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Il Manifesto Rassegna Stampa
05.09.2012 Delitto Arrigoni: il processo,una squallida farsa
Michele Giorgio si arrampica sugli specchi

Testata: Il Manifesto
Data: 05 settembre 2012
Pagina: 1
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Ancora un rinvio della Corte militare»

Delitto Arrigoni, il processo farsa a Gaza. Ne scrive soltanto il MANIFESTO, in fondo Arrigoni era un loro giornalista, gli altri media stendono un velo omertoso, pur di non scrivere la verità su quel che succede nella Striscia. Michele Giorgio, oggi, 05/09/2012, a pag. 7, con il titolo " Ancora un rinvio della Corte militare " cerca di attenuare i fatti, impresa molto difficile:  un processo farsa, un rapimento giustificato per fare scambio - una bufala per di non dire il motivo vero della esecuzione - i responsabili già trovati nei due eliminati, che non potranno quindi più parlare. Ma la parte più vergognosa la sta recitando la famiglia, uccidendo la vittima una seconda volta.
Accanto a questo pezzo, un articolo dello stesso Giorgio sulla situazione a Gaza, nel quale, ovviamente, attribuisce a Israele la responsabilità delle condizioni di vita nella Striscia. Penoso.
Ecco la cronaca, molto, molto imbarazzata di Michele Giorgio:

Vittorio Arrigoni cadavere

Per ore ieri l’avvocato Gilberto Pagani, giunto a Gaza su incarico della famiglia Arrigoni, e i suoi colleghi del Centro palestinese per i diritti umani, hanno sperato in una marcia indietro dei giudici della cortemilitare. Niente da fare, la decisione è rimasta la stessa e questamattina, ameno di sorprese clamorose, non si svolgerà più l’udienza del processo che vede alla sbarra quattro palestinesi accusati del rapimento e dell’assassinio di Vittorio Arrigoni, nell’aprile 2011. Se ne riparlerà il 17 settembre, secondo quando ha comunicato ieri un funzionario della corte militare di Gaza city. E’ stata una doccia gelata. Oggi si attendeva la sentenza e tanti si preparavano ad affollare la piccola sala che ospita i giudici militari di Hamas.Malo slittamento di date è giunto solo in parte inatteso. Dallo scorso 8 settembre, data della prima udienza , il procedimento ha preso, mese dopo mese, una brutta piega. Diverse udienze sono state aggiornate appena un paio diminuti dopo il loro inizio, per l’assenza dei testimoni convocati dalla difesa o per motivi apparentemente banali. Non c’è mai stato un vero dibattimento. Rare volte abbiamo ascoltato le voci degli imputati. Non è stato un processo irregolare ma tanti punti rimangono oscuri. Non sorprende perciò che sulla sentenza regni una forte incertezza. AGaza circolano voci di una condanna leggera per tre dei quattro imputati, che verrebbero trovati colpevoli di aver partecipato al rapimentomanon all’assassinio dell’attivista italiano (il quarto, accusato di essere un fiancheggiatore, già da alcuni mesi è a piede libero). La corte in sostanza dovrebbe accogliere la tesi illustrata dalla difesa nell’ultima udienza, alla fine di giugno, di un assassinio concepito, all’insaputa degli altri, da Abdel Rahman Breizat e Bilal Omari, i capi della cellula salafita rimasti uccisi in uno scontro a fuoco con la polizia qualche giorno dopo l’uccisione di Vittorio. E’ chiaro il tentativo della difesa di scaricare ogni responsabilità su chi non può più raccontare la sua versione dell’accaduto. Nelle confessioni rese dopo l’arresto, gli imputati avevano ammesso di aver agito sulla base di un piano noto a tutti, allo scopo di scambiare Vittorio Arrigoni con un sceicco salafita detenuto da Hamas (alMaqdisi, scarcerato all’inizio di agosto). Ora negano le loro responsabilità. La verità resta lontana.

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