Riduci       Ingrandisci
Clicca qui per stampare

 
Ugo Volli
Cartoline
<< torna all'indice della rubrica
I dhimmi veneziani e il bravo facchino 24/07/2012
I dhimmi veneziani e il bravo facchino
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,


in mezzo a tutte le burrasche che attraversa il nostro mondo, a guerre, terrorismi, minacce atomiche e simili, mi sento oggi di parlarvi di un episodio piccolo piccolo che è accaduto a Venezia, è stato riportato da un paio di giornali locali e dall'Ansa, ma non è stato ripreso da nessun quotidiano nazionale, tranna da Libero stamattina: mi è stato segnalato da alcuni lettori, che ringrazio. La storia è questa: all'Hotel Danieli, che è forse il più prestigioso di Venezia, 18 stelle lusso almeno, c'era una volta un facchino di origini egiziane, a quanto pare un bravo facchino, apprezzato dalla direzione. Costui era contento del suo lavoro, dobbiamo immaginare: in un ambiente così  non è raro, per aver portato una valigia, ricevere una mancia che vale ben più dello stipendio di un mese di un operaio o di un contadino nella sua patria.
Ma il nostro buon facchino, ne ignoriamo il nome e quindi lo onoriamo dandogli il nome del profeta Mohammed, aveva un cruccio. Negli alberghi di lusso il servizio ai piani è governato da figure chiamate "governanti", che di solito sono donne. Dunque Mohammed prendeva ordini da una donna.

Signori miei, è un'onta, un disonore. Di più, un affronto intollerabile. Un bravo facchino, bello forte, di più arabo, anzi egiziano, prendere ordini da una donna... Ma si può? No, non si può, ne va dell'onore. E allora il dignitoso Mohammed si licenzia. Via! Nel grande mondo, dove gli uomini sono uomini e le donne sono sottomesse e se alzano lo sguardo si sistemano con uno schiaffone! Come dice il proverbio, se non proprio il Profeta, quando torni a casa, picchia tua moglie: magari tu non sai il perché, ma lei sì. Ma il nostro buon Mohammed non aveva fatto conto fina in fondo dei suoi problemi. Egli infattri non vive nella casa della sottomissione Dar Al Islam, ma nel Dar Al Harb, la casa della guerra (http://it.wikipedia.org/wiki/D%C4%81r_al-%E1%B8%A5arb), confusa e ingiusta, dove dappertutto le donne stanno sfrontate a fare quel che vogliono. Anche se un paio d'anni fa un'"artista" per di più "palestinese", decise che bisognava far "ritornare" Venezia all'Islam e cercò di disseminare la città di targhe in arabo, finché fu fermata (http://we-make-money-not-art.com/archives/2010/04/emily-jacir-at.php), vincendo anche un premio internazionale per questo. Ma Venezia sempre miscredente resta. Ed è anche una casa della guerra in crisi economica, dove saper portare valigie non assicura necessariamente il lavoro. Infatti lui non ne trova e lo immaginiamo piangere amaramente al ponte dei sospiri o vicino al Fondaco dei tedeschi, rimpiangendo la patria perduta e piazza Tahir dove fra una rivoluzione e l'altra le donne sole si violentano, naturalmente a fini pedagogici, per insegnare loro la retta via e la giusta modestia.

Insomma, Mohammed, per fiero che sia, deve misurare quanto sa di sale lo pane altrui, china la testa, torna al Danieli e graziosamente comunica all'albergo da favola  che sì, è disposto a perdonarli e a tornare a lavorare per loro, a patto naturalmente che gli tirino via dalle scatole la governante: i principi sono principi. E, meraviglia di un miracolo, la direzione, illuminata e multiculturale, acconsente! Mohammed sarà affiancato da un uomo, facchino o cameriere che sia, ma rigorosamente maschio, che gli trasmetterà le disposizioni a nome dell'albergo, che per impersonale che sia è di genere maschile, non una femmina e squalificata pensioncina o locanda (http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2012/23-luglio-2012/niente-ordini-una-donna-facchino-musulmano-si-licenzia-2011131341738.shtml).

All's well that ends well, tutto è bene quel che finisce bene, come scrisse Shakespeare ,che di mori veneziani se ne intendeva più che di happy end. Ma è davvero finito tutto bene? Perché vedete, l'onore proibisce a un bravo musulmano arabo egiziano di prendere ordini da una donna, sia pure governante. Ma lo stesso onore, anzi di più, la religione islamica gli impedisce di prendere ordini da un miscredente. Che religione ha quell'uomo che gli trasmette le disposizioni ora? Sarà mica cristiano, o, il cielo non voglia, ebreo? Non dovrebbe accertarsene Mohammed e licenziarsi di nuovo, fino a che tutta la sua catena di comando non sia islamizzata. E, non per farmi i fatti suoi, ma come facchino, non sarà per caso obbligato a portare casse al bar o al ristorante, casse di vino e di liquori, o magari a recapitare un drink nelle suites degli ospiti dell'albergo? Non dovrebbe licenziarsi per reclamare un albergo libero da bevande proibite?

Non lo farà, Mohammed sa che le donne sono il sesso debole, ma la presa del demonio, sotto forma di alcol o di altre religioni, è forte su Venezia e sull'Europa. Ma a forza di insistere, di fare figli timoratri dell'Islam con una moglie immigrata o convertita ma comunque debitamente sottomessa e picchiata, prima o poi ce la farà. Niente più cristiani o ebrei che comandano, tutti sottomessi all'Islam, cioè alla sottomissione. Tutti in una società gerarchica, in cui un bravo facchino maschio e musulmano conta di più di un  premio nobel donna o miscredente. Gliel'ha promesso il suo imam anche alla tv (http://www.loccidentale.it/node/88011). Bravo Mohammed, avanguardia della vera civiltà. E brava direzione dell'albergo, che ha mostrato come debbono comportarsi dei dhimmi (infedeli sottomessi): sempre umili e disposti a fare compromessi di fronte al giusto orgoglio dei bravi musulmani, pur di non avere guai e rispettare la loro "sensibilità"



Ugo Volli


Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui