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La Stampa Rassegna Stampa
03.09.2012 Belgio, il sindaco di Bruxelles si scusa per la deportazione degli ebrei durante la Shoah
ma questo non li riporterà indietro. Cronaca di Marco Zatterin

Testata: La Stampa
Data: 03 settembre 2012
Pagina: 17
Autore: Marco Zatterin
Titolo: «Bruxelles chiede scusa pergli ebrei deportati»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 03/09/2012, a pag. 17, l'articolo di Marco Zatterin dal titolo "Bruxelles chiede scusa pergli ebrei deportati".


Freddy Thielemans, sindaco di Bruxelles

Ha ammesso la colpa della sua città, il sindaco di Bruxelles Freddy Thielemans. Ha confermato quello che tutti sapevano da tempo, ha detto che «senza il registro centrale degli ebrei, gli arresti e i rastrellamenti del settembre 1942 non avrebbero avuto lo stesso impatto nella capitale». Lo ha fatto ieri in una cerimonia ufficiale, sobria e solenne, alla presenza del governo e dei rappresentanti del mondo ebraico, per riaprire temporaneamente e tentare di chiudere per sempre una ferita dolorosa. Forse. Perché nel Belgio delle pulsioni separatiste si rimpallano da sempre le accuse di collaborazionismo fra valloni e fiamminghi. E sul ruolo di cittadini e amministratori durante i quattro anni di occupazione, a distanza di tempo, non è stata ancora piena chiarezza.

Thielemans, socialista di lungo corso, 67 anni, nato una settimana dopo la liberazione di Bruxelles e da undici anni titolare delle sue redini comunali, ha provato a dare un contributo. Nel suo discorso ha ricordato che nel 1942, il predecessore Jules Colest rifiutò di coinvolgere la polizia cittadina nella caccia agli ebrei e nella distribuzione delle stelle di David gialle usate per identificare pubblicamente gli israeliti. Bruxelles era stata sola con Liegi a dire «no» alla Gestapo. Ciò non toglie che nel 1940 l’amministrazione locale avesse accettato, qui come altrove, di compilare un repertorio dei giudei. Per paura. O per voglia di omologarsi al regime.

Il registro circolò lo stesso, con le conseguenze immaginabili. Conteneva 5.640 nomi e indirizzi. Uno studio dice che all’inizio della guerra nel «paese piatto» c’erano 56 mila ebrei e che circa 25 mila sono stati deportati. Due terzi vivevano ad Anversa, capoluogo fiammingo dei diamanti, dove il collaborazionismo è una trama che torna con frequenza. Fra tutti risulta che solo 1.200 siano sopravissuti ai campi di sterminio di Hitler. Sarebbero stati di più senza quel maledetto volume, ha detto Thielemans, consapevole che la storia non si riscrive, ma desideroso di tentare un passo avanti sulla difficile via della riconciliazione, necessaria per non ripetere gli errori del passato.

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