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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Faye Kellerman, Kippur 03/08/2012

Kippur                                                            Faye Kellerman
Traduzione di Piero Alessandro Corsini
Cooper                                                            Euro 20

In procinto di trascorrere alcuni giorni di vacanza sotto l’ombrellone o in piscina anche quegli italiani che sono fanalino di coda per numero di libri letti non disdegnano quasi mai di riporre nel borsone “da spiaggia”  insieme all’asciugamano e alla crema solare un bel thriller capace di farli evadere per qualche ora dai problemi della crisi economica. E le offerte naturalmente non mancano essendo il “giallo” uno dei generi più gettonati in estate; fra gli autori di thriller e polizieschi come Fred Vargas, Jo Nesbo, John Grisham che scalano in poco tempo le classifiche dei libri più venduti si sta facendo strada, grazie al passaparola, una scrittrice americana ebrea ortodossa che ha dato vita alla serie Decker-Lazarus di cui la casa editrice Cooper ha già pubblicato “Il bagno rituale”, Sacro e profano” e “Miele”, tutti recensiti in queste pagine.
Suspense, azione, intrigo non manca nulla per agganciare il lettore dalla prima all’ultima pagina nei romanzi di Faye Kellerman per i quali la scrittrice ha vinto il prestigioso premio letterario americano Macavity Award come “miglior autrice di mystery” oltre ad essere nominata per lo Shamus.
E’ il mondo ebraico nelle diverse sfaccettature che lo compongono, in un confronto continuo fra ebrei ortodossi ed ebrei moderni a costituire lo sfondo delle storie nei romanzi di Kellerman, dal ritmo serrato e dalla trama avvincente, che hanno il pregio non comune di appassionare il lettore offrendogli l’occasione di conoscere a fondo la cultura e le tradizioni ebraiche.
Dopo essersi conosciuti a Jewtown, il quartiere ebraico ortodosso di Los Angeles, nel tentativo di risolvere un caso di stupro e omicidio, il sergente Peter Decker che all’epoca era stato chiamato per indagare e la giovane vedova ebrea ortodossa Rina Lazarus hanno cementato il loro legame, fra difficoltà familiari e religiose, fino ad arrivare alla luna di miele che intendono trascorrere a Brooklyn.
Non è stato facile raggiungere un simile traguardo e chi ha letto i libri precedenti lo sa bene! Peter Decker, reduce dal Vietnam con ricordi ed esperienze dolorose è un omone dai capelli rossicci e dal cuore d’oro, divorziato e con una figlia adolescente che adora, scopre in età adulta di essere stato adottato e che la madre biologica è ebrea. Rina Lazarus vedova di uno studioso di Talmud rimane per qualche tempo con i due figlioletti nella stessa Yeshivà in cui ha insegnato il marito poi, consapevole che il sentimento nei confronti di Peter non può più essere celato, ma ancora all’oscuro delle sue origini ebraiche, lo invita a studiare con un rabbino per convertirsi: unica possibilità per Rina di costruirsi una vita insieme.
Un percorso irto di ostacoli e difficoltà che si dipana fra stupri ed efferati omicidi per ben tre affascinanti thriller, lasciando ogni volta il lettore con il fiato sospeso.
La luna di miele tanto agognata sta dunque per iniziare a Brooklyn, la città dove vivono gli ex suoceri di Rina e dove trascorreranno le festività di Rosh Ha-Shanà, il Capodanno ebraico; non è la dolce solitudine che avrebbe desiderato condividere con la giovane moglie ma nemmeno nei più foschi pensieri Decker immagina l’uragano che sta per abbattersi mandando all’aria tutti i suoi progetti romantici.
Kippur, l’ultimo episodio della serie Decker-Lazarus prende avvio nel quartiere ebraico di Boro Park dove gli sposi novelli sono ospiti della famiglia Lazarus: “…era una piccola comunità, in cui era facile sentirsi a casa”. Purtroppo non è così per il detective Decker che, poco avvezzo al freddo e ai luoghi affollati, cerca scampo alla numerosa famiglia vagando per le vie di Brooklyn. Trentasei sono le persone attese per festeggiare il Capodanno e quando Peter torna a casa Lazarus trova una cucina calda e fumosa piena di donne affaccendate e tra esse scorge un volto familiare, troppo familiare.
“..era alta, non magra, non grassa, con un viso lungo, gli occhi infossati e una bocca larga…in lei c’era qualcosa di familiare, qualcosa di molto sinistro”.
Frieda Levine, il suo nome, viene dal passato, un passato lontano e doloroso per Peter che risale all’epoca della sua nascita e si svela pagina dopo pagina affascinando il lettore e facendolo precipitare in un gorgo di emozioni.
I Levine sono una famiglia numerosa che conta cinque figli, Shimon, Ezra, Jonathan, Miriam e Faygie oltre a svariati nipoti, alcuni piccoli, altri adolescenti.
In un simile “formicaio affollato” non è troppo insolito che qualcuno possa sfuggire al controllo dei genitori e al ritorno dalla sinagoga, dopo la funzione di Rosh Ha-Shanà, la scomparsa di Noam, figlio di Ezra e nipote di Frieda desta soltanto un po’ di apprensione che presto si trasforma in preoccupazione quando dopo alcune ricerche presso amici e conoscenti l’adolescente pare svanito nel  nulla.
Peter - specializzato nella ricerca di ragazzi scomparsi - si offre, suo malgrado, di aiutarli dapprima con suggerimenti azzeccati poi prendendo in mano una situazione che sta sempre più degenerando.
Noam è un ragazzino “strano”, ombroso, il classico adolescente difficile che non lega né con gli amici né con i fratelli o i cugini. Fin dai primi giorni di indagine Peter si trova dunque a districare una matassa assai complicata e a confrontarsi con i silenzi, il disagio giovanile e l’incomunicabilità di giovani ebrei ortodossi che vivono in una comunità che assimila il “moderno” al “peccato”.
L’esperienza professionale di Decker, la sua sensibilità e intelligenza gli consentono, unendo un tassello all’altro, di arrivare ad un ragazzo ebreo della comunità dei Satmar che si fa chiamare in molti modi e fra questi Hank Hersh, con un passato torbido alle spalle che ne ha deviato il carattere trasformandolo in uno psicopatico pericoloso.
Noam è fuggito con lui per allontanarsi da una famiglia dalla quale, come spesso capita ai ragazzi, non si sente né amato né capito; una libertà che il giovane Levine paga a duro prezzo, pentendosi presto del suo gesto irresponsabile.
Con la preghiera e con l’aiuto di Hashem Noam spera ardentemente di poter fuggire da quell’ incubo di orrore e degradazione e tornare dalla sua famiglia di cui sente fortissimo la mancanza, consapevole che neppure lo Yom Kippur, il giorno dell’espiazione (la festività più santa del calendario ebraico che chiude i dieci giorni di penitenza iniziati con il Rosh Ha-Shanà), potrà emendarlo dai tremendi crimini commessi.
Peter Decker è ormai vicino alla soluzione del dramma e mettendo a repentaglio la sua vita scopre dove si nascondono i due fuggiaschi….
Non è consentito raccontare oltre una trama così serrata e avvincente da attanagliare il lettore ad ogni pagina rivelando sviluppi sempre più raccapriccianti e imprevisti mentre le oltre quattrocento pagine scorrono veloci e si leggono d’un fiato.
Nel finale a sorpresa è racchiusa anche la straordinaria arte narrativa dell’autrice che non si limita a dar vita a intrighi affascinanti ma riesce a penetrare nei recessi più riposti dell’anima dei personaggi tratteggiando con sensibilità i caratteri, le emozioni e le peculiarità di ciascuno di loro.
Faye Kellerman è un’ideatrice molto abile di storie, costruite con perizia e intuizioni felici, capace di delineare un preciso ambiente socio-culturale e nel contempo movimentare un’orchestra perfettamente calibrata di situazioni e personaggi che balzano sulla pagina con la forza della vita.


Giorgia Greco


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