Sul FOGLIO di oggi, 08/09/2012, a pag.1, una brillante analisi di come funzionano quelle che un tempo in Urss venivano chiamate le 'purghe'. Oggi, nell'era occidentale del politicamente corretto, i 'vigliacchi islamofili', come li definisce Gabriel Matzneff, cercano di impedire che si parli chiaro sul destino dell'Europa, ovvero di Eurabia, come l'aveva chiamata con intelligenza profetica Bat Ye'or.
Ecco i due articoli:
" La fatwa letteraria contro Millet "
Richard Millet
Roma. Richard Millet ha promesso di rispondere agli attacchi ricevuti nelle ultime settimane con un piccolo pamphlet, sempre per le edizioni di Pierre-Guillaume de Roux, dal titolo pascaliano: “Pourquoi me tuez-vous?”. Perché mi uccidete? Lui è il “pamphlétaire” più discusso di Francia, a cui ieri il Monde dava perfino del “raciste”. In coda al suo nuovo libro, “Langue fantôme”, Millet aveva decifrato il massacro compiuto un anno fa nell’isola norvegese di Utoya come un sintomo del suicidio e dell’angoscia dell’occidente, attaccando la “disperazione europea” di fronte al “nichilismo multiculturale”, alla “perdita di identità”, alla “islamizzazione”, alla “denatalità” e alla “irénique fraternité”. Da settimane un nutrito coro di intellettuali e scrittori di fama chiede alla maison che ha dominato la letteratura del XX secolo, Gallimard, dove da anni lavora Millet, di cacciare l’editor e scrittore, vincitore fra l’altro di un premio dell’Académie française. Come può la casa editrice di Marcel Proust e André Gide, Milan Kundera e Georges Simenon, Albert Camus e Jean Genet continuare a far selezionare i propri libri da un simile “islamophobe”? Millet si difende così: “Non vedo perché dovrei andarmene. Ho scritto questo libro in quanto scrittore e non come editor. Sono stupito da questo fiume d’odio che mi sommerge”. Quanto agli autori che lo hanno attaccato, Millet li definisce “cani da guardia”. Il caso Millet si è così trasformato nel principale banco di prova della libertà d’espressione in Francia. Per adesso Antoine Gallimard, a capo della celebre casa editrice, conferma la propria fiducia a Millet. Secondo il presidente, il libello di Millet appartiene alla sfera della libertà di espressione e non incide sul lungo e proficuo rapporto di lavoro con la casa editrice. “E’ sempre stato un editor di qualità e attento”, ha detto Gallimard. “Con noi non ha mai avuto cedimenti di alcun tipo”, ha scandito l’editore. Numerosi autori della maison letteraria, da Tahar Ben Jelloun a Annie Ernaux, continuano a chiedere da giorni l’estromissione dell’editor. Le Nouvel Observateur vorrebbe veder bandito il suo “livre abject”, libello immondo. Millet è anche noto come la “fabbrica dei Goncourt”, dopo aver lavorato con alcuni degli autori che hanno vinto il massimo premio letterario francese, Jonathan Littell e Alexis Jenni. Proprio i due autori si sono schierati contro Millet. Littell, l’autore del bestseller “Le Benevole”, ha rinunciato a lavorare con l’autore “a causa delle sue idee politiche”. Jenni, che ha ricevuto il Goncourt l’anno scorso, lo ha paragonato a Louis- Ferdinand Céline: “Anche con lui siamo di fronte a una incoerenza tra l’opera letteraria e gli articoli antisemiti”. Sulla rivista Règle du Jeu, il faro della classe intellettuale francese, anche Bernard-Henri Lévi chiede a Gallimard di far fuori Millet, che chiama “piccolo bianco razzista” e “falangista”. “Antoine Gallimard, erede della casa editrice di Proust, pensava di chiudere il caso citando la ‘libertà d’espressione’”, ha scritto BHL. “Non è chiaro come possano gli eredi di Sartre e Malraux continuare a essere editati da un uomo simile. Questo è solo l’inizio”. Anche il premio Nobel per la letteratura del 2008, J. M. G. Le Clézio, chiede la messa al bando di Millet, che definisce “disgustoso”, “razzista” e “xenofobo”. Un’altra delle firme di punta di Gallimard, Annie Ernaux, si associa al coro per l’espulsione di Millet, definendolo “politicamente pericoloso”. Il suo collega, Jean-Marie Laclavetine, aggiunge che “non è la prima volta che Millet pubblica cose inaccettabili”, mentre Laure Adler, celebre biografa per la casa editrice, incalza: “Gallimard dovrà prendere una decisione”. Su Libération è intervenuto anche Sylvain Bourmeau: “Mi domando come possa Gallimard continuare a pubblicarlo”. “E’ una caccia alle streghe” Tuttavia non mancano le firme a difesa del celebre scrittore. Bruno de Cessole, noto giornalista del Figaro, critico letterario e direttore della Revue des Deux Mondes, si schiera a difesa di Millet, dicendo che si tratta di una “caccia alle streghe” contro uno dei pochi autori di Francia “colpevole di aver violato i tabù sull’immigrazione, il razzismo e l’identità europea”. Millet, scrive De Cessole, è vittima di una “fatwa letteraria”. “Non è senza disgusto che abbiamo letto petizioni di colleghi, che di solito sono difensori della libertà d’espressione, perché caccino lo scrittore da Gallimard. Millet è diventato la pecora nera da sacrificare sull’altare della buona coscienza”. Durissimo anche lo scrittore e giornalista Denis Tillinac, che parla di “petainismo soft”, di “bigotti del nuovo ordine morale”, di “farisei che non ammettono che qualcuno possa sfuggire al manicheismo progressista” e di “Torquemada della sinistra”. Al caso Millet dedica una copertina il magazine Valeurs Actuelles, con la foto dell’autore e un titolo sui “linciati”. Si ricorda che prima di Millet molti altri scrittori e intellettuali sono passati dallo stesso tritacarne dell’antirazzismo militante, come Michel Houellebecq, Alain Finkielkraut ed Eric Zemmour. Così recita l’editoriale sul caso Millet: “A Mosca veniva chiamata purga”.
" Il tradimento dei chierici bolliti "
Gabriel Matzneff
Gabriel Matzneff è uno scrittore libertino e libertario e difende a spada tratta Richard Millet, il saggista membro del comitato editoriale di Gallimard accusato dai media di razzismo e di apologia del crimine. Anche lui, come Antoine Gallimard, il gran capo della prestigiosa casa editrice francese, è convinto che una cosa sia la libertà delle idee, altra cosa la persecuzione ideologica. “L’argomento principale di Millet nel suo ‘Eloge littéraire d’Anders Breivik’ (pubblicato da Pierre-Guillaume de Roux) è che la tragica vicenda di Breivik, condannato ora a 21 anni di carcere, rappresenti la premessa di quanto sta per succedere in tutta Europa. L’Europa islamizzata”. Millet è accusato quasi di compiacersene. “Millet non se ne compiace affatto. E’ un romanziere, un saggista, un tipo rigoroso e non fa altro che prevedere il futuro al quale andiamo incontro, segnato da una guerra civile con i nuovi cittadini musulmani portatori d’una tradizione estranea alla civiltà classica europea. Il suo è uno sguardo pessimista, come quello di Oriana Fallaci”. Matzneff racconta che l’editore di Millet è una figura atipica nel panorama intellettuale italiano, figlio di Dominique de Roux, altro grande scrittore della destra in odore di razzismo: “Pierre-Guillaume sognava sin da bambino di avere una sua casa editrice e adesso ha realizzato il suo sogno con un saggio su Breivik, il barbuto pazzo norvegese, perfetto pendant al pazzo barbuto qaidista”. Dal putiferio scoppiato a sinistra ci sta guadagnando molto in termini di vendite. “Certo, ma il punto vero è un altro. L’elogio di Breivik è il classico testo di un intellettuale di destra, di una destra un po’ dura, islamofobica, che ha paura del Corano e di tutti gli immigrati di origine araba con la pelle scura e di fede maomettana. E’ un saggio sulla falsariga di quelli della Fallaci, che, sia detto per inciso, è stata oggetto di una recente querela da parte di un’associazione antirazzista che ha portato le Editions du Rocher in tribunale, anche se poi, per fortuna, il giudice ha assolto l’editore e dunque il libro della Fallaci”. Vuol dire che Millet non sostiene nulla di nuovo? “Niente di nuovo, niente di speciale, anche se alcuni miei eminenti colleghi un po’ sciacalli, come Annie Ernaux, che ha ‘peté les plombs’ come si dice qui (è scoppiata) e Tahar Ben Jelloun, che invece è mosso solo da arrivismo e compiacenza, hanno colto la palla al balzo per chiedere ad Antoine Gallimard la testa del reprobo, e minacciare l’abbandono della casa editrice in caso contrario”. Una cosa inaudita, per gli intellettuali della rive gauche abituati a difendere a spada tratta gli assassini, i criminali rei confessi, ma inclementi verso un rude scrittore anti islamico. “Una stronzata megagalattica”, corregge Matzneff. “Per fortuna, Antoine che è un tipo coraggioso e un uomo onesto ha risposto picche. Pur essendo infastidito da un piccolo scandalo che sta oscurando i nuovi romanzi della rentrée, Antoine ha fatto quadrato intorno al suo impiegato. Così la polemica ora si sta sgonfiando”. Ma alla fine la morale della storia qual è? “Che di islamismo si può parlare solo in positivo. Oggi nessuno parla più della Quaresima cristiana, nessuno sa che la Quaresima continua a essere celebrata dai cattolici. Invece in tv e sulle prime pagine dei giornali si parla solo dell’inizio del Ramadan. E’ un’altra forma di vigliaccheria dell’intellighenzia francese, sempre in ginocchio di fronte alla moda, e di fronte al prossimo vincitore della battaglia che è sotto i nostri occhi. Tra cinquant’anni, infatti, tutti sanno che le nostre chiese saranno diventate un museo o una moschea. Non c’è scampo. Quando un dio muore ne sorge sempre uno nuovo, alla faccia di Voltaire e dell’iluminismo. Io sono uno scettico, ma nelle masse c’è un bisogno metafisico insopprimibile e in Europa stiamo ancora scontando le consenguenze di quei regimi totalitari che hanno provato a distruggere il cristianesimo. Non dovremmo dimenticarlo troppo alla leggera”.
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