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Il Manifesto Rassegna Stampa
09.09.2012 Michele Giorgio miracolato !
Scrive sul Medio Evo palestinese senza attibuire colpe a Israele ! Non è un miracolo ?

Testata: Il Manifesto
Data: 09 settembre 2012
Pagina: 6
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «I diritti delle donne palestinesi, manifestazioni in Cisgiordania»

Da non crederci ! E' la prima volta che Michele Giorgio attribuisce ai palestinesi la responsabilità di quanto avviene nei loro territori senza tirare in ballo Israele. Non è un miracolo ? E' vero che gli sarebbe stato difficile, ma le acrobazie alle quali Giorgio ci ha abituato potevano farlo temere. E invece.. per avere informazioni di prima mano sul Medio Evo palestinese ci tocca cercarle sul MANIFESTO. Nell'edizione di oggi, 09/09/2012, a pag. 6, con il titolo (un po' fiacco, ma non si può mica pretendere che sia appropriato anche il titolo) " I diritti delle donne palestinesi, manifestazioni in Cisgiordania" (bello quel 'manifestazioni', così, tutto solo).
Chissà se le donne che leggono il giornale comunista, avranno un fremito di indignazione, nel vedere in quale inferno vivono le donne palestinesi. Ma quando vanno in pellegrinaggio, non si accorgono di nulla ? con chi parlano ? Sono cieche come gli intellettuali che andavano in Urss negli anni '30 e tornavano incensando il 'paradiso dei lavoratori' ?  Che pena, per non dire di peggio.
Ecco il pezzo di Giorgio, al quale rivolgiamo l'augurio di continuare ad informarci come sta facendo da qualche giorno. Nel totale silenzio dei giornaloni, che hanno troppo timore di offendere Abu Mazen, è la vecchia storia di Arafat che si ripete.

La prossima volta, non sarà il caso di cambiare la scritta ?
Sempre che arrivi il risveglio delle' compagne femministe e lesbiche'

Le proteste contro l’aumento dei prezzi e la disoccupazione continuano a infiammare la Cisgiordania e ieri a Ramallah il premier dell’Anp Salam Fayyad ha subito una contestazione durissima tanto da doversi allontanare, con la scorta della polizia, dall’edificio dove si trovava assediato dai manifestanti. Le strade della Cisgiordania nelle scorse settimane avevano visto anche tante manifestazioni di donne e uomini contro l’impennata del numero delle uccisioni di donne tra le pareti domestiche e dei «delitti d’onore» commessi da mariti, padri e fratelli. Una forte iniziativa della società civile palestinese è scattata dopo l’omicidio avvenuto a fine luglio, in pieno centro a Betlemme, della 27enne Nancy Zaboun, madre di tre bimbi, sgozzata dopo aver chiesto il divorzio dal marito che da anni la picchiava brutalmente. Le autorità palestinesi sono sotto accusa perché continuano amostrarsi clementi verso gli uomini accusati di violenze e assassinii per «motivi d’onore». A ben poco è servito l’emendamento voluto lo scorso anno dal presidente dell’Anp Abu Mazen al codice penale che ha innalzato le pene previste per chi commette questi crimini. La legge infatti continua a prevedere forti attenuanti per l’omicidio di donne compiuto in stato d’ira. La morte di Nancy poteva e doveva essere evitata. La donna dopo essere stata ripetutamente picchiata dal marito, Shady Abdallah, un ex agente di polizia, aveva chiesto aiuto e protezione alle autorità, senza ottenere alcun risultato. Aveva perciò deciso di lasciare il marito e a fine luglio la sua richiesta di divorzio era stata finalmente presa in esame. La soddisfazione per il risultato raggiunto è durata meno di 24 ore. Il giorno successivo il marito l’ha affrontata in una via affollata non lontana dalla Chiesa della Natività e l’ha sgozzata davanti a decine di passanti. Abdallah ora è in carcere in attesa di giudizio. Conserva la speranza, molto concreta, di tornare presto a casa, grazie a un accordo di conciliazione e risarcimento economico fra la sua famiglia e quella della moglie in nome «del bene dei tre orfani». Una conclusione che ha generato un’ondata di sdegno a Betlemme Betlemme e in altre città della Cisgiordania dove gruppi di donne hanno organizzato manifestazioni, e sit in, in particolare a Ramallah, di fronte al Palazzo di Giustizia, che hanno visto la partecipazione anche di tanti uomini. Soprattutto hanno chiesto al presidente dell’Anp Abu Mazen di nominare una commissione di inchiesta di fronte all’aumento dei delitti: dall’inizio dell’anno 12 donne sono state uccise nei Territori occupati dai mariti o da parenti maschi (11 in totale lo scorso anno), ha riferito Farid al Atrash della Palestinian Independent Commission for Human Rights. Ma le autorità dell’Anp in Cisgiordania e di Hamas a Gaza continuano a non fare nulla di concreto per fermare questo bagno di sangue. A denunciarlo è lo stesso ministro per la donna, Rabiha Diab. «Questi assassinii ci fanno tornare ogni volta al punto di partenza, le leggi non cambiano e i responsabili di questi delitti riescono sempre a cavarsela con poco», ha commentato Diab con amarezza. Un piccolo passo in avanti invece le donne palestinesi potrebbero farlo con l’annunciata riforma della legge che regolamenta il divorzio nei territori cisgiordani sotto il controllo dell’Anp. Sinora, mentre l’uomo può dichiarare il divorzio unilateralmente senza doversi rivolgere a un tribunale, la donna può solo intentare il divorzio consensuale o deve dimostrare «seri motivi» per la separazione. E la sua richiesta raramente viene accolta. Da anni varie organizzazioni palestinesi per i diritti delle donne chiedevano un cambiamento. Ora i vertici islamici che fanno capo all’Anp annunciano che la riforma non prevederà più l’obbligo di addurre prove concrete e istituirà un massimo di tre mesi per lo svolgimento del processo che dovrà stabilire se il matrimonio «è nocivo alla coppia». È solo un piccolo passo, perché le donne rimarranno largamente in svantaggio riguardo la custodia dei figli. Lo Statuto dell’Anp continua a prevedere che la custodia venga affidata alla madre solo fino alla pubertà, per poi passare al padre. In caso di nuovo matrimonio, la madre divorziata perde automaticamente l’affidamento. Il Women’s Centre for Legal Aid and Couselling (Wclac) di Ramallah evidenzia anche altri problemi legati alla legge di famiglia che non saranno superati dalla riforma annunciata. «Vogliamoil divieto di matrimonio per minorenni – ha scritto in un comunicato il Wclac – chiediamo lo stesso numero di testimoni per uomo e donna al momento della stipulazione del contratto di matrimonio, eguali condizioni per la richiesta di divorzio, l’affidamento in base all’interesse del figlio e restrizioni radicali della poligamia, senza dimenticare la questione della comunione di beni».

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