesti e concesso solo spazi ridottissimi, dove le foto dei leader sembrano quelle dell’album Panini. I seggi sono invisibili, senza polizia né soldati né code. Il più bizzarro? Il 4 di Amsterdam, una sala dell’Esercito della Salvezza nel cuore del quartiere a luci rosse, peraltro in ribasso anch’esso perché le autorità hanno deciso di fargli la guerra. A sinistra, una ragazza (bella) in vetrina; a destra, una ragazza (brutta) sempre in vetrina; in mezzo, la vetrina della Democrazia. Forse è un simbolo.

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