Lezioni dal Ramadan Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
come sapete, è appena iniziato il Ramadan, il "mese sacro" che fa parte degli obblighi fondamentali, dei cosiddetti "pilastri" dell'Islam. E' un obbligo molto difficile, che merita rispetto per chi lo rispetta: si tratta di non mangiare, bere, fumare, fare sesso ecc. dall'alba al tramonto per un mese intero, concentrando diciamo tutti i piaceri della vita nella notte. Dato che il calendario islamico è puramente lunare, il Ramadan che vi è collocato in date fisse cambia collocazione ogni anno rispetto al calendario solare e alle stagioni. Quando cade d'estate come quest'anno, quando le ore di luce sono assai di più di quelle del buio e soprattutto nel gran caldo dei paesi arabi è una legge religiosa assai difficile da rispettare e però largamente obbedita dai musulmani.
Fin qui, lo ripeto, solo rispetto. Anche se molti nel mondo occidentale non lo capiscono, la capacità di accettare obblighi difficili per riaffermare simbolicamente la propria identità è un elemento di forza per la persona come per il gruppo. Il problema viene quando l'obbedienza non è liberamente scelta, ma imposta col timore di conseguenze peggiori. E' quanto accade per esempio in un paese che è stato decisamente laico fino alla rivolta di due anni fa e oggi è in mano agli islamisti: adesso vi sono bande che girano per la città a imporre la chiusura diurna di bar e ristoranti (http://www.imolaoggi.it/?p=22400), le stesse bande peraltro che battono le spiagge alla ricerca di peccaminosi bikini. E a questi cultori della vita religiosa per obbligo non importa affatto che l'abbronzatura sia presa o una bevanda sia bevuta di giorno da musulmani o miscredenti, tunisini o stranieri. Dato che la loro legge è la sola giusta per tutti, o ci si adegua o si subisce la violenza.
Intemperanze giovanili di una rivolta neonata? Non proprio. Lo stesso tipo di obbligo di rispettare costumi altrui è imposto agli ospiti stranieri della base turca di Incirlik, con una certa buona educazione, bisogna ammettere, ma sono militari americani e la diplomazia è necessaria, (http://www.thankyouoriana.it/?p=733). L'imposizione è chiarissima e senza compromessi in Arabia Saudita: gli stranieri devono digiunare anche loro e rispettare le regole del Ramadan (http://news-ro.com/ramadan-in-saudi-arabia-foreigners-need-fast/), almeno in pubblico e sotto pena dell'espulsione e della rottura dei contratti di lavoro (http://gulfnews.com/news/gulf/saudi-arabia/foreigners-breaking-ramadan-rules-in-saudi-to-be-expelled-1.1051760). Certo, è buona educazione in casa d'altri non offendere le loro abitudini e i loro gusti, ma qui è in gioco qualcosa di più, una volontà di imporre la propria legge a tutti, che si esercita anche in campi assai diversi dal ramadan, per esempio con le conversioni forzate a Gaza, dove capita sempre più spesso che si rapiscano cristiani, soprattutto giovani donne, e le si obblighi alla conversione, che com'è noto non dovrebbe essere ottenuta con la violenza nemmeno secondo il Corano, ma una volta che c'è stata, comunque ottenuta, è irrevocabile. Intendiamoci, cose del genere le hanno fatte abbondantemente anche i cristiani ai danni degli ebrei, basta pensare al caso Mortara in cui alla vigilia dell'Unità d'Italia un bambino ebreo di pochi anni fu rapito dalla casa dei suoi genitori di Bologna e mai più restituito col pretesto che una domestica l'aveva battezzato clandestinamente all'insaputa dei genitori (http://www.cristianesimo.it/mortara.htm). Di casi del genere ne avvennero centinaia nella storia e anche dopo la Shoà furono parecchi gli orfani ebrei non restituiti all'ambiente d'origine e battezzati dai preti che li avevano nascosti.
Ma comunque vi è una differenza di tempi e di violenza in queste storie. Soprattutto vi è il fatto che, di buon grado o meno, l'assolutismo cristiano che portava al rapimento dei bambini e al rogo degli eretici è stato, diciamo, addomesticato da tre secoli di pensiero e pratica liberale, grazie anche a una distinzione fra potere civile e religioso che c'è sempre stata nella sua tradizione ("date a Cesare..."), ereditato a sua volta da una distinzione fra sfere che nel mondo ebraico risale almeno all'istituzione della monarchia. L'Islam non conosce questa distinzione, il politico vi è sempre solo giustificato religiosamente e la religione controlla interamente la sfera pubblica. Dunque convertire gli infedeli, gli piaccia o no, è politicamente una buona cosa, e altrettanto obbligarli a rispettare almeno un po' il ramadan.
Voi mi direte che non ha importanza, che certo le spiagge tunisine o del Mar Rosso erano comode ed economiche, ma basta non andarci se si vuole bere una bibita durante il Ramadan o fare il bagno senza lo scafandro, essendo donne. Vero. Ma il punto è che arrivano loro da noi. E quando a Bruxelles o a Malmoe saranno maggioranza - non ci manca molto - che penseranno dei panini e dei caffè durante il Ramadan o degli abiti scostumati delle ragazze? E che cosa della nostra libertà?