Sul CORRIERE della SERA di oggi, 23/07/2012, a pag. 27. con il titolo "Assad bombarda la sua città, strategia per tenere Damasco", Guido Olimpio analizza la situazione che si è venuta a creare a Damasco sotto i bombardamenti.
Ecco l'articolo:

Assad colpisce con i razzi la sua stessa capitale, Damasco, per respingere le sortite del nemico arrivato all'uscio del suo palazzo. Gli insorti si ritirano da alcuni quartieri e rispuntano in altri mentre i loro compagni vanno all'offensiva ad Aleppo, città simbolo. Confusione anche ai confini, con i valichi che passano di mano dalla mattina alla sera. Il quadro militare in Siria è molto fluido, tra annunci di vittorie e sconfitte.
Le ultime valutazioni dell'intelligence sostengono che, nonostante i colpi subiti, il leader è ancora ben saldo. E punta ad arroccare le sue forze in alcune città. Ormai è evidente che non ha la possibilità di disperderle. Sopratutto quelle scelte. A Damasco è probabile che la missione sia stata affidata agli elementi della Quarta brigata, guidata dal fratello Maher. Meglio organizzata e più determinata delle unità tradizionali.
Alcuni osservatori avanzano l'ipotesi che il dittatore, nel caso che venga messo alle strette, possa puntare alla creazione nel nord ovest di un mini-Stato alawita, la setta minoritaria alla quale appartiene insieme a quelli che contano. Altri ritengono che sia uno scenario irrealizzabile. Cosa possono fare il raìs e i fedelissimi in un'area priva di infrastrutture? Chi mai riconoscerebbe questa entità? Ecco allora che deve tenere la capitale, anche a costo di spianare interi quartieri. Una scelta distruttrice adottata da altri raìs arrivati al capolinea. Dinamiche sulle quali c'è l'ombra delle armi chimiche. Il regime ne ha in quantità. Usa e Israele temono che finiscano in mani sbagliate o che siano usate nella repressione. Ormai non passa giorno senza che si evochi un intervento per distruggerle. Fino a poche ora fa sembrava solo un'ipotesi mentre adesso - indiscrezioni non casuali - danno il senso dell'urgenza. Gerusalemme ha detto: «Noi siamo pronti ad agire». Washington è più cauta, però manda segnali sulla necessità di trovare una risposta parlando di «consultazioni attive» con gli alleati.
Come spesso accade in Medio Oriente una crisi può debordare con scenari difficilmente prevedibili.
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