Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 26/08/2012, a pag. 17, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo "Bambina cristiana di 12 anni stuprata e uccisa dal branco".


Muqadas Kainat, 12 anni
Forse non è un crimine a sfondo religioso, forse lo stupro e l'omicidio di Muqadas Kainat, 12 anni, sarebbero avvenuti anche se quella bambina fosse stata musulmana. Ma la notizia pubblicata ieri dal Pakistan Christian Post si diffonde mentre la minoranza cristiana del grande Paese asiatico, dove il 97% della popolazione segue l'Islam, si sente sempre più nel mirino. Dove solo pochi giorni fa un'altra ragazzina della stessa fede e quasi della stessa età, l'undicenne Rimsha Masih, è stata arrestata con l'accusa di blasfemia per aver «profanato il Corano».
Rimsha adesso rischia l'ergastolo, nonostante sia disabile e, si è saputo ieri, pure analfabeta: come poteva scegliere apposta, nell'immondizia dove rovistava, una pagina di un testo sacro all'Islam per profanarla? Nonostante non ci sia nessuna prova.
Questa volta è almeno altrettanto difficile sapere davvero cosa sia avvenuto in un villaggio vicino a Sahiwal, città agricola nel Punjab pachistano, non lontana dalla bella Lahore e dal confine con l'India. Sappiamo che il 15 agosto un cadavere è stato trovato in un campo. «Stupro di gruppo, compiuto da quattro o cinque uomini, e omicidio per strangolamento», ha stabilito la polizia. Conosciamo l'identità della vittima: Muqadas Kainat, un nome che significa Sacro Universo, primogenita dodicenne di Rafiq Masih, operaio nella fornace di mattoni Al Ghani Bricks Company, padre di altri sei bambini.
Il Christian Post racconta che il giorno prima, mentre i genitori si trovavano in città per una visita in ospedale e il Pakistan festeggiava il giorno dell'indipendenza, «Muqadas era andata sola nei campi per fare pipì. Ma cinque musulmani l'hanno aggredita, violentata e uccisa. E lei non è mai tornata a casa». Qualcuno ha chiamato la fornace di mattoni dove Rafiq lavorava da 15 anni per dire di quel corpo abbandonato tra i campi, lui è stato avvertito ed è tornato dalla città, sono iniziate le ricerche, infine il ritrovamento.
Altri media pachistani avevano parlato del caso nei giorni successivi, con meno dettagli: nessuno aveva scritto che Muqadas fosse cristiana, come assicurava ieri invece il foglio della comunità. Il cognome del padre, Masih, in arabo e urdu per altro significa proprio quello, cristiano.
Stupri di donne, perfino di bambine, non sono infrequenti in Pakistan. Le violenze contro di loro, come in tutto il mondo compreso il nostro, spesso sono tenute nascoste dalle stesse vittime, o dalle famiglie. E quasi sempre la religione non c'entra, mentre contano l'ignoranza e il maschilismo. Ma è indubbio che la «questione cristiana» in Pakistan esiste, che questa minoranza perseguitata spesso sia colpita proprio attraverso le sue donne. Due volte «colpevoli», per fede e per sesso.
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