Sul FOGLIO di oggi, 08/09/2012, a pag.3, con il titolo " Con Assad fino alla fine o no ? I leader di Teheran si spaccano " la nota di politica estera a firma Foggy Bottom su Assad,Teheran,Arabia Saudita.
Ecco l'articolo
Due idee contrapposte
A Foggy Bottom sono arrivate in questi giorni notizie sempre più precise sui rapporti fra l’Iran e la Siria. Teheran e i suoi principali alleati nell’area, gli Hezbollah libanesi, guardano con estrema preoccupazione a quel che sta accadendo. L’intelligence occidentale sa che, al di là delle numerose dichiarazioni ufficiali dei leader iraniani e degli atti concreti di cui si ha notizia, ai vertici del regime iraniano si è aperta una discussione su come rapportarsi alla questione siriana, viste le gravi difficoltà in cui si trova Bashar el Assad. All’interno del potentissimo Consiglio supremo per la sicurezza nazionale, l’organo che consiglia la Guida suprema Ali Khamenei, si stanno scontrando – come risulta a Foggy Bottom – due linee. La prima fa capo a Said Jalili, il presidente del Consiglio supremo che suggerisce a Khamenei di ridurre durre il sostegno al regime di Assad e di preparare il terreno e le alleanze in vista della caduta del rais. Secondo Jalili, il presidente siriano ha pochissime possibilità di sopravvivere. Occorre perciò prepararsi e non farsi sorprendere. Difendere Assad fino alla fine
Dall’altro lato vi è però la linea dura filo Assad, sostenuta da Hossein Taeb, membro delle Guardie rivoluzionarie. Taeb, un vero falco, spietato nelle sue analisi tattiche e strategiche, sostiene che occorra stare sempre di più al fianco di Damasco “aumentando le operazioni coperte, come l’aiuto economico e militare”. Queste parole non sono piaciute a Said Jalili, che in privato continua a insistere sulla necessità di cercare strade alternative, consigliando di trovare canali coperti con “elementi amichevoli” in Siria. Con Jalili è schierato il ministro degli Esteri, Akbar Salehi. Sul tavolo del Consiglio supremo c’è un’analisi rinalisi preparata dal ministro dell’Intelligence, Heydar Moslehi, che, di fatto, sostiene le tesi pessimiste. Secondo Moslehi, la rivoluzione siriana ha forti motivazioni e notevole sostegno fra la popolazione, mentre il morale delle truppe lealiste è basso, soprattutto fra soldati e ufficiali sunniti, molti dei quali hanno già disertato. Messo davanti a tali argomentazioni, Taeb ha insistito sulla necessità di aumentare l’invio di armi, in particolare munizioni per l’artiglieria e armi leggere, oltre alla fornitura di dati di intelligence e di uomini. Nelle riunioni riservate è stato detto inoltre che uomini di Hezbollah hanno conquistato postazioni molto sensibili in Siria, occupando zone dove le forze di Assad erano in difficoltà, soprattutto nella difesa delle aree abitate dalla minoranza filogovernativa degli alawiti. Inoltre, il ministro degli Esteri Salehi ha rivelato che il presidente Mahmoud Ahmadinejad, sin dall’estate del 2011 aveva avviato contatti con forze siriane contrarie ad Assad ma non avverse all’Iran.
L’incubo saudita
A tutte le discussioni ha assistito Ali Akbar Velayati, consigliere per la politica internazionale della Guida suprema. Velayati ritiene che il peggior pericolo è rappresentato dall’eventualità che il crollo di Assad porti a un regime sunnita alleato dei sauditi, con il conseguente indebolimento dell’Iran in Libano e nella regione. Velayati ha quindi consigliato di assistere Damasco, ma di prepararsi anche al peggio. Teheran teme che il vuoto post caduta del regime alawita degli Assad sia riempito non solo dall’Arabia Saudita ma anche dalla Turchia e dagli Stati Uniti, nonostante le difficoltà attuali tra gli alleati. La diversità di vedute sulla Siria rispecchia quella fra il presidente Ahmadinejad e la Guida suprema Khamenei, uno più colomba e l’altro più falco.
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