Il commento di Daniele Scalise
Daniele Scalise, giornalista e scrittore. Scirve su 'Prima Comunicazione'.
E' autore di
Cose dell’altro mondo. Viaggio nell’Italia gay-Zelig
Il caso Mortara-Mondadori
I soliti ebrei -Mondadori
Lettera di un padre omosessuale alla figlia-Rizzoli http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=33806
La questione della morte di Arafat, del polonio, del Mossad, dell’Aids è rivelatrice di molte cose. Alcune semplici (la propaganda palestinese è, come sempre, banale, inverosimile e ripetitiva e, quindi, quasi sempre formidabile ed efficace) e altre più complicate perché hanno a che vedere con il simbolico che è un dato sempre connesso con la politica. Personalmente sono convinto che Arafat (come del resto Gheddafi) avesse abitudini sessuali chiaramente orientate nei confronti del sesso maschile. Arafat (e Gheddafi) costituiscono un ‘tipo’ di omosessuale ancora molto diffuso nel mondo arabo e sottosviluppato e che fino a qualche decennio fa andava forte anche da noi: dietro a una patina impeccabile (moglie, figli, concubine e via discorrendo) ecco trasparire una vita scatenata, segreta e irrefrenabile tra maschi. Naturalmente il capo dei capi mai avrebbe potuto ammettere la propria propensione per gli altri uomini perché in quella cultura primitiva (e, insisto, residui sono rintracciabili anche nella nostra ed è inutile di far finta che non sia così) essere omosessuali è l’antitesi dell’incarnazione del potere, segno di una ‘femminilizzazione’ inaccettabile, disponibilità a ‘cedere’ la sacralità fallica e sciocchezze del genere. Tutti, ma proprio tutti sapevano e sanno che Arafat era omosessuale, che organizzava allegri (allegri?) festini negli alberghi dove era ospitato. In Romania i Ceausescu predisponevano un albergo intero quando arrivava in visita il signor Arafat e il suo seguito di guardie del corpo, consiglieri, amici ecc. ecc. In più piazzavano telecamere nascoste e registravano ogni gesto e ogni parola perché, amici sì ma mica scemi i Ceausescu. Negli ambienti diplomatici occidentali stanziati sia in Medio Oriente che oltre Cortina si accennava con sufficienza mista a eccitazione a quell’omone che impazziva per le sue guardie armate come c’era un gran parlare dei travestimenti femminei di Gheddafi che adorava i tacchi a spillo, le parrucche bionde e il trucco pesante. Sia chiaro: non ho nulla contro chi ami frequentare qualsiasi tipo di sessualità adulta tra adulti consenzienti. E non lo ripeto per ubbidire a un mantra educato ma perché ne sono profondamente convinto. La questione con Arafat è però diversa. Un uomo come lui – gli uomini come lui – odiano gli omosessuali proprio perché lo sono essi stessi. C’è una sorta di omofobia che è connaturata a molti, moltissimi gay (direi a quasi tutti) tanto che un momento di crescita personale consiste proprio nel superare quell’odio-di-sé che (non solo) i gay ben conoscono (basti pensare, tanto per fare un altro esempio, alla misoginia femminile). Ma lasciamo che Arafat riposi dannatamente in qualche inferno che deve pur esistere per i criminali come lui e torniamo alla vicenda di cronaca. In un momento come quello attuale, la cosiddetta ‘questione palestinese’ è stata – per vicende regionali e internazionali – depotenziata dal punto di vista della comunicazione politica. Abu Mazen sembra sempre più prigioniero di se stesso, Hamas vede dissolversi poteri alleati, l’Iran nazistoide sta lì lì per saltare in aria. Ed ecco che l’Ufficio Propaganda Palestinese tira fuori la vicenda del plutonio, il Mossad invisibile e crudele, la congiura giudaica e tutto l’armamentario classico che da anni usa insieme ai coristi occidentali. Questa volta però, ho l’impressione che l’UPP abbia fatto cilecca. Basta osservare i media internazionali che hanno finora trattato la vicenda con condiscendenza ma poca o nulla convinzione. Tutti sanno che è una piccola e inutile truffa e solo qualcuno finge di crederci per dovere ideologico irriflessivo. Resta un senso di pena per un uomo (sì, anche un mascalzone come Arafat può provocare della pena sia pure in forma transitoria), per una cultura immobile e paleolitica e assassina, per una costellazione psicologica sconfortante e, permettetemi di dire, squallida.