Egitto : Elettrochoc
Analisi di Zvi Mazel
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Zvi Mazel
Il sanguinoso attentato che fatto almeno quindici morti fra i soldati egiziani al posto di frontiera di Keren Shalom, triplo punto di passaggio fra Egitto, Israele e Gaza, ha destato stupore e indignazione sulle rive del Nilo. Gli egiziani, non importa di quale tendenza, hanno faticato a capire come dei terroristi musulmani – appartenenti di sicuro alla sfera jihadista- abbiano potuto attaccare dei soldati ‘’ fratelli’’ e massacrarli freddamente per impadronirsi dei blindati di cui avevano bisogno per lanciare una operazione contro Israele. I lettori sanno che la Penisola del Sinai è diventata una zone fuorilegge e dove gli attacchi contro le forze dell’ordine sono ormai moneta corrente.
Le forze di sicurezza egiziane si erano rivelate incapaci di agire negli ultimi 18 mesi, quando le stesse organizzazioni jihadiste attaccavano stazioni di polizia e posti di blocco stradali, uccidendo decine di poliziotti egiziani. Solamente oggi si accenna apertamente alla complicità della Striscia di Gaza, dopo che solo pochi giorni fa i responsabili di Hamas, Khaled Mashaal e Ismail Hanye, erano stati ricevuti, per la prima volta nella storia e in pompa magna, al palazzo presidenziale del Cairo.
Hamas ha capito fino a che punto questa operazione fosse imbarazzante per il nuovo presidente Morsi, e ha diffuso un comunicato smentendo ogni sua responsabilità.
Da parte sua, Abu Marzouq, numero due di Hamas, respingendo virtuosamente ogni coinvolgimento, accusava Israele. In quanto ai Fratelli Musulmani, dai quali è uscito Morsi, affermano senza alcun senso del ridicolo che è stato il Mossad, e hanno mandato i loro militanti a manifestare davanti alla residenza dell’Ambasciatore d’Israele reclamandone l’esplulsione.
Il Presidente Morsi, che credeva di dedicarsi ai problemi interni, non aveva certo bisogno di questi ultimi sviluppi. Aveva promesso che nei primi 100 giorni ci sarebbe stato un cambiamento profondo, l’annuncio del ‘’rinnovamento’’. Purtroppo ne è ben lontano. Il governo formato da Hishman Kandil è stato accolto molto male, è la foglia di fico del partito ‘’Libertà e Giustizia’’ dei Fratelli Musulmani che ne ha festeggiato l’arrivo. E’ vero che ci sono voluti 35 giorni a Morsi per trovare un primo ministro in grado di formare un governo i cui legami con i Fratelli Musulmani non fossero troppo vistosi, sempre tenendo conto delle esigenze della giunta militare che detiene sempre dei poteri eccezionali, insieme alle pressioni degli americani che incitano ad una maggiore democrazia e al rispetto del trattato di pace con Israele.
Kandil, un cinquantenne illustre sconosciuto, di formazione ingegnere, responsabile dei problemi dell’irrigazione nel precedente governo, è privo di esperienza politica, economica e persino amministrativa. Secondo alcune fonti, è molto vicino ai Fratelli Musulmani, e ha spiegato in una intervista che porta la barba per motivi religiosi. I ministeri dell’informazione e dell’educazione, ritenuti risorse fondamentali dai Fratelli, sono stati attribuiti al loro partito. Difesa, politica estera e sicurezza interna rimangono nelle mani del Consiglio supremo delle Forze armate. Il Maresciallo Tantawi, capo del Consiglio supremo delle Forze armate, conserva il portafoglio della Difesa. Mohammed Kamel, che era ministro degli Affari Esteri nel governo precedente, rimane al suo posto. Il nuovo ministro degli interni era il numero 2 del ministero nel precedente governo, dopo aver diretto le forze di sicurezza interna.
Non resta gran che dell’uguaglianza fra le varie correnti politiche e il rispetto delle minoranze che Morsi aveva promesso durante la campagna elettorale. Ci sono solo due donne su 35 ministri, una delle quali in rappresentanza dei copti. I Salafiti, con il loro 25% di seggi in parlamento, avevano chiesto il Ministero degli Affari religiosi ; gli è stato proposto invece quello dell’Ecologia, per cui se ne sono andati sbattendo la porta.
In breve,al posto di personalità di primo piano e con esperienza, cioè gli oppositori della prima ora a Mubarak, non ci sono che uomini di secondo livello, magari di buona volontà, tranne l’eccezione del Ministro della Giustizia, Ahmad Maki, giurista conosciuto per la sua indipendenza, che non aveva in passato esitato ad affrontare il regime di Mubarak.
Per la quasi totalità della stampa, non è un governo che riflette gli ideali della rivoluzione e che la popolazione aspettava, ma un governo dietro al quale ci sono i Fratelli Musulmani, anche se per adesso devono dividere il potere con il Consiglio militare del passato regime.
Oggi è chiaro che l’uomo che nell’ombra tirerà le fila di tutto ciò che attiene alla finanza, l’economia e alla società non è altri che Khairat el Shater, l’uomo forte dei Fratelli, che è stato il loro primo candidato alla presidenza e che fu, non dimentichiamolo, squalificato per aver passato qualche anno in prigione per illeciti di tipo economico, da cui la sua ineleggibilità.
Kandil e il suo gruppo saranno in grado di far uscire l’Egitto dalla crisi economica e ristabilire l’ordine pubblico ? Nessuno ci crede, fin tanto che il presidente è coinvolto nell’imbroglio politico-giuridico che lo oppone alla giunta, che è, per il momento, la sola detentrice del potere legislativo.
I generali mantengono sempre una posizione di forza. Dettano le linee della politica estera e guidano l’esercito e i servizi di sicurezza, quelli che assicurano il dialogo con Israele.
Il quotidianon più diffuso, ‘’Al Masri Al Yom’’, ha pubblicato il 19 luglio delle indiscrezioni attribuite a una fonte dei Fratelli Musulmani, sulle conversazioni di Hillary Clinton con il presidente Morsi e il generale Tantawi, capo della giunta e ministro della difesa, durante la sua visita in Egitto. Secondo queste rivelazioni, Clinton avrebbe chiesto a Morsi di riconoscere la legittimità di Israele e di rispettare il trattato di pace. Morsi avrebbe rifiutato, perché riconoscere Israele era contrario all’ideologia del suo partito, e avrebbe dato risposte evasive in merito al trattato di pace. Clinton, allora, avrebbe ‘’insistito pesantemente’’ affinchè Morsi attribuisse i tre ministeri chiave di cui sopra al Consiglio militare, in modo che non siano i Fratelli a condurre il dialogo con Israele. Morsi avrebbe risposto che, su questo punto, erano in corso delle trattative con la giunta. Questa notizia sensazionale è scomparsa da internet dopo qualche ora, soprattutto perché metteva in evidenza le pressioni esercitate da Washington sul Cairo.
Può esserci anche la mano della giunta nella storia della lettera nella quale il presidente Morsi rispondeva agli auguri inviati dal presidente Peres in occasione del Ramadan. Non vi sono dubbi sul fatto che questa lettera è stata ufficialmente trasmessa dall’ambasciata egiziana in Israele, anche se è sicuro che non è stato Morsi a scriverla, quanto piuttosto il ministero degli affari esteri sotto il controllo del Consiglio militare. Questa breve risposta protocollare conteneva, infatti,delle espressioni quali ‘’ ripresa del processo di pace ‘’ e ‘’ sicurezza per il popolo israeliano ‘’, che sono in totale contraddizione con l’ideologia dei Fratelli Musulmani.
Rimane da saper in quale misura gli avvenimenti del Sinai influenzeranno i due paesi che sono direttamente minacciati dal terrorismo jihadista. Gli ottimisti sperano che la necessità di combattere il nemico comune rafforzi la cooperazione militare. Già oggi la stampa egiziana sottolinea che Israele aveva lanciato un avvertimento concernente un attacco imminente, e rileva quanto abbia risposto con forza e efficacia, eliminando tutti i terroristi infiltrati senza aver subito alcuna perdita. Una blogger, conosciuta per la poca simpatia verso Israele, è arrivata a scrivere che le prime informazioni su quel stava succedendo sono arrivate dalla televisione israeliana, mentre quella egiziana restava muta, e aggiungeva che ‘’ l’esercito di difesa di Israele ha ucciso i terroristi salvando la situazione’’.
Affermazioni alle quali la stampa egiziana non ci aveva mai abituato.
Al potere ci sono solo i Fratelli Musulmani ed è la loro ideologia che ha ispirato tutte le organizzazioni jihadiste, compreso il movimento dal quale sono usciti gli stessi fanatici islamisti che hanno ucciso senza battere ciglio i soldati egiziani obbedendo questa stessa ideologia. La propaganda ufficiale, come si è visto, funziona. Bisogna ‘’dimenticare’’ i veri colpevoli e attribuire tutto a Israele, e, perché no, esigere la rimilitarizzazione del Sinai, contraria agli accordi di pace. Mentre è evidente che per cambiare la situazione nel Sinai, occorre investire in riforme di grande respiro per migliorare le condizioni di vita dei beduini. L’Egitto, che attraversa una crisi economica senza precedenti, non ne ha i mezzi. Israele ha il dovere di stare sul chi vive. Fino a quando il Consiglio Supremo delle Forze Armate conserva i suoi poteri, si può sperare che possa recuperare il controllo della Penisola, ma nulla ci garantisce che la situazione tenga. Il governo egiziano, intanto, ha chiuso la frontiera con Gaza e ha bombardato i tunnel.
Il buon senso, per una volta, vince sull’ideologia. Per ora, ma fino a quando ?
Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta