Su DOMENICA, il supplemento culturale del SOLE24ORE, oggi, 09/09/2012, a pag.38, con il titolo "Rosenberg in fuga dai nazisti", Anne Sinclair, nipote di Paul Rosenberg, uno dei più grandi galleristi del '900, introduce il libro che ha scritto, nel quale racconta la vita del nonno. Anne Sinclair è la moglie (non ex, come scrive il Sole) di Dominique Strauss-Kahn.
Ecco l'articolo
La facciata storica della Galleria Rosenberg, Anne Sinclair, la copertina dell'edizione francese
Mio nonno Paul Rosenberg aveva rifiutato il nazismo con tutto il suo essere fin dall'inizio. Aveva assunto un ruolo attivo contro la vendita, da parte del governo tedesco, dell'arte «degenerata». Nelle sue vesti di presidente del Syndicat des Négociants en Objets d'Art (Sindacato dei commercianti di oggetti d'arte), intervenne presso i mercanti europei per convincerli a boicottare quelle vendite.
Furono pochi coloro che si astennero dall'acquistare i dipinti spesso eccezionali che venivano così gettati sul mercato facendo sognare gli appassionati d'arte. Paul Rosenberg fu uno di quei pochi. «Neanche un soldo al Reich tedesco», fu la parola d'ordine di uno sparuto gruppo che si lasciò portar via sotto gli occhi capolavori acquistati da mercanti meno scrupolosi. I tedeschi non lo dimenticarono e inserirono Paul nella lista nera.
Il nonno aveva un po' anticipato gli eventi mettendo al riparo un certo numero di opere a Londra e a New York, o prestandone altre ai musei americani, in particolare al MoMA per la prima grande retrospettiva di Picasso, che Paul stesso aveva messo a punto lavorando per mesi con l'amico Alfred Barr. Probabilmente è per questo che, nell'agosto del 1939, scrivendo da Évian a Picasso, Paul menziona «i cupi eventi» più come una fatalità che come una catastrofe imminente.
Il 3 settembre 1939, giorno della dichiarazione di guerra, Paul Rosenberg è con la famiglia in Turenna, a Cinq-Mars-la-Pile. Chiude la galleria di Parigi e, per timore dei bombardamenti, trasporta a Tours alcuni dei suoi quadri che deposita sotto il nome del suo autista, Louis Le Gall. Saranno i primi a essere recuperati dopo la guerra, perché né i nazisti né le autorità francesi erano al corrente di questo nascondiglio.
L'intera famiglia parte poi per Bordeaux. Il 7 febbraio 1940 prende in affitto una casa – «le Castel» – nel comune di Floirac La Souys, cinque chilometri a est di Bordeaux. .... I Rosenberg resteranno a le Castel fino al giugno 1940, quando decideranno d'urgenza di lasciare la Francia. Pur rendendosi conto della situazione (ma forse fidando comunque nella linea Maginot), il nonno farà trasportare qui decine di quadri. Per non separarsene – il che era ogni volta uno strazio – ma anche perché pensava che fossero al sicuro lontano da Parigi. Li chiuderà in una camera blindata presa in affitto a Libourne, presso la banca Bnci, diventata la Bnp con la nazionalizzazione del dopoguerra. Vi saranno depositati centosessantadue quadri; fra cui un autoritratto di Van Gogh e opere di Cézanne, Delacroix, Léger, Matisse, Sisley, Picasso, Vuillard, Utrillo, Corot, Monet e Braque. Saranno tutti portati via il 5 settembre 1941, quando i nazisti si faranno aprire la camera blindata numero 7. Le opere verranno spedite al Jeu de Paume. A Goering non resterà altro che impadronirsene.
I Rosenberg trascorrono l'inverno e la primavera del 1940 a Floirac. Il tempo sembra sospeso. Braque viene a trovarli. Inquieto e infelice per lo scoppio delle ostilità, fatica a mettersi davanti al cavalletto. Nell'ottobre del 1939 scrive a Paul Rosenberg: «Ho messo mano a qualche tela, ma i terribili eventi di questi giorni hanno bloccato tutto. Ormai è un mese che non dipingo. Scolpisco, e mi piace molto. È un lavoro da atleta perché porto su dalla spiaggia pietre che a volte pesano più di venti chili».
Quando le truppe del Reich arrivano a Dieppe, a dieci chilometri dalla sua proprietà di Varengeville, Braque arraffa le sue tele più belle e, insieme alla moglie Marcelle, va a cercare un riparo molto provvisorio dai Rosenberg, a Floirac. La coppia porta con sé anche il poco oro che possiede. Su consiglio del nonno, Braque deposita il tutto in una cella blindata vicino alla sua nella stessa banca di Libourne. Ovviamente, la serratura verrà forzata e il contenuto rubato dai tedeschi nello stesso momento in cui verranno sottratti i quadri di Paul. Nel 1942 Braque riceverà dalla Bnci una lettera quasi comica relativa alla serratura scassinata dai nazisti, che aveva dovuto essere sostituita dalla banca: «Le saremmo molto grati se volesse rimborsarci la spesa da noi sostenuta, ossia 1.000 franchi per costi tecnici e 200 franchi per il disagio arrecatoci»!
Matisse, dal canto suo, ha preso casa a Nizza. Il 16 luglio 1939 Matisse e Paul Rosenberg hanno rinnovato il contratto che li legava dal 1936, precisando che in caso di conflitto sarebbe decaduto. Il 10 ottobre Matisse propone a Paul un terzo contratto, un «contratto di guerra» che verrà firmato il 30 dello stesso mese. «Data l'incertezza del mercato, un contratto di un anno mi sembra ragionevole ...». ... Il rinnovo di questo contratto di esclusività testimonia che c'era in entrambi, malgrado tutto, una certa fiducia nei tempi futuri.
A molti sfuggiva la gravità del momento. Nell'aprile del 1940 l'Art Institute di Chicago aveva previsto per Paul Rosenberg una tournée in America, con una tappa speciale a Chicago, per tenere delle conferenze sulla pittura francese del XIX e XX secolo, che avrebbe illustrato con i suoi quadri. Quello stesso anno, durante la drôle de guerre, Paul si recò persino a Nizza per visitare Matisse nel suo studio e tornò indietro in treno con delle tele sottobraccio. Palesemente entusiasta della visita, appena rientrato gli scrisse. La cosa che gli premeva, è chiaro, era disporre nel modo più efficace le tele dell'amico, piuttosto che precipitarsi a salutare i suoi dopo quell'assenza: «Vi ho trovato magnificamente bene ... ho visto le vostre nuove opere che, più ci penso, sono della vena migliore e del miglior Matisse. ... Quelle che ho portato qui sono state sistemate fin dal mio arrivo a le Castel sulle pareti del salone. Dopo averle di nuovo contemplate, sono andato a salutare la famiglia. Ero molto stanco dopo un viaggio di diciotto ore, ma la vista delle vostre tele mi ha rinvigorito .... Sono molto lusingato e onorato di godere della vostra stima e fiducia .... La prossima settimana andrò a Parigi e riaprirò la galleria esponendo cinque nuovi Matisse, cinque Braque, cinque Picasso: che splendida riapertura!».
Paul non tornò a Parigi. La lettera è datata 4 aprile 1940. L'avanzata tedesca nelle Ardenne stava per cominciare. ... Alla maggior parte delle famiglie francesi non si poneva il problema se lasciare o meno la Francia, ma alcune, ebree in aggiunta, che si sapevano ricercate dai tedeschi e si trovavano vicino alla frontiera, erano davanti a un'alternativa: scegliere l'esilio o continuare come prima? Preoccupati da Vichy, o pensando che non fosse lontano il tempo in cui sarebbero diventati indesiderabili, un certo numero di francesi, ma anche di stranieri residenti in Francia, si risolsero a fuggire. Jacques Helft, il cognato del nonno, perora con energia l'idea di lasciare la Francia per il Portogallo, passando per la Spagna. La nonna è molto reticente. Paul è dibattuto. ... Il problema dei passaporti era il primo da risolvere. Ne servivano diciassette perché la famiglia Rosenberg al completo – genitori, nonni, figli, fratelli, sorelle e nipoti – potesse lasciare la Francia. Il segretario di Albert Lebrun, presidente di una Repubblica spogliata dei suoi poteri e del suo territorio, era però ancora autorizzato a timbrare e convalidare passaporti. Cosa che venne fatta. Quanto al console del Portogallo, rilasciava coraggiosamente visti, contro la volontà di Salazar. Secondo problema: il passaggio per la Spagna. Ai rifugiati che si affollano alla sua frontiera Franco accorda sì il diritto di attraversare il Paese, ma non quello di trattenersi sul territorio spagnolo.
Paul e i suoi cognati riusciranno infine a contrattare l'attraversamento della Spagna in tre giorni e tre notti. Il 16 giugno tutti sono pronti per la partenza e si ammassano nelle auto. Tre chilometri prima di Hendaye, dove si trova la frontiera, i controlli sono molto severi e le vetture formano file interminabili. Si mangiano petits-beurre, si aprono scatole di sardine e si dorme in macchina. Irun, Burgos, Salamanca, l'attraversamento della Spagna richiede in effetti tre giorni. ... Più tardi Paul racconterà a un giornale americano che, dopo l'arrivo in Portogallo come rifugiato, si era rivolto al British Relief Office (Fondo di soccorso britannico) che gli aveva dato un uovo sodo e un pezzo di pane: «Immaginate un uomo che aveva tutto nella vita ..., e che la settimana dopo aveva perso lavoro, casa, patrimonio, amici. Ero seduto su un muretto di pietra con un uovo sodo e del pane e non sono riuscito a trattenermi dal ridere».
Per potersi imbarcare occorrerà, come scrive Emmanuelle Loyer, avere dei legami negli Stati Uniti, disporre del denaro per pagare «il prezzo del biglietto della nave ... godere di una certa notorietà, ... avere amici o colleghi americani dinamici, molta energia e un po' di fortuna», senza contare che gli americani pretendevano dai rifugiati la garanzia che sarebbero stati in grado di guadagnarsi la vita negli Stati Uniti: elementi che, per un verso o per l'altro, rendevano la partenza impossibile a molti».
In agosto la situazione si sbloccò grazie al vecchio amico Alfred Barr. Il conservatore del MoMA dovette battagliare per far capire ai suoi connazionali – che di Paul Rosenberg sapevano poco o niente – quanto per gli Stati Uniti sarebbe stato vantaggioso, sul piano artistico, accogliere Paul. Ma alla fine li convinse. I Rosenberg ottennero quindi quei preziosi visti: il 20 settembre 1940 Paul e la sua famiglia sbarcavano a New York.
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