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Il Foglio Rassegna Stampa
08.08.2012 Iran sempre più vicino ad ottenere la bomba atomica
se ne accorge pure Haaretz. Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 08 agosto 2012
Pagina: 3
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Così l’Iran ha usato i talks per lavorare alla bomba atomica»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 08/08/2012, a pag. 3, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Così l’Iran ha usato i talks per lavorare alla bomba atomica".


Giulio Meotti


Roma. “La finestra che si è aperta vent’anni fa è quasi chiusa”, ha scritto ieri sul Wall Street Journal l’ambasciatore israeliano a Washington, Michael Oren. La finestra a cui si riferisce Oren è quella utile a fermare il programma atomico iraniano.
E la maggiore accelerazione verso la costruzione dell’ordigno nucleare Teheran l’ha compiuta proprio nei mesi intercorsi dall’inizio dei talks con il 5+1 la scorsa primavera. Debka e Haaretz, fonti di informazione molto diverse fra di loro (la prima è la pubblicazione israeliana vicina all’intelligence e non sempre attendibile, il secondo è il giornale che più fa opposizione al possibile strike israeliano contro l’Iran), hanno scritto ieri che gli iraniani sarebbero passati all’arricchimento dell’uranio a livelli vicini a quelli militari, oltre il sessanta per cento secondo Debka. “Le sei potenze sono comprensibilmente riluttanti ad ammettere che nel tempo dei negoziati, l’Iran è stato in grado di raffinare uranio sopra al trenta per cento e anche di più, preparandosi all’arricchimento al sessantacinque per cento”, si legge nel rapporto di Debka. “Ora gli iraniani sono avviati al livello di 80-90 per cento”. E’ il livello di militarizzazione del ciclo atomico (per usare l’energia atomica a fini “civili” è sufficiente un arricchimento al tre per cento).
In previsione del possibile strike rivela Debka che gli iraniani hanno anche iniziato un programma intensivo di fortificazioni per proteggere ancora di più le strutture nucleari e renderle “immuni” a un attacco dal cielo (il sito di Fordo sorge già all’interno di una montagna a Qom). “L’Iran ha rotto nuovi record sulla velocità riguardante l’arricchimento dell’uranio e ha continuato la sua corsa per stabilire una distanza più piccola possibile tra sè e la bomba”, scrive anche il giornale israeliano Maariv. Il quotidiano – che sostiene di essersi basato su “informazioni di intelligence" - – ha detto che l’Iran ha potuto accelerare il ritmo di arricchimento perché ha ora “circa diecimila centrifughe”. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, nei giorni scorsi ha tenuto un gabinetto di guerra, da cui sono stati fatti uscire alla stampa leak importanti. “Se sarà formata una commissione d’inchiesta, ci andrò per dire, ‘sono io il responsabile’”, avrebbe detto Netanyahu a proposito di un eventuale attacco israeliano contro l’Iran. Netanyahu avrebbe dichiarato di preferire un attacco americano, “ma le possibilità che questo accada sono minime”. Il premier ha poi detto che “in ogni caso, anche se gli Stati Uniti attaccano, i missili saranno sparati su Israele”.
Netanyahu ha aggiunto che è Israele, non l’America, a subire direttamente la minaccia iraniana. “Se l’Iran ottiene la bomba sarà sulla nostra testa e di nessun altro”. Infine un paragone storico. Secondo Netanyahu anche nella preparazione del precedente strike israeliano al programma atomico di Saddam Hussein si diceva che Israele lo avrebbe soltanto ritardato ma non distrutto. “Si disse che gli iracheni avrebbero ricostruito il reattore in due anni ma non hanno ancora una bomba”, ha detto il primo ministro. Infine Yedioth Ahronoth, il maggiore giornale israeliano, ha raccolto le dichiarazioni di alti ufficiali israeliani critici della “linea rossa” della Casa Bianca sull’Iran, ovvero l’assemblaggio di un ordine atomico ma non la lavorazione delle sue componenti. “La posizione americana sta portando gli iraniani sul punto della capacità nucleare”, hanno detto capi militari a Yedioth. “Gli americani di fatto stanno consentendo agli iraniani di continuare ad arricchire uranio. Non lo permetteremo”. Washington sarebbe in grado di attaccare l’Iran non prima di diciotto mesi, ovvero quando il “punto critico” della bomba iraniana sarà già stato superato.

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