" Rachel Corrie: fine della storia "
Lettera da Gerusalemme, di Angelo pezzana
Angelo Pezzana
a destra, Rachel Corrie
E’ sceso il sipario su quello che era stato definito il ‘Caso Rachel Corrie’, una giovane americana che odiava Israele fino al punto di rimetterci la vita. Perché questa è la verità appurata nel processo che si è tenuto a Haifa e che ieri ha emesso la sentenza, dopo che i genitori avevano denunciato Israele, considerando lo Stato ebraico responsabile della morte della loro figlia. Il giudice Oded Gershon si è detto “dispiaciuto” per la morte della ragazza, “ma che l’esercito israeliano non ne porta la responsabilità”.
Era il 2003, Gaza era ancora sotto il controllo israeliano, e alcuni soldati stavano demolendo alcune costruzioni illegali. Rachel Corrie, una militante del movimento ISM (International Solidarity Movement), da Olympia, Washington, Usa, stava manifestando contro i soldati in una zona di guerra. Lo sapeva benissimo, era apposta in quel luogo per impedire che avvenisse una legale demolizione di una costruzione illegale, una struttura usata dai terroristi palestinesi quale postazione militare. Oltre a tutto, l’area era off limits. Era perfettamente cosciente della provocazione che aveva messo in atto, il suo comportamento fanatico l’aveva convinta che non stesse correndo alcun pericolo. Fino al punto di piazzarsi davanti a un bulldozer con l’intenzione di fermarlo. Ma chi era alla guida non l’aveva vista mentre sgusciava lateralmente, era questa la tecnica scelta dalla Corrie per pararsi poi davanti al bulldozer e costringerlo a fermarsi.
Delirio di onnipotenza più fanatismo, con la convinzione che tutto le sarebbe stato permesso, sono queste le cause di quello che sarebbe più corretto definire suicidio oltre che incidente. Certamente non una disgrazia, perché è stata cercata e voluta da chi l’ha messa in atto. Una morte simile, anche se in condizioni differenti, a quella di un altro odiatore fanatico di Israele, Vittorio Arrigoni, che otto anni dopo, sempre a Gaza, verrà assassinato, questa volta vittima non consenziente, da quegli stessi uomini, con i quali, anche lui accecato dall’odio per Israele, aveva deciso di vivere.
A Rachel Corrie, mentre in quei giorni l’intifada mieteva vittime fra i cittadini israeliani, interessava soltanto impedire ai soldati d’Israele di svolgere il loro compito, difendere Israele dal terrorismo.
La sua famiglia ne rimpiange la perdita, è comprensibile, ma avrebbe dovuto cercare altrove le responsabilità.