Sulla STAMPA di oggi, 29/07/2012 - se non andiamo errati è l'unico quotidiano ad averne scritto - con il titolo " Il muro dei libanesi, non ci alleniamo con Israele", Stefano Semeraro (al quale perdoniamo persino il 'Tel Aviv' nell'articolo), racconta il comportamento della squadra libanese.
Noi di IC non siamo 'anime belle' - questo è risaputo - ma la domanda che ci poniamo crediamo potrebbero porsela anche i più antipatizzanti alla Barenboim/Ovadia, i cultori del 'dialogo comunque': se il Libano contravviene allo spirito dei Giochi, non dovrebbe essere espulso, e pure con ignominia ?
Non avverrà, ne siamo più che sicuri, visto che anche la sola notizia ha interessato un solo giornalista, Stefano Semeraro, appunto, al quale facciamo i nostri complimenti più sentiti.
Segnaliamo, visto che anche questa notizia non è apparsa sui media, il comportamento della Libia, la cui delegazione ha dichiarato di non avere alcuna difficoltà di gareggiare con la squadra israeliana. Dalla Libia una buona notizia, speriamo che anche i rapporti politici seguano la stessa linea.
Ne riferisce Riccardo Pacifici, autore del commento settimanale di IC7, che gli abbonati riceveranno in anteprima oggi, mentre nell'edizione quotidiana di IC apparirà domani.
Se qualcuno fra i nostri lettori vuole scrivegli per fargli i complimenti, sono ampiamente meritati. lettere@lastampa.it
Ecco l'articolo:
I giochi sono appena iniziati, chi ha guardato la cerimonia d'inaugurazione ha ancora nelle orecchie i bei discorsi del presidente del Cio Jacques Rogge e del padrone di casa Sebastian Coe sullo spirito olimpico, ma fra gli atleti in gara a Londra si sono alzati già i primi muri. Per l'esattezza nel judo, dove gli atleti libanesi si sono rifiutati di allenarsi con i colleghi israeliani con cui avrebbero dovuto dividere la palestra a Redbridge. " Avevamo iniziato a scaldarci - ha raccontato Nitzan Ferraro, il portavoce del comitato olimpico israeliano - loro sono arrivati, ci hanno visti e la cosa non gli è piaciuta, e così si sono rivolti agli organizzatori".
Risultato: un paravento- ufficiosamente una barriera per evitare che gli israeliani spiassero gli allenamenti dei libanesi - è stato piazzato per dividere le due squadre. Alla faccia dello spirito olimpico e dell'avvertimento che proprio Rogge aveva rivolto alla vigilia dei Giochi : " Abbiamo spiegato a tutti che boicottare gli atleti israeliani, rifiutandosi di gareggiare con loro, è proibito. Chi lo farà senza essere infortunato o malato, verrà punito". Per ora di boicottaggio vero e proprio non si parla, ma se le premesse sono queste temerlo è lecito.
Una libanese e una israeliana, Caren Chammas e Alice Schlesinger, in teoria potrebbero incontrarsi nella finale della categoria fino a 63 chili, anche se le probabilità non sono elevatissime, anzi. Ma è il principio che conta, la volontà di creare frontiere anche in una occasione - le Olimpiadi - in cui le divisioni politiche e religiose dovrebbero essere accantonate.
A quarant'anni dalla strage di Monaco '72, invece, la piaga duole ancora. Libano e Israele, è vero,in teoria sono ancora in guerra (dal 1948), ma è dal 2006, quando Israele attaccò gli Hezbollah che dal territorio libanese sparavano razzi oltre confine, che fra Tel Aviv e Beirut non c'erano stati scontri aperti.
Gli animi evidentemente non sono però pacificati. Un precedente nel judo c'è stato: nel 2004 ad Atene il campione del mondo iraniano Arash Miresmail si era ritirato prima di combattere contro il judoka israeliano Rhud Vaks, anche se alla fine il suo comportamento era stato assolto dal Cio.
Prima dell'inizio dei Giochi la delegazione iraniana, fra l'altro, aveva dichiarato che nessuno degli atleti a Londra si sarebbe rifiutato di affrontare gli isareliani, ma da Teheran era arrivata puntuale una frenata. Da parte israeliana, invece, sull'incidente si è preferito non agitare la polemica, che qualche imbarazzo al comitato organizzatore di Londra lo ha creato. " A noi non importa il comportamento dei libanesi - ha dichiarato Ferraro - noi non vogliamo mischiare politica e sport".
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