Sul FOGLIO di oggi, 26/07/2012, a pag.4, con il titolo " Romney in trasferta ", Mattia Ferraresi commenta il tour di Mitt Romney, da Israele all'Europa.
Ecco l'articolo:
Mitt Romney con Bibi Netanyahu
Roma. Gli strateghi che lavorano alla rielezione di Barack Obama dicono che il viaggio intercontinentale di Mitt Romney che inizia oggi è soltanto una questione di “photo opportunity e fundraising”, e non ha nulla a che vedere con i sonanti messaggi di politica estera che il mondo si aspetta da un candidato. Non dovrebbe sfuggire ai consiglieri di un presidente che ha costruito la sua immagine globale anche attorno a un roboante e tuttavia fumoso tour europeo, che in tempo di elezioni photo opportunity e fundraising sono aspetti sostanziali, non passatempi negoziabili. Lo schema della competizione è chiaro: Obama cerca di rappresentare Romney come un generico falco che basa i suoi rapporti con il mondo esterno su vecchi tic di scuderia repubblicana (“la Russia è il nemico numero uno dell’America” è una delle iperboli che gli vengono rimproverate più spesso) oppure ripropone politiche abbracciate anche dal presidente democratico in una versione leggermente più aggressiva. Il viaggio fra Londra, Gerusalemme, Ramallah e Varsavia potrebbe essere l’occasione, per il candidato repubblicano, di guadagnare tridimensionalità e uscire dall’immagine stilizzata del banchiere repubblicano che ripete slogan sentiti altrove ogni volta che esce dalla “comfort zone” delle sue competenze. Il segmento londinese della missione è quello più agevole, anche se le cene di fundraising con i banchieri della City coinvolti nello scandalo del Libor non fanno un buon servizio d’immagine. Ieri Romney è arrivato in Inghilterra assieme alla moglie Ann e oggi incontra i pezzi grossi della politica inglese: il premier, David Cameron, il suo vice, Nick Clegg, il leader dei laburisti, Ed Miliband, il ministro degli Esteri, William Hague e anche l’ex premier Tony Blair. Venerdì farà la sua comparsata all’inaugurazione dei Giochi olimpici, occasione perfetta per incontrare gente che conta e rimembrare, già che c’è, qualla volta in cui ha salvato le Olimpiadi invernali di Salt Lake City. Ma il difficile viene domenica, quando arriverà in Israele, ovvero nel punto di contatto fra diversi scenari che il candidato deve maneggiare con cura. Innanzitutto c’è la questione dell’elettorato ebraico, naturalmente tendente a sinistra ma ferito dal rapporto freddo instaurato dall’Amministrazione Obama con Israele. Fra i facoltosi ebrei che dopo la grande disillusione obamiana premono per una virata a destra c’è Sheldon Adelson, il magnate del gioco d’azzardo che nel mezzo delle primarie aveva sostenuto a suon di milioni Newt Gingrich e poi ha ripiegato su Romney. Adelson ha promesso di mettere sul piatto 100 milioni di dollari per strappare voti a Obama, il presidente accusato di non avere sostenuto a sufficienza Israele o di averlo “spinto sotto l’autobus”, come ama dire Romney. La Republican Jewish Coalition, sponsorizzata da Adelson, sta preparando una campagna pubblicitaria imponente per gli elettori di Florida, Ohio e Pennsylvania, tutta incentrata sulle manchevolezze di Obama nei confronti di Israele e degli ebrei americani. A Gerusalemme Romney incontrerà il premier, Bibi Netanyahu, che si è smarcato dalla polemica elettorale dicendo che in qualità di primo ministro accoglie con piacere qualsiasi candidato vada in visita. Ma che i rapporti fra Netanyahu e Obama non siano idilliaci è noto, così com’è facile evincere che la linea aggressiva di politica estera che Romney ha esposto martedì alla convention nazionale dei veterani s’accorda bene con quella del Likud, specie sull’Iran, madre di ogni minaccia strategica ed esistenziale. L’incertezza sul dossier siriano Romney ha chiarito che il programma nucleare degli ayatollah deve finire, e ha spiegato che “userà ogni mezzo” per impedire la costruzione della Bomba. Il tentativo del candidato che ha rilanciato l’idea del “nuovo secolo americano” è quello di distanziarsi dalla prudenza strategica incarnata dall’Amministrazione Obama ed esplicitata nell’ultimo viaggio del segretario di stato, Hillary Clinton, in medio oriente. E in mezzo c’è un problema chiamato Siria: a differenza di colleghi repubblicani come il senatore John McCain (che chiede di armare i ribelli), Romney non ha preso sulla Siria una posizione tanto decisa quanto quella sull’Iran, e nei discorsi pubblici si limita a invocare “pressioni” sugli organi internazionali per trovare una soluzione sulla quale però rimane vago. Sul dossier russo, per nulla slegato da quello della Siria e dell’Iran, il candidato spara invece tutte le cartucce che ha. Il “reset” promosso da Obama, dice, è risultato un enorme vantaggio strategico per Mosca e non esita a parlare di Vladimir Putin come di un presidente eletto dopo elezioni “corrotte”. Anche per dare un segnale in questo senso, dopo aver incontrato Netanyahu e il primo ministro palestinese, Salam Fayyad, Romney sarà in Polonia a mostrare solidarietà per l’alleato scaricato da Obama.
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