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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
07.08.2012 Gran Bretagna: la banca Standard Chartered accusata di riciclaggio per l'Iran
cronaca di Marco Valsania

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 07 agosto 2012
Pagina: 14
Autore: Marco Valsania
Titolo: «Affari in Iran per l'inglese StanChart»

Riportiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 07/08/2012, a pag. 14, l'articolo di Marco Valsania dal titolo "Affari in Iran per l'inglese StanChart ".

Il gigante bancario britannico Standard Chartered, o meglio una sua divisione statunitense, sarebbe diventata per anni una vera e propria "succursale" del Governo iraniano aiutandolo a riciclare e nascondere operazioni illegali per oltre 250 miliardi di dollari. L'accusa è stata fatta scattare dalle autorità di New York, il New York State Department of Financial Services, che ha minacciato di revocare la licenza negli Stati Uniti all'intero gruppo oltre che di infliggere una pesante multa. L'istituto avrebbe intascato commissioni per centinaia di milioni di dollari da circa 60mila transazioni.
L'inchiesta mette in luce il giro di vite scattato negli Stati Uniti sull'alta finanza facile, non solo sul fronte degli scandali per operazioni aggressive e speculative sui mercati. In questo caso al centro della retata c'è l'intreccio tra finanza e geopolitica, con al centro l'Iran sotto assedio delle sanzioni americane e internazionali. La banca avrebbe «operato come un'istituzione fuorilegge», lasciando «il sistema finanziario statunitense vulnerabile a terroristi, trafficanti d'armi, cartelli della droga e regimi corrotti, sottraendo alle autorità informazioni cruciali per seguire le tracce di ogni genere di attività criminale». E Standard Chartered potrebbe essere solo l'inizio. Non sono esclusi ulteriori assalti anti-riciclaggio contro altre banche: le autorità newyorchesi hanno indicato di avere sotto esame, accanto alla vicenda iraniana, simili operazioni condotte negli anni scorsi con altri Paesi messi al bando quali Libia, Myanmar e Sudan.
Il Dipartimento dei servizi finanziari dello stato di New York ha intimato a Standard Chartered - che va fiera di un modello globale che deriva gran parte dei suoi profitti da attività in Medio Oriente, Asia e Africa - una spiegazione delle «apparenti violazioni della legge» durante un'audizione da tenere entro fine mese. Le operazioni sarebbero oltretutto state tenute nascoste, stando alle autorità americane, grazie all'«apparente aiuto» concesso da un'altra grande firma globale, quella società di revisione e consulenza Deloitte & Touche. Neppure la Federal Reserve e altri supervisori federali statunitensi che avevano controllato l'istituto per irregolarità minori, tuttavia, si erano finora insospettiti.
La filiale di New York di Standard ha oltre 40 miliardi di dollari in asset ed è finora una tra dieci banche straniere con accesso diretto alle aste del Tesoro americano, distinzione che renderebbe senza precedenti la revoca della licenza bancaria. Nel descrivere in dettaglio le violazioni della legislazione anti-riciclaggio di cui Standard Chartered è accusata, il responsabile dell'authority Benjamin Lawsky ha indicato che le 60mila transazioni segrete, transitate dall'ufficio di Midtown a Manhattan della divisione, avrebbero avuto luogo durante quasi un decennio, tra il 2001 e il 2010. Lawsky ha rivelato un atteggiamento senza remore da parte di executive del gruppo: ha citato un alto dirigente capace di liquidare in una battuta le obiezioni di un collega nordamericano che gli faceva notare il rischio di «danni catasfrofici per la reputazione della banca». La sua replica: «Voi s... americani. Chi siete voi per dire a noi, al resto del mondo, che non dobbiamo trattare con gli iraniani».
La banca avrebbe spostato capitali per conto di grandi clienti iraniani colpiti da sanzioni statunitensi quali la Banca centrale di Teheran e due istituti controllati dallo stato quali Bank Sederat e Bank Melli. Le operazioni, gestite da New York, sarebbero spesso passate dalla Gran Bretagna e da Paesi mediorientali, senza originare o terminare in Iran. Il Tesoro americano ha reso più severe le norme anti-riciclaggio a partire dal 2008, ma la banca stando alle accuse avrebbe trovato comunque il modo di aggirarle, modificando ad arte o riportando come senza nome una serie di transazioni iraniane.

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