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La Stampa Rassegna Stampa
26.07.2012 Arabi israeliani arruolati in Tzahal
L'opinione di A.B.Yehoshua

Testata: La Stampa
Data: 26 luglio 2012
Pagina: 33
Autore: A.B.Yehoshua
Titolo: «Arabi e arruolati conviene anche a Israele»

Sulla STAMPA di oggi, 26/07/2012, a pag.33, con il titolo "Arabi e arruolati conviene anche a Israele", A.B.Yehoshua analizza gli scenari che possono verificarsi in Israele dopo l'apertura ai cittadini arabi del servizio militare. Interessanti e anche condivisibili i 5 punti di A.B.Y., ne aggiungiamo un sesto: " siamo sicuri che, in una situazione che non è per niente da escludere, dei soldati arabi armati non eseguiranno ordini ricevuti -diciamo così- da altri ?
Quando Saddam Hussein colpiva Tel Aviv con i missili, i palestinesi ballavano festanti per le strade, al grido 'Saddam, Saddam, colpisci Israele', non è mica passato molto tempo, siamo sicuri che siano cambiati ?
Pessima la scelta dell'immagine per illustrare la pagina, anche un bambino capirebbe che si tratta di un photoshop, un bambino ma non un giornalista della STAMPA.
Ecco l'articolo:

La battaglia per l’imposizione della leva obbligatoria o del servizio civile ai giovani delle comunità religiose radicali, risvegliatasi in seguito alle proteste dei cosiddetti «indignati» della scorsa estate e che ora scuote e confonde il sistema politico, ha sollevato di recente la questione dell’arruolamento o del servizio civile anche per gli arabi israeliani, fino a oggi esenti da tale obbligo, ed è interessante notare che è proprio il partito laico ultranazionalista di Avigdor Lieberman a esigere una tale misura.

Gli arabi israeliani hanno ottenuto la piena cittadinanza subito dopo la fondazione di Israele nel 1948 e nel primo parlamento democraticamente eletto vi erano già rappresentanti delle loro comunità. Ma ovviamente la transizione da una formale equiparazione civile a una economica e occupazionale avviene in maniera molto lenta e la strada per raggiungere quest’ultima è ancora lunga e piena di ostacoli.

A suo tempo l’obbligo del servizio militare non fu imposto agli arabi israeliani essenzialmente per due motivi: 1) per evitare che si trovassero ad affrontare in battaglia i loro fratelli palestinesi d’oltre confine o i loro correligionari arabi; 2) il governo di Israele non aveva piena fiducia nella loro fedeltà allo Stato, di fatto imposta. Temeva quindi che, dando loro delle armi, avrebbero potuto rivolgerle, in tempi di crisi, contro lo Stato che li aveva arruolati.

Durante i 65 anni trascorsi da allora questo esonero è ancora valido, soprattutto a causa del primo motivo. Lo Stato israeliano bada che i suoi cittadini arabi non arrivino a nessun tipo di confronto con i loro fratelli palestinesi, sia con quelli che vivono in Cisgiordania sotto occupazione militare, sia con quelli di Gaza, in aperto scontro con Israele. Ma per quanto riguarda il secondo motivo, ovvero la questione della fedeltà allo Stato, penso che i tanti anni passati dalla fondazione di Israele abbiano dimostrato in maniera evidente che gli arabi israeliani sono leali al Paese a maggioranza ebraica in cui vivono anche se, ovviamente, hanno forti critiche nei suoi confronti. Anche la loro integrazione nell’apparato sanitario, legale e amministrativo è in via di miglioramento - per quanto non avvenga a ritmo desiderabile - ed è simbolicamente positivo che il tribunale che ha condannato l’ex presidente israeliano Moshe Katzav a sette anni di carcere fosse presieduto da un giudice arabo israeliano.

Ritengo quindi che sia il caso di riesaminare il vecchio esonero e di prendere in considerazione l’arruolamento degli arabi israeliani per particolari mansioni nell’esercito ma soprattutto nel servizio civile. Le ragioni sono molteplici: 1) L’obbligo del servizio militare o civile è in cima alla scala dei valori dello Stato di Israele e l’averlo prestato potrebbe aiutare i giovani arabi ad accelerare il loro processo di uguaglianza economica e occupazionale.

2) I giovani arabi arruolatisi nell’esercito o nel servizio civile riceverebbero i numerosi vantaggi e privilegi riservati ai soldati congedati - nell’acquisto di una casa, nell’istruzione universitaria e anche nel mercato del lavoro. In questo modo la posizione della minoranza arabo-israeliana risulterebbe rafforzata e così la sua capacità di opporsi a nuove manifestazioni di discriminazione o razzismo.

3) Durante la seconda guerra del Libano i villaggi arabi in Galilea furono bombardati da una pioggia di missili lanciati da Hezbollah. Non vi è quindi motivo che gli arabi non prendano parte alla difesa militare dei luoghi in cui vivono. Come non vi è alcun motivo che siano dispensati dal controllo del confine meridionale di Israele, nel deserto, così da evitare l’infiltrazione di clandestini africani che, accettando lavori di manovalanza a basso salario, colpiscono soprattutto la situazione occupazionale della minoranza araba.

4) Le comunità arabe, sia nei villaggi sia nelle città miste come Haifa, Akko, Jaffa e Nazareth, hanno un estremo bisogno del servizio civile dei giovani arabi che potrebbero essere assai utili in istituzioni scolastiche e sanitarie, nel corpo dei vigili del fuoco e della polizia, e migliorare così in maniera effettiva la qualità della vita delle loro comunità, ancora arretrate rispetto a quelle ebraiche e affette da povertà e incuria.

5) Il reclutamento dei giovani arabi nell’esercito o per servizi di utilità sociale potrebbe aiutare il governo israeliano a imporre un obbligo analogo ai giovani ultraortodossi renitenti alla leva.

In generale occorre sapere che molti giovani arabi, come molti loro coetanei ebrei religiosi, sarebbero interessati a prestare servizio militare o civile per migliorare la loro posizione sociale e vedersi aprire nuove strade professionali. Ma se il governo israeliano, per stretti calcoli politici, si mostra esitante e teme di imporre questo obbligo, non potranno di certo farlo al posto suo.

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