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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Il Giornale Rassegna Stampa
19.08.2012 Deutsche Bank accusata di riciclaggio per l'Iran
cronaca di Gian Micalessin

Testata: Il Giornale
Data: 19 agosto 2012
Pagina: 14
Autore: Gian Micalessin
Titolo: «Riciclaggio di denaro per l’Iran: Deutsche Bank sotto inchiesta»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 19/08/2012, a pag. 14, l'articolo di Gian Micalessin dal titolo "Riciclaggio di denaro per l’Iran: Deutsche Bank sotto inchiesta ".


Gian Micalessin

La Germania, grande maestri­na d'Europa, ha dei gran brutti sche­letri nascosti in un armadio ameri­cano. A tirarli fuori ci stan pensan­do il Tesoro statunitense, la Fede­ral Reserve, il ministero della Giu­stizia e la procura di New York. Le quattro istituzioni Usa sono i man­danti, secondo il New York Times , dell'inchiesta sui flussi di denaro sporco transitati, attraverso le sedi americane della Deutsche Bank e di altre tre banche europee. Sfrut­tando una falla nel sistema di con­trolli individuata solo nel 2008, la Deutsche Bank e altri tre istituti eu­ropei avrebbero trasferito miliardi di dollari verso Iran, Siria, Sudan, Cuba e Corea del Nord, ovvero ver­so ­piazze proibite al circuito banca­rio americano. Un'operazione di ri­ciclaggio dietro a cui si celerebbero violazioni alle sanzioni decretate dall'Onu per impedire a Teheran l'acquisizione di tecnologie nuclea­ri e missilistiche. Il coinvolgimento è smentito so­lo parzialmente dalla precisazione della banca tedesca secondo cui i trasferimenti sono cessati dopo il 2007, anno in cui la banca ha deciso di «non intraprendere nuovi affari con le controparti in Paesi come l'Iran, la Siria, il Sudan e la Corea del Nord». Le indagini sulla Deut­sche Bank sono il seguito dell'in­chiesta sulla Standard Chartered, la banca inglese accusata dal procu­ratore di New York Ben Lawsky d'aver trasferito 200 miliardi di dol­lari su conti della Repubblica isla­mica e di aver aperto il sistema fi­nanziario americano a «terroristi, mercanti d'armi, signori della dro­ga e regimi corrotti». L'indagine rischia d'avere impli­cazioni assai spiacevoli per la Ger­mania. Grazie alla presenza in Iran di 74 grandi aziende tedesche e ad un giro d'esportazioni superiore nel 2010 ai 3,8 miliardi di euro, Berli­no è da sempre il principale part­ner commerciale della Repubblica Islamica. Dietro agli affari record si nascondono però zone d'ombra. Nel luglio 2010 le autorità statuni­tensi avevano già incastrato la Eih Bank, una banca d'affari d'Ambur­go accusata di aver garantito le tra­n­sazioni per oltre un miliardo di dol­lari effettuate da società ombra ira­niane coinvolte nell'acquisto di componenti missilistiche e nuclea­ri. Transazioni avvenute nell'asso­luta indifferenza della Bunde­sbank e della BaFin, l'autorità di controllo tedesca. Nello stesso peri­odo il Tesoro americano scopriva che 9 delle 21 aziende-ombra utiliz­zate dall'Iran per aggirare le sanzio­ni avevano sede in Germania. I peccatucci d'omesso controllo erano stati preceduti nel 2009 da un pesante scandalo etico-indu­striale. Subito dopo gli arresti e le torture di centinaia di oppositori del regime il colosso tedesco della Siemens era stato accusato d'aver fornito a Teheran i sistemi elettroni­ci usati per individuare telefonini e computer usati dai dissidenti. Nel­lo stesso anno le autorità doganali d'Amburgo avevano scoperto un carico di turbocompressori del va­lore di 16 milioni di euro destinati all'Iran: prodotti da una consocia­ta svedese della Siemens sarebbe­ro se­rviti allo sviluppo del program­ma missilistico di Teheran. E la ma­rina inglese aveva fermato al largo di Dubai una nave carica di compu­ter utilizzabili per governare il fun­zionamento dei siti nucleari irania­ni. I computer prodotti dalla Sie­mens erano stati prima spediti in Ci­na e da lì caricati sul porta contai­ner diretto verso la Repubblica Isla­mica. Dietro ai miliardi di dollari transitati sui conti della sede newyorkese della Deutsche Bank si nasconderebbero insomma i conti in nero delle fiorenti, ma non sempre limpide, esportazioni del­la grande Germania di Angela Me­rkel. E a spezzare ulteriormente l’iso­lamento dell’Iran arriva la notizia che il presidente egiziano Mohamed Morsi ha ina­spettatamente annun­ciato, intanto, la parte­cipazione al vertice dei Paesi non allineati in programma a Teheran dal 30 al 31 agosto. Il pre­sidente della Fratellanza Musulmana è il primo leader egiziano a visitare l'Iran dopo la rot­tura dei rapporti diplomatici segui­ta alla pace tra Egitto e Israele del 1979.

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