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Il Foglio Rassegna Stampa
28.08.2012 Le mani dell'Iran sull'Onu
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 28 agosto 2012
Pagina: 3
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Così il Palazzo di vetro dell’Onu è diventato una filiale dell’Iran»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 28/08/2012, a pag. 3, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Così il Palazzo di vetro dell’Onu è diventato una filiale dell’Iran".


Giulio Meotti
a destra, Mahmoud Ahmadinejad con Ban Ki Moon

Roma. Dal 29 al 31 agosto a Teheran ci sarà anche il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha deciso di partecipare all’incontro dei paesi non allineati nonostante le condanne di Stati Uniti e Israele, impegnato in una corsa contro il tempo per fermare il programma nucleare degli ayatollah. Il governo di Benjamin Netanyahu ha accusato Ban Ki-moon di legittimare con la sua presenza le aspirazioni genocide ed egemoniche iraniane. Il summit è un ritorno allo spirito di Bandung, dove nel 1955 avvenne la prima riunione dei paesi portabandiera dell’antiamericanismo: dichiarazione per la pace, disarmo internazionale, superamento del colonialismo, autodeterminazione dei popoli e non ingerenza negli affari interni. Una fraseologia che per l’Iran, che quest’anno presiede il summit, si traduce nella legittimazione del proprio diritto alla bomba nucleare agli occhi della maggioranza dei paesi dell’Assemblea generale dell’Onu.
Il presidente Mohammed Morsi sarà il primo leader egiziano a recarsi a Teheran dopo la rottura dei rapporti diplomatici fra il Cairo e l’Iran dopo la rivoluzione di Khomeini. Sarà presente anche il premier indiano, Manmohan Singh, mentre la Cina partecipa come osservatore. Oggi il gruppo dei 114 paesi non allineati, che vota come blocco e che è composto quasi esclusivamente da regimi autocrati, detiene in pratica la maggioranza dei due terzi dell’Assemblea. Ma la presenza di Ban Ki-moon a Teheran disvela un altro progetto vincente per la Repubblica islamica dell’Iran: trasformare l’Onu in una propria filiale, conquistando un’agenzia dopo l’altra.
Questo mese Teheran ha ottenuto un seggio all’interno della conferenza Onu che si occuperà, niente meno, di redigere un trattato per la regolazione del commercio internazionale delle armi. “E’ come scegliere Madoff a capo della polizia antifrode per il controllo del mercato azionario”, ha denunciato Hillel Neuer, il direttore di Un Watch, l’organizzazione delle Nazioni Unite per i diritti umani con sede a Ginevra, che ha chiesto al segretario generale Ban Ki-moon di condannare l’elezione del regime di Teheran.
Recentemente, l’Iran ha anche ottenuto un incarico nella commissione Onu sulla libertà di informazione, nonostante in quel paese sia in corso la più grande persecuzione di giornalisti dal 1979, quando l’ayatollah Khomeini cacciò e uccise decine di reporter bollati come “spie americane e sioniste”. In quella che Reporter senza frontiere ha definito “la più grande prigione al mondo per i giornalisti”, l’Iran, sono almeno trenta gli operatori dell’informazione in carcere. Come Bahman Ahmadi Amouee, giornalista noto per le critiche alla politica economica del presidente Mahmoud Ahmadinejad, condannato a sette anni di prigione e a 34 frustate. “L’ultima repressione non è soltanto contro i giornalisti, ma i blogger e chiunque diffonda informazioni”, ha detto Vincent Brossel di Reporter senza frontiere. Uno dei casi più celebri è quello di Ahmad Zeidabadi, giornalista e collaboratore della Bbc, ma soprattutto portavoce di Advar Tahkim Vahdat, l’associazione di ex studenti nata negli anni della Rivoluzione come organizzazione islamica e poi diventata una delle più note associazioni democratiche del paese, in prima linea nella difesa dei diritti umani. Zeidabadi ha vinto la penna d’oro per la libertà della World Association of Newspapers. E’ stato condannato a sei anni di prigione, di cui cinque da scontare in confino a Gonabad, nonché la perdita a vita dei diritti civili e politici. Un cittadino “dimezzato” dunque, che non soltanto dovrà trascorrere la maggior parte della prigionia in un luogo lontano centinaia di chilometri dai suoi cari, ma anche dopo che avrà scontato la pena non potrà recuperare il suo diritto a partecipare attivamente alla vita politica e a svolgere liberamente la sua professione.
Le “confessioni” dei giornalisti incarcerati sono tutte uguali: “Bismillah, al rahman al rahim… Confesso di aver subito l’influenza della Bbc, di Radio Voice of America e di altri media stranieri”.
Gli ayatollah hanno ottenuto un seggio nella maggiore organizzazione dell’Onu, il Programma per lo sviluppo, di cui Teheran è uno dei trentasei membri (nel 2009 l’Iran ne è stato addirittura il presidente).
C’è un delegato iraniano al Fondo per la popolazione, e al Fondo per lo sviluppo delle donne, nonostante l’Iran sia uno dei regimi più terrificanti nella repressione femminile.
L’Iran è entrato a far parte della commissione per la Scienza, la tecnologia e lo sviluppo.
Per non parlare del Comitato per l’uso pacifico dello spazio, presieduto da Ahmad Talebzadeh dell’Iranian Space Agency.
L’Iran siede nel consiglio dell’Agenzia per i rifugiati, nel Programma per l’ambiente e nel Programma per gli insediamenti umani.

Un torturatore a Ginevra

Il mese scorso il dipartimento di stato americano e il Congresso hanno denunciato la Wipo, l’agenzia Onu per la proprietà intellettuale, per aver spedito materiale informatico sensibile a Teheran. L’agenzia del Palazzo di vetro, che ha il mandato di modernizzare i paesi in via di sviluppo, avrebbe violato le sanzioni accettando di sostenere il programma informatico di Iran e Corea del nord.
Teheran è appena diventato il vicepresidente dell’Opcw, l’organizzazione dell’Onu con sede all’Aia per la proibizione delle armi chimiche, nonostante ci siano prove evidenti di traffici iraniani di tali armi o loro componenti verso la Siria e Hezbollah, in Libano.
L’Iran siede anche nell’ufficio Onu per la droga e il crimine, nonostante le numerose impiccagioni in piazza dei trafficanti di droga (Teheran ha eseguito condanne a morte a molti dissidenti come ordinari criminali e trafficanti di droga).
Teheran è dentro alla commissione sulla Prevenzione del crimine, nonostante Teheran, dopo la Cina, figuri come il leader mondiale nelle condanne a morte. Più di una al giorno.
La scorsa primavera al Consiglio dei diritti umani di Ginevra, anche questo dominato dai paesi non allineati, è arrivato Gholam Hossein Esmaeili, iraniano sulla lista nera dell’Unione europea per le violazioni dei diritti umani nelle carceri di Teheran, di cui è stato sovrintendente.
Se non bastasse, l’Iran è anche nel board dell’Unicef, l’agenzia Onu per il rispetto dell’infanzia, nonostante Teheran spedisca alla forca anche i minorenni (anche questo è un record mondiale). Secondo i dati di Stop Child Executions Campaign, un centinaio di minorenni sono in attesa di essere giustiziati.

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