Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/08/2012, a pag. 44, l'articolo di Mara Gergolet dal titolo " Nel festival di Katharina Wagner liti e fantasmi del nazismo ".


Richard Wagner Katharina Wagner
BERLINO — Se Richard Wagner cercava pace e un riparo dalla follia, quando alla sua villa a Bayreuth diede il nome di Wahnfried («qui dove i miei tormenti trovano pace, qui fatemi chiamare questa casa Wahnfried», pace dalla follia, ndr), mai poteva immaginare che i suoi turbolenti eredi (e, certo, anche la storia) trasformassero quel «rifugio» in un posto così tormentato. Gli scandali, è vero, non sono mai mancati a Bayreuth. Però erano anni che sul festival d'opera più esclusivo del mondo (10 anni d'attesa per i biglietti, il governo tedesco anche quest'anno al gran completo) non calavano simili ombre brune che rievocano un certo passato nazista.
Tutto è iniziato già prima della prima. Il baritono russo Yevgeny Nikitin, interprete principe dell'«Olandese volante», viene mostrato dalla Zdf, in un video del 2008, con una svastica tatuata sul petto. Quegli uncini, si difende, non ci sono più, ora c'è tatuata una croce a otto punte. E comunque era uno sbaglio di gioventù, quando faceva il batterista nel «Nationalist Socialist Black Metal». E allora, ha provato a giustificarsi, avete mai visto il logo della band americana KISS? Non è bastato, non a Bayreuth. E Nikitin è stato sostituito dal sudcoreano Samuel Youn.
La polemica ancora non si placa, e già il Festival annuncia che a mettere in scena il Parsifal del 2016 sarà il tedesco-britannico Jonathan Meese, sacerdote del kitsch e del nazi-fetish. Uno che intende l'arte come provocazione. Barba freak, capelli da Gesù Cristo, felpa Adidas, Meese sul sito di MySpace si mostra con il braccio alzato davanti a una riproduzione di una statua di Arno Breker, l'amico di Hitler. Uno che dice, serio: «Bisogna combattere la democrazia con la dittatura dell'arte», e che appunto combatte le dittature (piccolo problema: per lui anche la democrazia lo è) con il linguaggio delle dittature (Stalin, Hitler, Pol Pot, non fa differenza). D'accordo, non un neonazi. Ma proprio a lui, si chiedono la Welt o la Zeit, bisogna affidare il Parsifal per «svecchiare» Bayreuth?
E siamo al terzo intoppo, il più delicato. Perché coinvolge la famiglia Wagner, da un secolo e mezzo custode del festival. Katharina Wagner, 34 anni, la bisnipote del compositore che ora lo dirige insieme alla sorellastra Eva Wagner-Pasquier, ha invitato la famiglia a fare piena luce sulle connivenze con il Terzo Reich. E ha deciso di rendere pubbliche tutte le lettere e documenti di famiglia in suo possesso, ad uso dei ricercatori. Non che gli storici del nazismo si aspettino grandi rivelazioni. Noto il fervore nazista dei Wagner, ricostruiti i 12 anni in cui Hitler era un loro ospite regolare a Bayreuth, analizzata l'idolatria del Führer per l'aurore della Cavalcata delle Valchirie (e tutto il male che al compositore ne derivò).
Meno in dettaglio, tuttavia, si conoscono i legami degli eredi del compositore (morto, va ricordato, nel 1883) con i gerarchi dei Reich. Anzi, come per altre grandi famiglie tedesche (i Quandt della Bmw, i Porsche della Volkswagen, i capitani di molte banche), la vergogna ha sepolto quegli anni e gli archivi familiari nel silenzio. Ma ecco che l'appello di Katharina ed Eva ad aprire gli scatoloni e le cassaforti cade nel vuoto. La cugina Amélie Hohmann risponde di no. È lei che custodisce la parte più delicata del carteggio. Quella tra la nonna Winifred, la nuora inglese del musicista alla guida del festival negli anni Trenta, e lo stesso Führer. Ossia, la donna che Hitler arrivò a chiamare «compagna della mia anima», e i cui bambini lo chiamavano «zio lupo». Fu «Onkel Wolf», il Führer, anche per Wolfgang Wagner, che poi diresse il festival tra il 1951 fino al 2008 (morì nel 2010).
La battaglia tra i due rami di famiglia non sarà breve. Al rifiuto di Amélie, Eva e Katharina minacciano di ricorrere in tribunale. E per mostrare le proprie buone intenzioni quest'anno hanno affiancato al festival una mostra itinerante sugli artisti ebrei espulsi dal festival ai tempi di Winifred. I quadri saranno appesi permanentemente nel foyer del teatro.
E quindi, più trasparenza? O invece, come chiede qualcuno, un po' di silenzio per favore? L'anno prossimo saranno 200 anni dalla nascita di Richard Wagner. E se fu fortemente antisemita, se ancora oggi è bandito in Israele, l'anarco-socialista che nel 1848 partecipò all'insurrezione di Dresda non aveva nulla a che spartire con l'ideologia di Hitler, sebbene poi il Führer si appropriò della sua musica. Soprattutto, come scrive il critico musicale del Guardian e del Times Literary Supplement, Guy Dummann, e ripetono tutti gli amanti di Wagner, «la sua arte era al servizio di una filosofia profondamente morale che cercava la redenzione attraverso l'amore umano». Per questo, Dummann lancia l'appello: salvate Wagner, toglietelo alla sua famiglia. Ma a giudicare dalla foga con cui le eredi si combattono, non succederà così presto.
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