Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/08/2012, a pag. 14, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo "Egitto, il leader dei militari che voleva i test di verginità".

Abdel Fattah el Sisi con Mohamed Morsi
GERUSALEMME — «Ma quelle donne non sono come le mie figlie, o come le vostre!...». Rotto alle peggiori esperienze d'un militare egiziano, lui che aveva governato i beduini del Sinai e s'era barcamenato sotto Mubarak, lui che l'anno scorso aveva fiutato la primavera araba e subito s'era schierato, dicono che una sola volta l'opaco generale Sisi abbia perso la sua capacità di navigatore senza derive: quando s'imbattè nelle donne velate di piazza Tahrir e le sentì denunciare i medici dell'esercito (quei signori avevano costretto le poverette a denudarsi e a sottoporsi al «test della verginità», per scoprire se davvero fossero state violentate da alcuni soldati...). Il generale Sisi ascoltò le furiose compagne di rivoluzione, diviso tra la fede nell'unico Dio e la fedeltà all'unica Arma. Cercò di calmarle. Ma quando capì che non poteva più nascondere l'innascondibile, e neanche scaricare i commilitoni, ai microfoni della Bbc sbottò: «Ebbene sì, abbiamo fatto quei test. Ma era per proteggere da false accuse sia le donne, sia i nostri soldati...». Aggiungendo, subdolo: «Perché quelle donne non sono come le mie figlie, o le vostre...».
Ufficiale e gentiluomo, virginea sortita a parte, il generale Abdul Fatah Said Hussein Khalil el-Sisi non è tipo da riflettori. «Un timido che ama il basso profilo», lo descrive il giornale Al-Ahram. Timorato sunnita, capo dell'intelligence, il 44esimo ministro egiziano della Difesa è anche il primo che non esca da un'accademia di feldmarescialli ed è forse il milite più ignoto — di sicuro il più giovane: 57 anni — della giunta che ha traghettato l'Egitto dal Faraone assoluto ai Fratelli musulmani.
Ieri, durante la solenne cerimonia del calcio nel sedere al giubilato Tantawi, mentre bersagliate d'onorificenze cadevano una dopo l'altra le stellette della vecchia guardia sopravvissuta a Mubarak, i flash erano tutti a rischiarare il misterioso Sisi e i generaloni scelti dai nuovi padroni, il suo coetaneo Sobhi che gli farà da capo staff e l'inossidabile Assar, al quale gli americani affidano ogni anno un miliardo e mezzo in aiuti militari.
Già, gli americani: appena l'islamico Morsi aveva silurato l'amerikano Tantawi, domenica, a Washington s'era sparso il panico, «ecco, ci siamo, la Fratellanza fa il golpe...». Ma quando s'è saputo che il successore era Sisi, la preoccupazione è calata. Perché al Pentagono lo conoscono meglio degli egiziani, il ministro: con gl'inglesi, l'hanno incontrato, nutrito, addestrato molte volte.
L'ambasciatrice Patterson gli ha subito telefonato, prima ancora di quelli di Hamas. I consiglieri strategici di Obama, Brennan e Dempsey, l'hanno omaggiato rapidissimi. Più diffidenti gl'israeliani, cui preme la pulizia del Sinai qaedizzato: il nuovo generale ha buoni rapporti coi due inviati di Netanyahu per l'Egitto, Gilad e Molcho, conosce bene il ministro Barak e collaborò anche al negoziato per liberare Gilad Shalit, il soldato ostaggio a Gaza, ma certo — dice una fonte diplomatica — «Tantawi offriva ben altre garanzie d'indipendenza dai Fratelli musulmani...». È sicuro, questo sì, che Sisi non avrà i poteri illimitati del predecessore. E che fare da contropotere politico, stare su quella sottile linea che può trasformare il Paese nella Turchia o farlo precipitare nel Pakistan, per l'esercito sarà più complicato. «Morsi ha fatto una scelta intelligente, accontentando sia la piazza che i militari — pensa Omar Ashur, mediorientalista dell'università di Exeter —: Sisi non solo ha guidato la fronda militare contro il potente Omar Suleiman, che voleva garantire il potere a Mubarak, ma ha anche le informazioni giuste sulle fazioni interne all'esercito, perché è stato capo dello spionaggio».
Basterà una barba finta a tenere sotto controllo le barbe islamiche? Un premio Nobel come El Baradei è convinto di no: «Morsi ormai ha poteri da imperatore», dice, e questo capo militare che s'è scelto è molto più vicino ai Fratelli musulmani di quanto voglia far credere. Qualche mese fa, in un talk-show sulla tv privata Al-Farain, il giornalista Tawfiq Okasha l'ha detto chiaro: il generale Sisi è un fondamentalista islamico. Hanno smentito: Okasha ha rincarato. Allora hanno aspettato il momento buono, un'altra sparata in diretta, e ora Okasha sarà processato. Per offesa alle istituzioni.
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