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Il Giornale - Il Foglio - Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
21.08.2012 Iran, il suo obiettivo è la cancellazione di Israele
commenti di Fiamma Nirenstein, Pio Pompa. Cronaca di Maria Luisa Colledani

Testata:Il Giornale - Il Foglio - Il Sole 24 Ore
Autore: Fiamma Nirenstein - Pio Pompa - Maria Luisa Colledani
Titolo: «Europa cieca: l’Iran vuole cancellare Israele - Tre illusioni strategiche di Obama che danneggiano Israele - Israele-Iran, il conflitto più temuto»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 21/08/2012, a pag. 12, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " Europa cieca: l’Iran vuole cancellare Israele ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'articolo di Pio Pompa dal titolo " Tre illusioni strategiche di Obama che danneggiano Israele ". Dal SOLE 24 ORE, a pag. 14, l'articolo di Maria Luisa Colledani dal titolo " Israele-Iran, il conflitto più temuto" , preceduto dal nostro commento.

Iran nucleare: Distruggere Israele, subito.
Iran non nucleare: Distruggere Israele, il più in fretta possibile
Ecco i pezzi:

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " Europa cieca: l’Iran vuole cancellare Israele "


Fiamma Nirenstein

Le gran paginate di dibatti­tosullapossibilità, l'immi­nenza, la probabilità terri­ficante per molti, che Israele at­tacchi gli impianti nucleari ira­niani, sono un pensiero sostitut­i­vo di quello più logico e semplice che nasce da un drammatico, e tuttavia semplice, riconoscimen­to della realtà. L'Iran vuole di­struggere Israele. Ma noi europei siamo maestri di negazione, pro­tagonisti storici dell'immagina­rio poetico. L'idea di fondo in tut­ti questi dibattiti è: il solito rompi­scatole cioè Israele, guidato da un violento di destra, si vuole av­venturare in un'azione bellica che ci travolgerà tutti. Uffa, que­sto Israele è veramente un perico­lo per tutti fino dalla sua nascita. Ma la verità è l'opposto. Israele non ha mai minacciato l'Iran, né nessun altro. L'Iran invece, ma noi non siamo davvero capaci di crederci, sta costruendo una bomba atomica per distruggere Israele: operazione indispensa­bile all'Iran per imporre la sua bandiera al Medio Oriente, sciiti e sunniti lo vedono come il disgu­stoso nemico dell'Islam intero, e come il rappresentante ufficiale dell'Occidente. Gli Shihab 2 e 3 sono destinati a tutti noi: il fine è rifondare il califfato.
Ora, quando agirà Israele? Quando il pericolo sarà incontro­vertibile. L'Iran ha già abbastan­za uranio arricchito per fare la bomba, ma non ha ancora deci­so di assemblarlo. Quando lo de­ciderà e sarà pronta a «estirpare il cancro Israele»,allora sarà il tem­po giusto. Punto. Piaccia o non piaccia, Israele non si lascerà fa­re a pezzi, gli ebrei non accette­ranno di essere sterminati una se­conda volta. A quel punto, Oba­ma o non Obama, Europa o non Europa non conterà nulla. Il con­senso internazionale non varrà una cicca quando stanno per am­mazzarti. Prima sì, quando l'Oc­cidente potrebbe agire più deci­samente con le sanzioni. Ma do­po, Netanyahu non essendo un paranoico, agiràsolonelmomen­to indispensabile.
www.fiammanirenstein.com

Il FOGLIO - Pio Pompa : " Tre illusioni strategiche di Obama che danneggiano Israele "


Fermare il nucleare iraniano, adesso !               Pio Pompa

Sono i rapporti con Israele in merito al dossier sul nucleare iraniano a preoccupare ora più di ogni altra cosa il presidente americano Barack Obama. L’inquilino della Casa Bianca teme ripercussioni sul voto del prossimo novembre e dopotutto non potrebbe essere diversamente, visto il livello di nervosismo – spesso inframmezzato da forme di forte irritazione – provocato all’interno del suo entourage dalle pressioni esercitate quotidianamente da Gerusalemme. Paradossalmente, in questo momento il vero incubo per buona parte dell’Amministrazione Obama non è rappresentato dalla minaccia atomica iraniana né dalla crisi siriana che sta oltrepassando i confini libanesi. La maggiore preoccupazione riguarda invece le decisioni che il governo israeliano potrebbe assumere (autonomamente) nei confronti di Teheran. “Il fatto è – racconta al Foglio una fonte d’intelligence occidentale – che a Washington hanno finito con il prevalere, purtroppo e in gran segreto, correnti di pensiero i cui assunti rendono ancora più inquietante il vuoto della politica estera statunitense. Assunti che insistono, sostanzialmente, su tre aspetti strategici strettamente correlati fra di loro. Innanzitutto c’è il convincimento, data l’impossibilità pratica di annientarne il programma atomico in fase così avanzata, che un Iran in versione di potenza nucleare possa trasformarsi (mantenendo aperte le vie del dialogo) in un elemento di stabilità – sia pure armata – per l’intero scacchiere mediorientale. Non meno importante viene ritenuta poi la necessità di temperare, pur continuando a professare la volontà di garantirne la sicurezza e sopravvivenza, le prerogative dello stato d’Israele, riducendone l’influenza sulla politica estera americana. In tal modo, spiega il nostro interlocutore, questa potrebbe essere resa più flessibile non solo nei confronti del regime degli ayatollah ma, soprattutto, di quella parte del mondo arabo attualmente attraversata da profondi mutamenti nei suoi assetti interni e geopolitici. Infine, va considerato il rifiuto categorico, fedele al principio del “nessun uomo a terra”, di interagire direttamente nella crisi siriana e in altre aree sconvolte dalla primavera araba, con il dispiegamento sul campo di forze americane. Ciò anche nel caso che tale scelta conduca, come di fatto sta avvenendo, all’affermazione dello schieramento islamista illudendosi di porvi rimedio in un secondo momento”. Persino il profilarsi di uno scontro senza precedenti tra sunniti e sciiti viene visto, in ambiti non minoritari della comunità d’intelligence, come un’occasione per favorire l’implosione del fronte jihadista attraverso una resa dei conti tra opposte fazioni terroristiche. Di tutto ciò dovrà tenere debito conto Bibi Netanyahu quando incontrerà Barack Obama a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che si aprirà a New York il 18 settembre. Per il premier israeliano si tratterà dell’ennesimo tentativo di far assumere al presidente americano impegni precisi e iderogabili sul dossier del nucleare iraniano.

Il SOLE 24 ORE - Maria Luisa Colledani : " Israele-Iran, il conflitto più temuto "

Nel sottotitolo del pezzo viene menzionata Tel Aviv come capitale di Israele, un errore grossolano e inaccettabile. E' Gerusalemme la capitale dello Stato ebraico.
Il pezzo mette in rilievo la possibilità di un primo strike israeliano al nucleare iraniano. E' vero, se ne discute su tutti i giornali. Dal momento che il programma nucleare iraniano procede nonostante sanzioni e richieste di fermarlo e viste le miancce di Ahmadinejad ad Israele, l'ipotesi di un attacco preventivo ai siti nucleari sembra sempre più plausibile.
A non essere comprensibile, invece, è l'impostazione del pezzo. Si legge solo del pericolo di un conflitto nucleare, del primo strike israeliano. Silenzio sul perché Israele stia vagliando questa ipotesi. Le minacce iraniane non hanno peso ?
Il forum di Erice non era sui disastri planetari ? Per quale motivo la strategia della guerra informatica ai siti nucleari viene vista in quest'ottica ? E' un 'disastro planetario' usare virus informatici per bloccare le centrifughe iraniane ?
Ecco il pezzo:

Come non bastassero spread alle stelle e milioni di ettari senza un goccio d'acqua, anche un rischio nucleare. Lo scienziato Antonino Zichichi, che da ieri presiede i Seminari internazionali di Erice (Trapani) sulle emergenze planetarie, si spinge a dichiarare che «c'è il rischio di una guerra nucleare in Medio Oriente».
Durante la 45esima sessione dell'incontro di Erice, organizzato dalla Fondazione Ettore Majorana e dedicato ieri alla riflessione sul bisogno di scienza nella cultura del terzo millennio, si sono trovati a un tavolo un centinaio di scienziati provenienti da ogni angolo del pianeta. In questo nostro tempo, il mondo pare camminare con la testa ingiù, incosciente dei drammi cui va incontro e incapace di porvi rimedio. Agli studiosi l'emergenza più preoccupante è parsa quella nucleare, legata a possibili scenari di un attacco di Israele contro l'Iran: «Chi decidesse di utilizzare, per primo, un ordigno nucleare avrebbe il mondo contro perché gli altri Paesi si schiererebbero con chi viene attaccato», ha detto Ramamurti Rajaraman, fisico dell'Università di Jawaharlal Nehru (New Delhi, India). E Zichichi ha sottolineato che «proprio l'avere il mondo contro è stato finora un forte deterrente: oggi, solo un dittatore potrebbe scegliere l'impiego degli armamenti nucleari per attaccare un Paese nemico».
Pertanto, più che di un attacco nucleare, gli scienziati ritengono «concreto» il rischio di un attacco cybernetico di Israele all'Iran. Israele, inferiore all'Iran per popolazione e territorio, è enormemente più forte dell'avversario sul piano della tecnologia e della competenza informatica, come ha fatto notare Hamadoun I. Touré, segretario generale dell'International Communication Union (Itu) di Ginevra: «Ci sono sistemi per capire quando si è sull'orlo di una guerra informatica. Alla vigilia del conflitto tra Russia e Georgia i sistemi di spionaggio internazionale hanno rilevato un enorme aumento di botnet (rete formata da computer collegati a Internet e infettati da malware, ndr.) nella regione e hanno avvertito i due Paesi: attenzione, perché siete a un passo dalla guerra come si capisce dall'aumento dell'attività cybernetica». Poi, però, a precisa domanda se ci sia un'escalation di botnet fra Israele e Iran, Touré si è ritratto: «Non voglio rispondere a questa domanda per non gettare benzina sul fuoco». Va ricordato comunque che Israele, proprio nei mesi scorsi, ha già sferrato attacchi all'Iran attraverso il cyberspazio, lanciando virus informatici nelle centrifughe iraniane (dove si prepara l'uranio arricchito che serve per gli ordigni nucleari), che esplodevano senza che i tecnici iraniani riuscissero a capirne la ragione.
Se la guerra in Medio Oriente, nucleare o cybernetica, è ritenuta probabile, il rischio terrorismo, in un groviglio inestricabile fra crisi finanziaria, scenari bellici e attacchi mortali, è per gli scienziati più concreto. Dice Friedrich Steinhäusler, docente di Fisica e biofisica all'Università di Salisburgo (Austria): «In Europa, ogni ogni giorno ci sono due attentati terroristici falliti». E il problema più concreto sono le bombe sporche: «Negli Usa vanno perdute ogni anno 30mila fonti radioattive - prosegue Steinhäusler - che possono essere utilizzate per le bombe sporche». Ma l'Occidente, nella morsa della crisi, non ha così tante sostanze per difendersi: il piano FP7 stanzia 50,5 miliardi di euro per sicurezza e terrorismo dal 2007 al 2013, ma solo 1,3 miliardi è destinato alla sicurezza. Quella che bisognerebbe raffinare dato che «dopo l'11 settembre 2001 è diminuita molto la preparazione per compiere attentati terroristici, ma è aumentata la creazione di network del terrore», come ha detto Annette Sobel, dell'Office of the secretary of defense - nuclear, chemical, biological matters degli Stati Uniti.
Fra le emergenze di cui si è dibattuto a Erice, anche quella legata al clima. Václav Klaus, presidente della Repubblica Ceca, ha criticato l'organizzazione dell'Ipcc (Intergovernmental panel on climate change, gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico): «Il vero problema non è il clima o il riscaldamento globale, ma la dottrina del riscaldamento globale e delle sue conseguenze: è priva di qualunque connessione con la temperatura globale. Fermo restando che non si possono mettere in atto tentativi irrazionali di mitigare l'effetto umano sulla temperatura globale, le perdite economiche connesse con il riscaldamento globale saranno prevedibilmente molto basse. Le perdite generate da una lotta senza quartiere al riscaldamento globale sarebbero molto, molto più grandi».

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