Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 18/08/2012, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Israele non si fida dell’America. Parlano Ben Yishai e Karmon", a pag. 3, l'editoriale dal titolo " 'Israele come un cancro' ".
Ecco i due articoli:
" 'Israele come un cancro' "
Mahmoud Ahmadinejad
Per chi non avesse ancora compreso la portata, apocalittica e imminente, del pericolo che Israele fronteggia oggi con l’Iran, ci ha pensato a ricordarlo il presidente Mahmoud Ahmadinejad. Ieri Ahmadinejad ha proclamato che nel futuro medio oriente non c’è spazio per lo stato ebraico. “Il tumore israeliano verrà eliminato presto”, ha detto Ahmadinejad. E ancora: “Il regime sionista è un cancro”. E’ surreale e vergognoso che un regime che chiama ogni giorno alla distruzione degli ebrei, che ne pianifica l’espulsione dalla loro terra e che nega l’Olocausto, venga ammansito dall’occidente, che addirittura acconsente che questo regime si doti di testate nucleari. Da Khamenei ad Ahmadinejad, non c’è leader iraniano che non abbia definito Israele, disumanizzandolo, “cadavere”, “batterio”, “ratto morto”, “albero marcio”. I mullah sono audaci nel loro disegno di spazzare via sei milioni di ebrei e vogliono ottenere le armi di distruzione di massa per adempiervi. Nel loro hitlerismo, gli ayatollah pensano di poter “liberare” l’umanità estirpando il complotto sionista dalla terra che per mandato coranico è destinata all’islam. Non è certo la prima volta che un movimento islamico chiama alla liquidazione dello stato ebraico. Ma per la prima volta, entro quest’autunno, potrebbe ottenere anche i mezzi per realizzarlo. Gli occhi di brace di Ahmadinejad ci ricordano quanto Israele, prossimo allo strike preventivo contro le centrali atomiche iraniane, si trovi di fronte alla sua ora più drammatica e fatale. Nel 1942 i gerarchi del Reich si riunirono in una villa a Wannsee per pianificare la “Soluzione finale della questione ebraica”. Di lì a breve resero l’Europa “Judenrein”, senza ebrei. Nel 2012 gli antisemiti armati di uranio arricchito pianificano un mondo “Judenstaatrein”, senza lo stato ebraico. L’Europa batterà un colpo? Lo scorso luglio turisti israeliani sono stati carbonizzati sul suolo europeo. Di nuovo.
Giulio Meotti - "Israele non si fida dell’America. Parlano Ben Yishai e Karmon"
Giulio Meotti
Ron Ben Yishai, Ely Karmon
Roma. Dall’Iran arriva una sorta di conferma del possibile intervento israeliano contro i siti nucleari, notizie martellanti in cui si parla di allerta, preparazione di rifugi, scorte di cibo e movimenti dell’esercito. Ieri il presidente, Mahmoud Ahmadinejad, ha ribadito che Israele va “rimosso” dalla faccia della terra. A Gerusalemme si vive il dramma della decisione più importante dal 1948: “bombing or bunkering”, bombardare i siti iraniani o prepararsi a un medio oriente nuclearizzato. Ne parliamo con Ron Ben-Yishai, il giornalista principale del maggiore quotidiano israeliano, Yedioth Ahronoth. Da quarant’anni decano dei corrispondenti militari, Ben-Yishai è stato immortalato nel film “Valzer con Bashir” ed è l’unico giornalista che abbia visitato il reattore nucleare vicino a Damasco dopo che era stato distrutto da Israele. “Gli iraniani hanno molto accelerato l’arricchimento dell’uranio negli ultimi cinque mesi”, dice al Foglio Ben-Yishai. “A dicembre avranno abbastanza materiale per produrre una bomba atomica come quella di Hiroshima. Non significa che saranno un paese nuclearizzato, ma un ‘threshold’, ovvero mancherà solo la decisione di costruire la bomba. E’ la ‘linea rossa’ di Israele, mentre l’America vuole aspettare l’ordine. Per questo ci sono due diversi orologi atomici, israeliano e americano”. Dice Ben-Yishai che la leadership israeliana non si fida delle promesse americane. “Israele non può essere certo che l’America attaccherà gli iraniani mantenendo la promessa. Clinton e Bush dissero lo stesso della Corea del nord. Se una mattina il premier Benjamin Netanyahu desse l’ordine di attacco, la sera ci saranno già gli aerei israeliani diretti sull’Iran. Il problema è che l’establishment della Difesa e dell’intelligence, come il Mossad, sono contrari a una simile operazione senza l’America. Israele allora chiede quattro cose a Obama: una dichiarazione esplicita secondo cui l’Iran non diventerà atomico, un ultimatum sui talks che finora hanno fallito, creare una minaccia militare nel Golfo e muovere la linea rossa verso il ‘threshold’ d’Israele”. Il professor Ely Karmon è uno stratega spesso consultato dai governi israeliani, titolare di cattedra nel famoso Centro Interdisciplinare di Herzliya. “La domanda è una sola: può Israele fidarsi degli Stati Uniti?”, dice Karmon al Foglio. “Se si guarda alla storia, no. Neppure Reagan, un presidente molto impegnato nella lotta al terrorismo e agli ‘stati canaglia’, ha attaccato gli iraniani quando questi hanno ucciso centinaia di soldati americani a Beirut. Clinton non ha risposto all’Iran quando hanno ucciso venti americani in Arabia Saudita. Neanche Bush, che pur ha imposto il nucleare iraniano nell’agenda internazionale, ha attaccato l’Iran mentre agenti iraniani uccidevano soldati americani in Iraq. L’America ha paura dell’Iran. Per questo non credo che Obama attaccherà l’Iran dopo le elezioni. Israele non si fida. Anche i vertici della Difesa degli Stati Uniti, da Panetta a Dempsey e Petraeus, hanno detto di aver paura di un conflitto con gli iraniani”. Karmon rigetta il pessimismo sullo strike israeliano. “Israele dovrà tenere conto delle considerazioni strategiche, come la caduta di Assad e la possibilità che uno strike blocchi ogni possibile regime change in Iran. Ma Israele attaccherà se arriva il ‘momento della verità’. Si tratta del punto in cui non sarà più possibile distruggere il programma nucleare iraniano. Soltanto venti persone in Israele sono a conoscenza della situazione. Gli iraniani hanno impiegato quindici anni per costruire le centrali di Bushehr e Natanz. Israele può distruggere i siti atomici e rimandare il programma indietro di anni. I risultati saranno importanti. Non resta molto tempo”.
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