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La Stampa Rassegna Stampa
30.07.2012 Romney: Gerusalemme capitale d'Israele
Mitt Romney a Gerusalemme, ancora da candidato alla Casa Bianca

Testata: La Stampa
Data: 30 luglio 2012
Pagina: 19
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Romney: Gerusalemme capitale d'Israele»

Mentre molti giornali fanno a gara nel sottolinerae le presunte gaffes di Mitt Romney, adesso, in occasione del suo arrivo a Gerusalemme, pubblicano poche righe, di fronte alle dichiarazioni che, comunque le si vogliano interpretare, sono, tutte, decisamente importanti.
Una cronaca, accurata e competente, è invece quella di Maurizio Molinari sulla STAMPA di oggi, 30/07/2012, a pag.16, con il titolo " Romney: Gerusalemme capitale d'Israele ", che riprendiamo:

Mitt Romney con Netanyahu e Shimon Peres

Maurizio Molinari

Parlando con alle spalle la Torre di David, il candidato repubblicano Mitt Romney pronuncia a Gerusalemme il discorso più importante del suo viaggio all’estero, rimproverando a Barack Obama «critiche pubbliche e diplomatiche» nei confronti di Israele che «hanno rafforzato i suoi nemici». Gesti e parole di Romney tendono a raggiungere due settori dell’elettorato americano su cui punta nella corsa alla Casa Bianca: gli ebrei che, seppur minoranza, possono essere decisivi in Stati in bilico come Ohio e Florida, e gli evangelici, che non hanno votato per lui nelle primarie repubblicane ma sono accomunati da un forte sostegno, di matrice religiosa, per lo Stato ebraico.

La scelta di parlare da Mishkenot Shaananim, il quartiere ebraico a ridosso della linea dove nel 1967 correva il confine fra Israele e Giordania, punta a sottolineare il sostegno per «Gerusalemme capitale di Israele», come sottolinea nel discorso. «Il Muro del Pianto fa parte della capitale di Israele», aggiunge alla Cnn, avvalorando l’unificazione della città a cui l’autorità palestinese si oppone. E ancora: «Se sarò presidente deciderò assieme ai governanti di Israele quando spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme».

Tali e tanti riferimenti a Gerusalemme vogliono sottolineare il contrasto con le posizioni espresse da Obama del maggio del 2011 sulla necessità di comporre la crisi israelo-palestinese tornando ai confini precedenti al giugno 1967, quando la città era divisa.

Romney assicura di «non voler criticare il presidente in carica», trovandosi all’estero, ma l’affondo contro Obama arriva quando gli rimprovera «critiche pubbliche» all’alleato e «prese di distanza diplomatiche». Il riferimento è alle critiche della Casa Bianca agli insediamenti ebraici in Cisgiordania e spiega l’applauso della platea di sostenitori, fra i quali vi sono numerosi finanziatori incluso Sheldon Adelson, il re dei casinò di Las Vegas, che ha già versato oltre 100 milioni di dollari ai repubblicani. Romney riconosce ad Obama il merito di aver rafforzato la «cooperazione militare e di intelligence» con lo Stato ebraico, ma sull’Iran fa un passo in più, spiegando che «se Israele dovesse decidere un attacco militare esprimerei rispetto per il suo diritto di difendersi». «A volte si ritiene che chi vuole fermare la corsa dell’Iran al nucleare vuole la guerra - aggiunge Romney -, ma è vero l’esatto opposto».

L’altro implicito rimprovero alla Casa Bianca è di non contrastare l’Iran «quando afferma che “l’Olocausto non è esistito o Israele deve essere cancellato dalla mappa” perché gli ayatollah di Teheran stanno mettendo alla prova le nostre difese morali». Ciò che più conta per Romney sono «i valori che accomunano le nostre nazioni facendone una Forza del Bene», ovvero «democrazia, Stato di diritto, libertà d’impresa e di espressione». Sono concetti che Romney ribadisce negli incontri con i leader israeliani, come con la visita al Muro del Pianto.

Nel tentativo di rispondere all’offensiva verso l’elettorato ebraico, che nel 2008 votò al 78 per cento per i democratici, la Casa Bianca risponde su più fronti. Obama a Washington firma la legge che rafforza la cooperazione strategica con Israele mentre proprio a Gerusalemme il suo consigliere per la sicurezza Tom Donilon presenta al premier Netanyahu i piani d’attacco del Pentagono contro l’Iran «se la diplomazia fallirà»: si tratta di bombardamenti con i più potenti ordigni antibunker esistenti per colpire gli impianti nucleari sotterranei. È il quotidiano Haaretz a svelare quanto ha fatto Donilon, spingendo i portavoce di Netanyahu a smentire «l’incontro mai avvenuto». La Casa Bianca invece tace, consapevole che le indiscrezioni giovano a rafforzare l’immagine di Obama garante della sicurezza d’Israele.


lettere@lastampa.it

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