Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/08/2012, a pag. 14, l'articolo di Viviana Mazza dal titolo " «La donna è complementare». E le tunisine vanno in piazza ", a pag. 47, il commento di Antonio Ferrari dal titolo " Non pari, solo «complementari». Le donne e l'Inverno tunisino ".
Ecco i due articoli:
Viviana Mazza - "«La donna è complementare». E le tunisine vanno in piazza"

Donne tunisine protestano
Il giorno che hanno scelto per manifestare è l'anniversario del Codice dello statuto personale, una serie di leggi ancora senza eguali nel mondo arabo che, dal 13 agosto 1956, ha garantito pari diritti in vari campi a donne e uomini in Tunisia. Quest'anno, però, non è per festeggiare che migliaia di tunisine sono scese in piazza, ma perché sono preoccupate.
Lunedì sera hanno protestato a Tunisi contro un articolo — appoggiato da Ennahda, il partito islamico moderato al potere da ottobre — che potrebbe essere inserito nella nuova Costituzione, se adottato dal Parlamento in sessione plenaria. La bozza è stata già approvata, il 1° agosto, dalla commissione Diritti e libertà dell'Assemblea costituente. L'articolo 28 reciterebbe: «Lo Stato assicura la protezione dei diritti della donna, delle sue conquiste, sulla base del principio della complementarità con l'uomo in seno alla famiglia». Le due espressioni che hanno provocato la rabbia dei manifestanti sono «complementarità» e «in seno alla famiglia». Sulla stampa e sui social network, donne e uomini hanno definito l'articolo un segno di «oscurantismo» perché non si parla di uguaglianza e perché la donna «non esiste» se non è sposata (mentre l'uomo non è complementare a nessuno). E questo mentre l'atleta Habiba Ghribi, prima donna del Paese a salire sul podio delle Olimpiadi, dedicava una medaglia d'argento alla «nuova Tunisia» — ma veniva contestata da estremisti islamici sui social media per la sua tenuta da corsa non abbastanza modesta.
La presidente della commissione che ha approvato la bozza dell'articolo, Farida Labidi del partito Ennahda, si è difesa assicurando che «i diritti delle donne non saranno toccati». Il partito è sotto pressione da lati opposti: da una parte, ci sono gli estremisti salafiti che vogliono l'introduzione della legge islamica, e dall'altra l'opposizione laica. Non ha aiutato la tempistica, e cioè sollevare il principio della «complementarità» alla vigilia dell'anniversario del Codice dello statuto personale, che tra le altre cose ha proibito la poligamia, richiesto il consenso di entrambi i coniugi al matrimonio, garantito il diritto al divorzio. Nonostante le insistenze di Ennahda che la parità tra i sessi verrà comunque menzionata nel preambolo della Costituzione, Ahlam Belhadj, dell'Associazione delle donne democratiche, sostiene che l'articolo 28 potrebbe essere «il primo passo di una netta marcia indietro» per le donne tunisine. La prima a lanciare l'allarme, l'1 agosto, è stata Selma Mabrouk, deputata del partito di centrosinistra Ettakol (che fa parte della coalizione di governo): anche lei membro della commissione Diritti e libertà, aveva però promosso un testo concorrente sulla parità tra uomo e donna.
Due manifestazioni, una autorizzata, l'altra no, lanciate da femministe, militanti dei diritti umani e politici si sono svolte a Tunisi il 13 agosto, rispettivamente davanti al palazzo del Congresso e su Habib Bourguiba, viale già teatro delle proteste che hanno portato l'anno scorso alla caduta del regime di Ben Ali. Ma da settimane il governo si vede contestato in proteste dove la rabbia è dovuta anche alle difficoltà economiche, come negli ultimi giorni a Sidi Bouzid, la culla della rivoluzione. L'adozione della nuova Costituzione, prevista a ottobre, è stata rimandata a febbraio, col rischio di aumentare l'incertezza politica.
Antonio Ferrari - " Non pari, solo «complementari». Le donne e l'Inverno tunisino "

Antonio Ferrari
Le dure manifestazioni di protesta in Tunisia, promosse da ragazzi e donne che si sentono vergognosamente traditi, sono come un ceffone alle certezze di tanti ottimisti, convinti che le rivolte arabe avrebbero portato finalmente democrazia e rispetto dei diritti umani nel mondo musulmano.
In realtà gli ottimisti, almeno all'inizio, avevano pienamente ragione perché i giovani ribelli erano davvero gli apostoli della vera libertà. Solo che, dalla penombra, sono affiorati subito i veri vincitori (o manipolatori) delle «rivoluzioni», cioè quei partiti islamici, con l'abito grigio della moderazione, che hanno incassato cinicamente il dividendo delle rivolte.
Adesso, nella pur strutturata Tunisia, con solide istituzioni create sul modello francese, ecco che i vincitori politici preparano una bozza di Costituzione nella quale non si parla di uguaglianza tra i sessi, ma si usa l'ambigua formula della «complementarietà». Pronti e reattivi, i ragazzi della primavera sono tornati in piazza proprio a Sidi Bouzid, dove le rivoluzioni hanno avuto il loro battesimo con il sacrificio del giovane Bouazizi che si immolò dandosi fuoco.
Ora gli islamici moderati del partito di governo cercheranno probabilmente di correre ai ripari, ma la lezione tunisina è seria e inquietante. Anche perché i rischi di una pericolosa involuzione si avvertono anche altrove, a cominciare dall'Egitto, nel quale è in corso la battaglia per il potere tra Fratelli musulmani e Forze armate. Tuttavia, ben oltre gli equilibri politici, è nella società che si avvertono i sintomi della strisciante restaurazione in chiave fondamentalista, che tanto piace ai custodi-bacchettoni dell'Islam.
Folate impetuose e preoccupanti che salgono anche dalla Libia, dalla martoriata Siria, dallo Yemen. Certo, se le forze più oscurantiste dovessero prevalere, la generazione che ci ha fatto sognare avrebbe tutto il diritto di gridare forte al tradimento.
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