Condividere la violenza islamica, condannarla da islamofobi o essere vigliaccamente eurarabi
Aziz Osmanoglu : " L'uomo ha bisogno del sesso, e se sua moglie non vuole farlo, come ultima opzione per convincerla, l'uomo può picchiarla ".
Cari amici,
confessiamolo, noi siamo tutti un po' islamofobi. Nel senso che abbiamo paura dell'Islam, sentiamo di essere in mezzo a ciò che un grande arabista come Bernard Lewis chiama la terza spinta o se volete il terzo grande attacco dell'Islam al mondo Europeo, dopo la grande espansione araba fra il Settimo e il Decimo secolo, che arrivò fino alle porte di Parigi e conquistò la Sicilia e un bel pezzo di Italia meridionale, oltre a tutta la sponda sud del Mediterraneo e quella turca fra il 1400 e il 1650 che si prese tutti i Balcani e il Mar Nero, arrivando ad assediare Vienna due volte. Oggi la spinta è migratoria e demografica, non direttamente militare, ma i dirigenti islamici sono ben consapevoli di che si tratta: ogni tanto qualche predicatore poco esperto nell'arte della dissimulazione e desideroso di popolarità lo ripete a gran voce: dopo il sabato, la domenica, cioè dopo Gerusalemme prenderemo Roma, l'Islam regnerà su tutto il mondo a partire dall'Europa, cose così. E la folle, entusiaste, applaudono.
Abbiamo paura, dunque, abbiamo ragione di averla, ma abbiamo anche torto. Perché l'Islam può essere comodo, comodissimo. Immaginate qualcuno che predichi il furto e la violenza, o meglio, il furto attraverso la violenza, che predichi la libertà di prendersi con la forza fisica quel che non vi appartiene. Aggiungeteci anche che quel che non vi appartiene sia una persona, dunque che con la violenza venga predicato l'asservimento e lo stupro. In tutte le legislazioni c'è la previsione di un crimine che si chiama apologia di reato, che in certi casi può arrivare fino al concorso nel reato stesso. Se io vi incito a rapinare le banche o a uccidere i mendicanti (o i preti, o i rom, o gli ebrei, parlo senza distinzioni di cose che sono accadute), è evidente che commetto un reato. E senza dubbio è un reato invitare i mariti a picchiare le mogli che rifiutano di fare sesso con loro. Si chiama stupro familiare, è un reato purtroppo abbastanza diffuso anche da noi, ma nel mondo islamico non è un reato, è un diritto (del marito, naturalmente). Un "diritto" che può far comodo a qualche maschio particolarmente primitivo e poco attraente, ma la nostra società non può e non deve accettare, perché fa violenza a una categoria di persone, le donne.
E in effetti la violenza domestica in Europa è un reato per tutti, anche per gli islamici. Ma che dire dell'apologia di questo "diritto"/reato? E' di questo che vi volevo parlare. Una sentenza di un giudice svizzero ha appena stabilito che esaltare il "diritto" dei mariti di picchiare le donne per avere sesso, predicarlo da un pulpito religioso, come ha fatto alla televisione il leader islamico di Basilea, tale Aziz Osmanoglu, non è reato. (http://www.bivouac-id.com/billets/suisse-les-imams-ont-le-droit-de-conseiller-de-battre-les-femmes-quand-on-a-besoin-de-sexe/). La ragione? La solita: bisogna rispettare le differenze, non sempre quel che uno dice in qualità di leader religioso si applica, comunque bisogna dimostrarlo, insomma non ce la si può prendere con i poveri musulmani se sono diversi da noi, eccetera eccetera.
Be', se siete una di quei mariti brutti e violenti che potrebbero essere tentati da questo tipo di approccio, potete essere contenti e avere simpatia per l'Islam anche per questa ragione. Se non lo siete, potete aver paura e fare apertamente gli islamofobi, come noi. Oppure, sempre per paura, potete fare gli eurarabi, come molti, come forse anche quel giudice. Fate voi.
Ugo Volli