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Informazione Corretta Rassegna Stampa
22.08.2012 Vertice dei paesi non allineati e rimilitarizzazione del Sinai. Reazione della Casa Bianca
analisi di Piera Prister

Testata: Informazione Corretta
Data: 22 agosto 2012
Pagina: 1
Autore: Piera Prister
Titolo: «Vertice dei paesi non allineati e rimilitarizzazione del Sinai. Reazione della Casa Bianca»

Vertice dei paesi non allineati e rimilitarizzazione del Sinai. Reazione della Casa Bianca
di Piera Prister


Mohamed Morsi      Sinai                   Piera Prister

La portavoce del Dipartimento di Stato Victoria Nuland, in una Conferenza Stampa sta dichiarando alla radio e alle televisioni che gli Stati Uniti sono contro la partecipazione del neoeletto presidente egiziano Mohamed Morsi e degli alti funzionari dell’ONU al Vertice dei Paesi non Allineati, NAM -Non Aligned Movement- previsto a Teheran alla fine di agosto: “The US IS AGAINST HIGH LEVEL DIPLOMATIC VISITS TO IRAN BY EGYPTIAN AND UN OFFICIALS”. La Nuland aggiunge poi che l’Iran sicuramente manipolera’ il summit per promuovere la propria agenda nucleare. Al momento sappiamo che Morsi ha gia’ confermato la sua partecipazione al summit, mentre Ban Ki-moon il Segretario Generale dell’ONU, se ne riserva la conferma prossimamente, malgrado il PM israeliano Bibi Netanyahu gli abbia telefonato settimane fa, esortandolo a non parteciparvi e a stare lontano da Teheran. Il movimento dei paesi non allineati ha 120 membri e 21 paesi osservatori, fu fondato a Belgrado nel 1961 da Tito, allora Presidente della Yugoslavia, e da ideatori come l'allora presidente egiziano Gamal Abdel Nasser, l'allora PM indonesiano Sukarno e altri tra cui Fidel Castro.

La stampa internazionale poi non ha dedicato molto interesse alla notizia della rimilitarizzazione in queste ore del Sinai da parte dell’esercito egiziano, ad eccezione di questo articolo dell’ultima ora di oggi 21 agosto, di Isabel Kershner sul NYTimes che titola: “Israel asks Egypt to remove tanks from Sinai” Israele chiede all’Egitto di sgombrare i carri armati dal Sinai; della redazione di Jerusalem Post; e dell’articolo di Ugo Volli su Informazione Corretta, entrambi apparsi in anteprima. Persino il Wall Street Journal di stamane 21 agosto non ne riporta un rigo, mentre alla Casa Bianca stanno seguendo con attenzione l’accaduto, tanto piu’ che il neopresidente egiziano Mohamed Morsi non sembra essere un personaggio tanto affidabile se da una parte riarma il Sinai, dietro il pretesto di sferrare una controffensiva contro i terroristi islamisti e dall’altra parte si prepara ad andare a Teheran per il vertice dei paesi non allineati. Ci risuonano ancora nelle orecchie le parole dei discorsi antisemiti di questi giorni di Khamenei e di Ahmadinejad che ribadiscono da Teheran, per l’ennesima volta, la volonta’ ferma dei mullah di cancellare Israele dalle mappe e di estirparlo come un cancro.

Minacce che tutto il mondo ha avuto modo di ascoltare e che qui in America sono state sottolineate come non piu’ tollerabili dal candidato presidenziale Mitt Romney, che con maggiore aggressivita’ accusa Obama di debolezza verso i nemici islamisti dell’Occidente, dell’America e di Israele che devono essere affrontati con maggiore decisionismo. Ecco che le inclinazioni anti-democratiche di Morsi stanno diventando sempre piu’ evidenti anche a coloro che su di lui s’erano illusi. S’era illuso l’Occidente ed Obama, ma non il Primo Ministro israeliano Netanyahu che nel luglio scorso ha scritto una lettera al presidente Morsi, rivolgendosi a tutto il popolo egiziano e a lui, complimentandosi per il suo successo elettorale e per RICORDARGLI DI ONORARE GLI ACCORDI DI PACE DI CAMP DAVID del 17 settembre 1978 siglati tra il suo predecessore Anwar al-Sadat e dall’allora PM israeliano Menachem Begin. Accordi che invece sono stati appena violati.

 Infatti proprio sul fronte del Sinai tutto sta accadendo in fretta anche piu’ celermente delle previsioni. Il Ministro della Difesa egiziana Abdel Fattah al-Sisi -che e’ subentrato a Mohamed Hussein Tantawi, destituito la settimana scorsa dal presidente Morsi- sta mobilitando al confine con Israele, un massiccio dispiego di forze militari con carri armati, aerei e installazioni di rampe missilistiche di lancio che ricordano minacciosamente la guerra dell’Egitto contro lo stato ebraico del 1973. Ma Morsi ha addotto come motivazione la volonta’ di distruggere le basi dei terroristi della Global Jihad che il 5 agosto hanno ucciso 16 soldati egiziani e che s’anniderebbero nella parte centrale montagnosa del Sinai. Appare invece questa, una mossa pretestuosa ed intimidatoria contro Israele. Con tutta questa mobilitazione militare, Mohamed Morsi vuole dimostrare agli osservatori occidentali e soprattutto a Washington d’essere l’uomo forte ed affidabile, in grado di stabilire l’ordine democratico in Egitto e di saper tenere sotto controllo i terroristi islamisti al confine con il Sinai e la Striscia di Gaza. Le visite recenti al Cairo del Ministro della Difesa, Leon Panetta e del Segretario di Stato, Hillary Clinton hanno voluto sottolineare il sostegno non solo militare in miliardi di dollari degli Stati Uniti a Morsi ma anche un sostegno politico, tanto che Obama ha invitato Morsi alla Casa Bianca a settembre, suscitando un vespaio di polemiche da parte dell’opposizione politica repubblicana.

E’ utile ricordare inoltre che in Egitto, proprio perche’ gli avvenimenti si stanno accavallando e che si potrebbe perdere il filo conduttore degli eventi, il presidente Mohamed Morsi ha appena destituito la settimana scorsa Mohamed Hussein Tantawi che e’ stato ministro della Difesa di Mubarak per 20 anni; e che si e’ arrogato, con un colpo di stato, i pieni poteri -esecutivo, legislativo e militare, in assenza di un Parlamento che non c’e’ e di una Costituzione da riscrivere. Il presidente Morsi e’ ora, dopo il golpe, l’unico detentore dei poteri assoluti al vertice della piramide egizia.

Washington ha visto favorevolmente l’ascesa dei Fratelli Musulmani al potere in Egitto, sin da quando il presidente americano Barack Obama ha intimato a Hosni Mubarak, amico degli Stati Uniti, di dimettersi dopo la protesta popolare di piazza Tahir dell’anno scorso, manovrata dai Fratelli Musulmani stessi. Ma ugualmente non chiese le dimissioni ad Amadinejad, il signore di Teheran nel 2009 ne’ le chiese a Gheddafi, il dittatore libico nel 2011.

Piera Prister Bracaglia Morante

N.B. Il movimento della Fratellanza Musulmana, Muslim Brotherhood, filonazista ed antisemita negli anni trenta, tuttora non ha rinunciato alla violenza, i suoi capi sostengono il terrorismo contro Israele. E’ pero’ un movimento camaleontico che a seconda delle circostanze, diventa rivoluzionario o riformista. Per riuscire nei suoi perversi propositi sa apparire abilmente anche come un movimento a favore della democrazia, pro-democracy.(Ian Johnson, A Mosque in Munich, 2010). Questo e’ il libro piu’ aggiornato sulla Fratellanza Musulmana scritto dall’ex giornalista del WSJ Ian Johnson, premio Pulitzer.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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