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La Repubblica Rassegna Stampa
05.09.2012 Jonathan Safran Foer, politicamente super corretto
Lo intervista Antolello Guerrera

Testata: La Repubblica
Data: 05 settembre 2012
Pagina: 15
Autore: Antonello Guerrera
Titolo: «Barack ? Un po' ci ha traditi ma è impossibile non votarlo»

Su REPUBBLICA oggi, 05/09/2012. a pag.15, con il titolo " Barack ? Un po' ci ha traditi ma è impossibile non votarlo", Jonathan Safran Foer, intervistato da Antonello Guerrera, incarna alla perfezione il prototipo dell'ebreo americano di sinistra, giovane-bello-intelligente-scrittore di succeso- tradotto in tutto il mondo, che si sente talmente americano da dimenticare tutto il resto, Israele soprattutto. Ha anche una buona dose di sincerità, quando afferma che "Barack un po' ci ha traditi", soltanto un po', chessaràmai !
Noi ci auguriamo invece che siano in molti a non trarre le sue conclusioni. A meno che Obama non rinsavisca, e sterzi a 360 gradi. Difficile, ma non impossibile. Si può essere democratici, come lo è Alan Derschowitz, essere snob non è obbligatorio. Quel "mentalmente impotente" rivolto a Clint Eastwood è poi inaccettabile, scrivessi lui dei libri come Eastwood fa cinema !
Ecco l'articolo

Jonathan Safran Foer

«RIFLETTENDO su questi quattro anni, ci sono tante ragioni per sentirsi insoddisfatti di Barack Obama, perfino traditi. Allo stesso tempo, però, non si può non votarlo». Jonathan Safran Foer, uno dei più celebri scrittori americani contemporanei, ha le idee chiare. Per l'autore di Se niente importa e del bestseller Ogni cosa è illuminata (pubblicati in Italia da Guanda) «i valori che incarna e promuove Obama sono la cosa migliore per l'America».
Foer, eppure molti si sentono delusi da Obama. Perché?
«Obama si è comportato molto bene, alla luce della situazione catastrofica che ha ereditato. Non bisogna dimenticare che cosa erano gli Stati Uniti quando Ob am a è arrivato alla Casa Bianca: le guerre, un'economia nella morsa tra recessione e depressione... Nonostante tutto è riuscito a far approvare la più importante legge di un'intera generazione, ossia la riforma sanitaria. La sua idea di ciò che è giusto e sbagliato non solo è più etica di quella di Romney, ma è la migliore per ilPaese».
Se Obama vincesse il 6 novembre, quali sono le prime due cose che gli chiederebbe?
«Mettere un freno alla vendita di armi negli Stati Uniti e una maggiore salvaguardia dell'ambiente, due temi su cui lui sinora si è speso poco». Secondo lei, come si risolve la questione delle armi?
«Con il buonsenso. Ma il buonsenso, triste a dirsi, non sembra essere una cosafacile da conquistare. Le armi uccidono, punto. Gli americani sembrano avere un'ossessione omicida, che va oltre la caccia e l'autodifesa. L'Nra (la lobby delle armi americana, ndr) è un'organizzazione spregevole, che fomenta le paure peggiori. È unavergogna che gli Stati Uniti non riescano a trovare un leader che si opponga a tutto questo».
Che cosa pensa del candidato repubblicano Mitt Romney?
«Penso che Romney sia un politico molto intelligente e una brava persona. Ma queste sue qualità, nella corsa per la Casa Bianca, sono ora ostaggio della necessità di conquistare un'ampia parte dell'elettorato repubblicano. Il Romneygovernatore del Massachusetts  non è poi così diverso dal 'Obama presidente degli ultimi quattro anni. Romney però s'è fatto sviare da personaggi spregevoli. E invece una qualità fondamentale che deve avere un presidente è quella di sapere chi ascoltare».
Clint Eastwood invece è un fan di Romney. Come ha giudicato il suo show con la sedia vuota alla Convention di Tampa?
«Una follia. A tratti anche divertente, ma in realtà triste e patetico. Secondo alcuni, con quella performance Eastwood ha mostrato, finalmente, la sua vera identità politica. Per me Eastwood è semplicemente una persona arrabbiata, illusa, mentalmente impotente, che ha fatto il suo tempo».
E allora, se non le piace il "sogno americano" di Eastwood, qual è per lei oggi il veroAmerican Dream?
«È sempre quello della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti: vita, libertà e ricerca delle Felicità».
I suoi libri più letti si basano sulla ricerca di qualcosa che manca: una persona, la soluzione di un mistero, la verità. Che cosa manca all'America di oggi?
«Certamente stiamo ripudiando la nostra missione originale. Gli Stati Uniti sono un Paese fondato dagli "altri" ed è stato sempre aperto agli "altri". Questo nostro spirito ci ha contrad - distinto nel mondo eha alimentato la nostra idea di "essere eccezionali", termine che non amo ma che a volte ha davvero *** rispecchiato la realtà. Oggi, però, vedo che stiamo tristemente scivolando verso un patriottismo che somiglia alla xenofobia. Si pensi alla letteratura, per esempio: oggi i titoli stranie-ritradotti inAmerica rappresentano solo il 3 per cento dei libri pubblicati. In Europa, invece, vengono tradotti molti più libri, dal 30 al 45 per cento del totale. Insomma, l'America sta rinunciando al "dialogo col mondo"».
Nel suo romanzo Molto forte, incredibilmente vicino (dal quale è stato tratto l'omonimo film) lei racconta le ferite dell' 11 settembre. Quanto incidono ancora quelle ferite nell'America di oggi?
«Non credo che gli Stati Uniti di oggi siano diversi da quelli che erano prima degli attentati del 2001. Forse è cambiato il fatto che noi americani ci opponiamo sempre meno a chi calpesta le nostre libertà civili...».
Obama è stato molto criticato per le sue posizioni riguardo al programma nucleare dell'Iran. Lo hanno perfino tacciato di "appeasement". Lei, che è di religione ebraica, che opinione ha?
«Credo che sinora l'atteggiamento di Obama nei confronti della questione iraniana sia stato assolutamente corretto. Certo, la situazione è mutevole e l'approccio americano dovrà cambiare di conseguenza. Ma credo fermamente che Obama farà in ogni caso la cosa giusta. E la comunità ebraica si comporterà in maniera simile a quattro anni fa. Molti, anche con metodi razzisti, vogliono seminare terrore e convincere gli ebrei che Obama non andrà in loro soccorso se la situazione dovesse precipitare. Ma non funzionerà».

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