Massimo Fini: Il talebano italiano
Commento di Vitaliano Bacchi
Tutto il mondo, in questi giorni, ha denunciato con orrore e sdegno l'agghiacciante decapitazione da parte dei talebani di diciassette persone, seguita a breve dal barbaro assassinio di altri due minori.
Tutto il mondo ha guardato per l'ennesima volta al tragico destino dell'Afghanistan, luogo di dominio e trionfo della cultura e dell'ideologia integralista dei talebani, un presagio macabro di cosa potrebbe accadere in ogni altro posto del mondo se non esistesse la presenza e la forza di stati come l'America e i suoi alleati, capaci di controllare militarmente un paese altrimenti destinato a diventare la base di preparazione lancio di ogni massacro terroristico nel mondo.
Paesi come Israele, baluardo della civiltà occidentale e deterrente di ogni integralismo barbaro.
Non mancano tuttavia eccezioni: nella edizione di sabato 1 settembre del “Fatto quotidiano” scrive Massimo Fini, che la notizia dei massacri talebani era solo:
“l'ennesima operazione di disinformazione occidentale, per cui qualsiasi misfatto accada in Afghanistan è sempre colpa dei talebani, il che serve per giustificare una presenza militare che non ha mai avuto ragione d'essere e per dire quale disastro abbiamo combinato in quel paese con la pretesa di aiutarlo a trovare la via della civiltà (la nostra). Non solo lo abbiamo distrutto economicamente socialmente moralmente, non solo abbiamo contribuito a portare la produzione dell'oppio da zero cui l'aveva ridotta il Mullah Omar al 93% di quella mondiale. Nella loro strepitosa avanzata del 94 e 96 al governo, i talebani di Omar avevano raggiunto questi risultati: avevano cacciato dal paese mafiosi, prepotenti assassini e sfruttatori. Avevano costretto i capi tribali a uniformarsi ad un'unica legge. Insomma avevano unificato l'Afghanistan e ne stavano eliminando la struttura feudale. Con l'occupazione occidentale l'Afghanistan è riprecipitato nel caos e, al ritiro delle truppe straniere, è pronto per una nuova guerra civile fra i talebani indeboliti da undici anni di eroica resistenza agli invasori e l'esercito del fantoccio Karzai”
Il modello eroico, il salvatore dell'Afghanistan è quindi indicato da Massimo Fini, editorialista del Fatto, noto intellettuale anarchico estremista della sinistra anti-israeliana antisionista e da sempre ostile ai liberatori americani, nel Mullah Omar, uno dei terroristi più ricercati del mondo, forse il primo nella lista successiva alla cattura di Bin Laden.
Questi sono i modelli, il Mullah Omar e l'eroica cultura tribale dei talebani, che la sinistra propone e contrappone alla nostra civiltà: avevano costretto i capi tribali ad uniformarsi ad un'unica legge, dunque. Quale legge? Non ha il coraggio di dirlo, Massimo Fini, quale sia la legge dei talebani, e allora lo aiutiamo noi nella memoria, riportando testualmente il titolo di un articolo del Corriere della Sera del 28 febbraio 1998, epoca in cui la Shari’a, la normativa etica e la giustizia talebana costituivano la “legge” di cui parla Fini:
“ La dura legge dei talebani. A Kabul in uno stadio gremito una ragazza è stata frustata per aver fraternizzato con un uomo estraneo alla sua famiglia. E sono state amputate le mani a due uomini condannati per avere rubato circa 900 mila lire.”
Una legge che se entrasse in vigore in Italia, ci trasformerebbe in un paese col tasso più alto di politici sinemanibus. Questi sono gli argomenti e i valori della sinistra italiana alla vigilia della sua postulazione del governo in Italia: è con questo repertorio che pensano di costituire l'alternativa ?