Il commento di Riccardo Pacifici
Tishà beav
Riccardo Pacifici, presidente della Comunità Ebraica di Roma
Oggi il mondo ebraico commemora la distruzione del Tempio di Gerusalemme con un giorno di digiuno e preghiera . Un evento avvenuto esattamente 1944 anni fa. E' un giorno di lutto così intenso che come spesso accade dentro le nostre Comunità ed in Israele è sentito e ricordato anche da ebrei NON osservanti.
Le radio cosi come le televisioni trasmettono programmi mesti e musiche tristi. Gli esercizi pubblici, spiagge comprese , sono chiusi. Un po' come avviene nel giorno sacro del Kippur. A testimonianza di una elaborazione del lutto per quel tragico evento, che non si è mai spento in due millenni.
Si narra che Napoleone, camminando per le vie di Parigi e sentendo le lamentazioni che provenivano dalla Sinagoghe della capitale francese, chiese ai suoi consiglieri cosa fosse successo di così tragico. Quando gli raccontarono che gli ebrei stavano digiunando e piangendo per la distruzione del Tempio di Gerusalemme, dichiarò pubblicamente la sua stima e apprezzamento per un popolo che dimostrava fedeltà alla sue tradizioni e alla Terra d'Israele. Vicenda questo che lo condizionò nei suoi progetti imperialistici nel rispetto del popolo ebraico.
Come poter quindi immaginare un distacco per lutti avvenuti a soli 100, 70, 50, 40 anni di distanza. Noi ebrei sappiamo dover convivere con coloro che ci odiano. Ancora peggio con coloro che ci vogliono sterminare. Così recitiamo al sera del Seder di Pesach (cena Pasquale), "Vei Sheamda……", "in ogni generazione vi è chi vuole sterminarci……….". Noi ebrei abbiamo il dovere di ricordare l'Amalek che in ogni generazione si ripresenta in forme in diverse. Per questo non deve sorprendere che si voglia tenacemente ricordare in questi giorni la strage degli 11 atleti di Monaco del 1972. Questa non vuole essere una forma per "rovinare la festa dello sport" che Londra quest'anno accoglie nella sua splendida città, bensì la sua esaltazione. Ricordare l'Olimpiade di Monaco "profanata" significa proprio gridare al mondo intero che noi ebrei a quello spirito Olimpico di amore fra i Popoli vogliamo continuare a crederci. Possiamo farlo solo ricordando il sacrificio di 11 atleti israeliani morti non solo per l'odio del mondo arabo, ma per errori incredibili commessi da una nazione, la Germania, che nel 72 aveva alle spalle solo 27 anni dalla fine della Shoàh e che non avrebbe dovuto lasciare oggi sola Israele in questa battaglia di Memoria, aderendo e facendosi interprete della richiesta di un semplice minuto di silenzio durante la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici.
Oggi da italiano invece mi sento orgoglioso del mio Paese, che invece è stato l'unico ad aver trovato sponda da parte del Comitato Olimpico Italiano, nella qualità del suo presidente Petrucci che invece quel minuto lo ha proposto e fatto grazie alla tenacia del presidente della Federazione del Maccabi Italia. Sono orgoglioso di sapere che un nostro atleta, Bronzo a Monaco 72, Pietro Mennea, ha scritto al presidente del Cio per ricordare gli atleti israeliani per poi indignarsi di fronte alla pavida risposta che non si poteva fare per paura della boicottaggio delle delegazione arabe.
Orgoglioso ancora di più del fatto che il mio Paese, l'Italia, abbia accolto la proposta di 151 parlamentari (con primo firmatario la nostra coraggiosa Fiamma Nirenstein), di fare un minuto di silenzio alla Camera dei deputati con un memorabile intervento del suo presidente, Gianfranco Fini.
Mentre lo sport umilia se stesso con un clamoroso rifiuto del presidente del Cio a ricordo della strage, è lo sport stesso che dimostra che possono aprirsi speranze. La notizia che abbiamo appreso dalle agenzie di stampa, dove il delegato libico a Londra ha testualmente dichiarato che loro non sono gli eredi di Gheddafi e quindi se si fosse fosse fatto un minuto di silenzio loro avrebbero aderito nel rispetto degli atleti israeliani, apre il cuore alla speranza . Una goccia nel mare, non vi è dubbio, ma è pur sempre una goccia che rende meno amare queste olimpiadi, che comunque vadano, rimarranno come le Olimpiadi della Vergogna.