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Ugo Volli
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Come non perdere l'occasione di perdere un'altra occasione - anche ad Auschwitz 06/08/2012

Come non perdere l'occasione di perdere un'altra occasione - anche ad Auschwitz


Il Gran Muftì di Gerusalemme con Adolf Hitler


Ziad al-Bandak ad Auschwitz

Cari amici,

probabilmente non lo sapete, ma Ziad al-Bandak,  consigliere del presidente palestinese Mahmoud Abbas per gli affari cristiani, ha reso qualche giorno fa visita ad Auschwitz. Non per sua iniziativa, a quel che si legge, ma per invito dell'associazione cristiana per il dialogo interreligioso di cui era ospite in Polonia. Comunque l'ha fatta. E' entrato ad Auschwitz, ha visto le tracce della Shoà.  Normale buon senso, si potrebbe dire: andare a conoscere - non diciamo a rendere omaggio - la memoria del luogo dove è stato commesso il più grande crimine dell'umanità, fa parte dei doveri di un personaggio pubblico. L'hanno fatto i calciatori dei recenti campionati europei, perché non un politico palestinese? Di più: ad Auschwitz i palestinesi non c'erano; nelle SS sì, grazie al muftì di Gerusalemme Amin Al Husseini, zio e mentore di Arafat; ma con Auschwitz direttamente c'entrano poco. Dunque riconoscerne l'orrore non implica alcuna autocritica dolorosa, significa semplicemente prendere atto del genocidio. Molti nemici di Israele dell'estrema sinistra, che detestano gli ebrei vivi, amano ricordare gli ebrei morti e magari far presente il fatto che i portoni del Lager furono aperti dall'Armata Rossa.  Ancora: in una situazione come quella del conflitto fra Israele e palestinesi in cui molto dipende dalla fiducia reciproca,  una visita ad Auschwitz può essere anche buona politica.  Willy Brandt inginocchiato a chiedere scusa per il genocidio tedesco segnò una svolta nei rapporti non solo fra Germania e Israele, ma fra il suo paese e il mondo. Israele potrebbe fidarsi di più anche dei palestinesi se sapesse che capiscono la nostra esperienza della Shoà. Certo, andare a rendere omaggio alle vittima del ristorante Sbarro, della Caffetteria dell'Università di Gerusalemme, del Dolphinarium di Tel Aviv, di Itamar - insomma le vittime dei “martiri” arabi - sarebbe molto più significativo, ma Auschwitz può essere un inizio.

Bravo Ziad al-Bandak, dunque? Ma neanche per sogno. La Union of Palestinian Communities And Associations In Europe ha scritto che “non c'è giustificazione morale” per questa visita, anzi che “sta fuori dal consenso nazionale e della correttezza politica”, sicché da oggi Bandak è “persona non grata” in Europa (http://www.timesofisrael.com/pa-officials-visit-to-auschwitz-sparks-flurry-of-condemnations/). Se lo dicono loro...  Il portavoce di Hamas, naturalmente, non è rimasto indietro: "Questa visita è inutile per la causa palestinese e avvantaggia solo l'occupazione israeliana, propagando la menzogna dell'Olocausto". E ancora: "La falsa narrazione israeliana è stata confutata al di là di ogni dubbio. Hanno esagerato ciò che era accaduto, al fine di raccogliere solidarietà internazionale. Negli ultimi anni ciò è servito a danneggiare il popolo palestinese" (http://www.reuters.com/article/2012/08/01/us-israel-palestinians-holocaust-idUSBRE8701V020120801). E l'autorità palestinese, di cui lo sventurato Bandak è funzionario, ha mantenuto un gelido silenzio. Chissà dov'è finito il “consigliere”...

Il tocco finale viene dal giornale “Falesteen”: "Chi di noi crede che Hitler abbia bruciato sei milioni di ebrei?" domanda l'editorialista Issam Shawar. "Né noi né gli ebrei ci crediamo. Il mondo vive in uno stato di inganno e l'ipocrisia chiamato 'Olocausto'." 

Eh già: non ci crede Ahmadinejad, non ci crede Faurisson e David Irving, non ci crede il vescovo Williamson, perché dovrebbero crederci i palestinesi? L'Autorità Palestinese, come dicevo, si è guardata bene dallo smentire questa incredulità. Forse perché il suo presidente Mahmoud Abbas, è autore (nel 1982, non da bambino) di una tesi di dottorato alla prestigiosa Università Lumumba di Mosca, non in posti squalificati come Harvard o Cambridge, intitolata  "La connessione tra nazismo e sionismo, 1933-1945"? In essa il futuro presidente dell'Anp afferma: "Sembra che il movimento sionista sia interessato ad aumentare le stime dei morti a causa dell'Olocausto per averne un maggiore tornaconto. Questo li ha portati ad enfatizzare questa stima [sei milioni] per conquistare la solidarietà dell'opinione pubblica internazionale. Molti studiosi hanno analizzato tale stima ed hanno raggiunto conclusioni sorprendenti, fissando il numero di vittime a poche centinaia di migliaia." (http://www.tomgrossmedia.com/mideastdispatches/archives/000032.html).  Pensiate che sia d'accordo con la visita di Bandak? Ma figuriamoci. Nessuna generosità, nessuna comprensione del nemico. La solita piccineria razzista e antisemita di tutta la tradizione palestinese. Solo un incidente. O, se volete, un'altra prova che, come diceva Golda Meir, i palestinesi non perdono mai un'occasione di perdere un'occasione. E fanno bene. Tanto queste storie non le racconta nessuno. Le vittime sono loro.

Ugo Volli


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