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Ugo Volli
Cartoline
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Il Sinai e la Hudna 21/08/2012
Il Sinai e la Hudna


Mohamed Morsi

Che succede nel Sinai? Dopo la strana vicenda dei terroristi palestinesi che hanno assalito un posto di confine egiziano ammazzando 16 soldati, provocando la crisi che ha permesso al presidente Morsi di eliminare la giunta militare che è l'unico antagonista della Fratellanza Musulmana oggi in Egitto, Morsi ha fatto entrare i carri armati e le rampe antimissile nel Sinai, col pretesto di combattere “gli estremisti”. Non si sa se questi combattimenti sono davvero avvenuto e se i morti comunicati alla stampa siano davvero stati uccisi dall'esercito egiziano - ci sono buoni motivi per dubitarne, come vi ho raccontato in un'altra cartolina. Ma certamente le tribù beduine non hanno truppe corazzate da contrastare con i carri armati e non possiedono aviazione. D'altra parte da quelle parti non girano i panzer dell'esercito tedesco, né l'aviazione bulgara - i soli due eserciti ad avere armi pesanti sono quello egiziano e quello israeliano. La proibizione di introdurre armi pesanti nel Sinai era stata inserita nel trattato di pace proprio per evitare scontri non voluti o aggressioni di sorpresa. Ora Morsi, che pubblicamente ha detto molte volte di voler annullare o rivedere il trattato con Israele, inizia a non applicarlo in una parte strettamente militare e perciò particolarmente delicata. 
Che farà Israele? E' difficile dirlo. Certamente in questo momento l'esercito egiziano, sempre male organizzato e reduce da un paio d'anni di confusione, non è una minaccia seria. Il problema è l'Iran. Ma, guarda caso, Morsi ha annunciato che andrà a Teheran il 30 agosto per la riunione del movimento dei paesi non allineati: è una decisione storica, perché i leader egiziani non visitavano la capitale iraniana dal 1971. E anche se i conflitti fra sciiti e sunniti, persiani e arabi restano profondissimi, su alcuni punti gli ayatollah e i clericofascisti della Fratellanza Musulmana sono certamente destinati a intendersi: il primato della religione, il rifiuto della democrazie e della modernità occidentale e soprattutto l'odio per Israele. La mossa di Morsi impone comunque un ripensamento della strategia israeliana, una nuova attenzione a un confine che era considerato sicuro se non per il terrorismo almeno per la grande strategia militare. E Israele è più accerchiato che mai. 
Per il Sinai, bisogna vedere che cosa farà non Israele, ma l'America, che certamente dovrebbe essere garante di un trattato firmato a Camp David, con la supervisione di Carter. Israele deve guardarsi le spalle, come ho detto. Ma soprattutto è costretto a capire concretamente come nel diritto islamico non valga il principio latino “pacta sunt servanda”, bisogna rispettare i trattati. Almeno non quando li sottoscrive un musulmano con un miscredente. Sull'esempio del comportamento sleale di Maometto, che si rimangiò una tregua con gli abitanti della Mecca, conclusa quando era debole, ben prima della sua scadenza, appena si fu rafforzato (http://islamicamentando.blogspot.com.es/2011/12/la-hudna-di-maometto.html ), i musulmani teorizzano che ogni accordo con gli infedeli sia solo una tregua (hudna) che si possa rompere quando conviene. (per un approfondimento sul tema, consiglio questo articolo: http://www.meforum.org/1925/tactical-hudna-and-islamist-intolerance ). Dunque, quando e quanto ci si può fidare? Non solo degli accordi passati con Egitto e Olp (largamente infranti anch'essi), ma soprattutto di quelli futuri? E' possibile fare la pace con Stati la cui cultura non riconosce il carattere definitivo di trattati che vanno contro i suoi piani politici? Fino a qualche mese fa, sembrava che l'Egitto fosse l'eccezione alla serie dei disastri seguiti ai ritiri israeliani (da Gaza, dal Libano del sud, dai territori dati da amministrare all'Autorità Palestinese). Oggi si vede che non era vero, che anche in questo caso un sacrificio territoriale non ha affatto assicurato la pace. Questo è il grande problema che incombe sulla politica estera israeliane e che paralizza ogni possibile speranza di pace.
Ugo Volli

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