Sulla STAMPA di oggi, 27/07/2012, a pag.16, con il titolo "Erdogan: Assad presto via, siamo pronti a intervenire", Giordano Stabile analizza il rapporto Siria/Turchia alla luce degli ultimi avvenimenti.
Ecco l'articolo:
aereo turco ribelli siriani
La madre di tutte le battaglie. Un titolo che non portò bene a Saddam Hussein ma che ieri è stato rispolverato a Damasco dal quotidiano governativo Al Watan (La Nazione) per preparare il popolo siriano alla resa dei conti ad Aleppo. Le forze speciali stanno già circondando la seconda città del Paese, pronte a cacciare «i dodicimila terroristi stranieri» che costituiscono il grosso degli insorti. L’ultimo sforzo per stroncare l’insurrezione, dopodiché i siriani «potranno tornare a vivere tranquilli».
I ribelli controllano numerosi quartieri e gran parte delle campagne attorno alla città, confermano movimenti di truppe corazzate da Hama, a Sud, Idlib, Ovest, e dal confine turco, a Nord. I comandanti delle varie brigate rivoluzionarie affluite nei giorni scorsi hanno disposto cecchini agli incroci principali, lanciano appelli per i rifornimenti di medicinali e munizioni, che scarseggiano, anche perché la manovra a ventaglio dei lealisti sta tagliando le linee di collegamento verso la Turchia. Ankara, poi, ha preso in mano i valichi di Azzaz e Bab al Hawa, non fidandosi dei guerriglieri, in una zona dove è forte la minoranza curda e l’arrivo libero di armi non è gradito.
Il premier turco Recep Erdogan, che ha scommesso forte sulla caduta di Assad per allargare la sua area di influenza, ha ribadito ieri che «il presidente siriano e il suo entourage» potrebbero lasciare il Paese quanto prima, «magari rifugiandosi in Turchia». Una battuta sull’alto numero di profughi in arrivo e sulla confusione alla frontiera, che potrebbe spingere l’esercito di Ankara a colpire «i terroristi del Pkk» curdo «in territorio siriano». L’avvicinarsi della fine di Assad è stata rilanciata dal segretario della Lega araba, Nabil al Araby, in un’intervista al quotidiano libanese Al Hayat: «In questo momento - ha confermato da Doha, in Qatar, dove dopo la riunione della Lega si è tenuto un vertice dell’opposizione siriana - si parla soltanto di trasferimento di poteri».
Sul dopo-Assad sembra concentrarsi la stessa opposizione. Con la stella nascente, il generale ribelle Manaf Tlass, indicato come futuro capo di una sorta di Supremo consiglio militare, sul modello dell’Egitto, che dovrebbe consentire una transizione ordinata. Il Consiglio nazionale siriano (Cns) è però diviso sulla questione e una parte appoggia il «civile» Riyad Seif. E gli attivisti sul campo, come Talal al Mayhani da Aleppo, avvertono che la «madre di tutte le battaglie» potrebbe finire come a Damasco, con gli insorti soverchiati dalla potenza di fuoco del regime, che usa l’aviazione per bombardare e ieri ha martellato il quartiere meridionale di Salah al Din (dal nome del «feroce Saladino», grande condottiero curdo). Timore condiviso dal Dipartimento di Stato Usa, che ha detto di «temere un massacro».
Nella capitale gli scontri si sono spostati verso i distretti periferici, come Qadam, e reparti di fanteria stanno rastrellando le campagne. Ma è stato usata anche l’artiglieria, con lanciarazzi posizionati sul Jabal Mezzeh, la collina a Occidente della città. Per l’Osservatorio siriano dei diritti umani sono 114 le persone uccise ieri: 29 ad Aleppo, 25 nella regione meridionale di Daraa, 16 nella regione di Idlib, 12 in quella di Damasco, nove in quella di Homs, quattro a Hama e una a Qunaytra, al confine con Israele. Il bilancio di una guerra generalizzata è ancora in bilico.
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