Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 27/08/2012, a pag. 12, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo "A Damasco uccisi trecento civili".
Bombardamenti a tappeto, esecuzioni sommarie, cadaveri di donne e bambini ritrovati nelle cantine. Le testimonianze che arrivano da Daraya, cittadina dell’hinterland di Damasco, raccolte dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, segnano una nuova tacca nell’orrore della guerra civile in Siria. L’ennesimo massacro, ma di dimensioni mai viste: trecento, forse quattrocento morti. Se confermata, la strage «sarebbe un’atrocità su una nuova scala», condanna il governo britannico con il sottosegretario Alistair Burt. Per la tv di Stato siriana, invece, a Daraya si è consumata una battaglia contro «terroristi stranieri infiltrati» che alla fine «sono stati spazzati via». Una vittoria «trionfale», come quelle ottenute nel corso della settimana ad Aleppo.
Unici documenti che confermano il massacro sono le foto postate sui siti dell’opposizione che mostrano pile di cadaveri ammassati nella moschea di Abu Auleiman. «È la prova dei crimini commessi sabato dall’esercito», insiste l’opposizione. Impossibile verificare però a quando risalgono. E chi ha ucciso chi. Oggettivo invece il cambio dei toni. L’opposizione si concentra di nuovo sulla brutalità del regime, non più sull’orlo del collasso. Il regime rispolvera il registro trionfalistico. Segno di un compattamento, dopo i colpi che fra luglio e agosto lo avevano messo quasi fuori gioco: l’attentato che aveva liquidato il vertice della cellula di crisi anti-sommossa, compreso il potentissimo cognato del presidente Bashar al Assad, Assef Shawkat; l’attacco a Damasco e la conquista di Aleppo da parte degli insorti; la defezione del premier Riad Hijab.
Il crollo però è stato evitato. Damasco ha concentrato tutte le sue forze sul corridoio che dalla capitale porta ad Hama, Homs e Aleppo. Ha ripreso il controllo dell’autostrada che fa da spina dorsale alla parte più fertile e popolata della Siria. E ha scatenato la controffensiva nelle due principali città. Anche se i ribelli sono ancora infiltrati a Damasco - e ieri hanno attaccato a colpi di mortaio la centrale piazza degli Abbasidi dal quartiere di Jobar - i rastrellamenti dell’esercito si svolgono nei sobborghi sempre più periferici, come Daraya. E ad Aleppo i quartieri centrali, compresi quelli cristiani, sono ora nelle mani dei governativi.
Assad, per la seconda volta in pochi giorni, è tornato a parlare in pubblico. Ieri ha ribadito che la rivolta contro di lui è un«complotto», ordito all’estero con la complicità «di alcuni Paesi arabi» e «rivolto non solo contro la Siria ma contro l’intera regione». Complotto che il popolo siriano «saprà sconfiggere a ogni costo». Tesi speculare a quella del più stretto alleato, l’Iran. Ieri a Damasco è tornato l’inviato speciale Aladdin Burujerdi, presidente della Commissione esteri del Parlamento di Teheran. Che ha incontrato, davanti a giornalisti siriani e stranieri, il vicepresidente siriano Faruk al Sharaa, riapparso in pubblico dopo oltre un mese e dopo le voci di una sua fuga. Una defezione smentita che dà nuovo ossigeno ad Assad.
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